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LA SCUOLA è ricominciata in quasi tutte le regioni, molti lavoratori sono tornati nei loro luoghi di lavoro abituali, le città si stanno pian piano ripopolando e anche le università stanno riaprendo le porte alle matricole e agli studenti. La pandemia da Covid19 è ancora in corso e i contagi sono sempre un’incognita, ma bisogna ricominciare le normali attività e tutti si stanno dando da fare affinché si possa farlo in tutta sicurezza. In questi mesi, mentre si discuteva di ripartenze per ogni settore dell’economia, non si è sentito molto parlare di università e di ritorno nelle aule accademiche, il Ministro dell’Università e della ricerca ha tenuto un profilo basso e poche volte si è esposto per parlare o dare indicazioni pubblicamente.
Le università, quindi, sono state costrette a fronteggiare la crisi della pandemia da sole e fin da subito si sono attivate per riorganizzarsi in una nuova veste, portando online tutto quello che fino al giorno prima si faceva in aula. Facendo un sondaggio tra gli studenti universitari c’è da dire che gli atenei italiani se la sono cavata piuttosto bene, rispondendo con efficienza alla situazione di emergenza in cui si sono trovati ad operare, lasciando gli studenti abbastanza soddisfatti. Tutte le università si sono, infatti, attivate nelle prime settimane dell’emergenza portando online sulle piattaforme di videoconferenza le lezioni, i seminari, i ricevimenti con i professori e tutte le attività quotidiane di un’università. La capacità di adattarsi degli studenti deve però essere premiata, seppur con difficoltà iniziali, tutti si sono adattati a questo nuovo modo di vivere l’università. Il giudizio degli studenti sui professori non è altrettanto positivo però, infatti l’età media alta degli accademici italiani ha influito sulla capacità di familiarizzare con la tecnologia.
Tuttavia la maggior parte dei professori, dopo un’iniziale difficoltà, si è adattata molto bene ai nuovi mezzi di insegnamento e il percorso didattico è continuato normalmente fino alla regolare fine delle lezioni. Meno bene è andata invece a chi deve frequentare tirocini e laboratori o a chi sta scrivendo una tesi sperimentale, tutte attività che richiedono la necessaria presenza fisica in luoghi specifici per poter essere svolte al meglio. Ovviamente si è cercato di ovviare con le piattaforme digitali per quanto possibile, ma il livello di coinvolgimento non è lo stesso. Per il nuovo anno accademico alle porte, dopo l’esperienza online degli scorsi mesi, la richiesta di molti studenti di riprendere in presenza le attività e la necessità di garantire la sicurezza di tutti coloro che frequentano gli atenei, le università hanno dovuto programmare un nuovo modo di fare didattica, rivedere ancora una volta i piani e cercare di accontentare tutti.
La maggior parte degli atenei adotterà una modello a didattica mista online e in presenza, gli studenti potranno seguire in aula solo in determinati giorni, fino ad esaurimento posti, alcune lezioni, mentre il resto della settimana le lezioni si terranno online secondo le modalità già testate negli scorsi mesi. Alcuni atenei hanno optato per la didattica interamente online, mentre altri hanno deciso di preferire la didattica in presenza soprattutto per agevolare le matricole che non solo entreranno nel mondo dell’università, ma lo faranno in un periodo storico alquanto particolare. La didattica online per gli atenei italiani non è stata quindi una disfatta, anzi, la maggior parte degli studenti pensa che sia una strada percorribile e non del tutto negativa, soprattutto se si pensa agli studenti fuori sede che sono sicuramente avvantaggiati dal poter “frequentare” l’università anche a distanza. La giusta collaborazione tra docenti e studenti è la chiave di volta per far funzionare la didattica online, una maggiore disponibilità e interazione sono chieste a gran voce e, se il futuro dovesse essere ancora online, è necessario l’impegno di tutti.
Al netto delle difficoltà di connessione, che interessano studenti e docenti indistintamente, ciò che toglie punti alla didattica online è sicuramente la mancanza di contatti interpersonali; le interazioni vengono meno, o comunque sono ridotte, è difficile stabilire un rapporto, le sensazioni che si provano davanti ad un computer sono completamente diverse da quelle che si hanno stando in un’aula, le possibilità di scambiare opinioni o considerazioni sono quasi inesistenti. La socialità tipica degli anni universitari viene completamente meno e i rapporti si costruiscono in maniera diversa con uno schermo davanti, non ci sono pause caffè al bar, parole bisbigliate tra gli scaffali della biblioteca o durante le lezioni, non c’è tutto quello che è anche l’università. C’è però un nuovo modo di vivere l’università, un nuovo modo di concepire la didattica, professori che si adattano alla tecnologia e cercano di sfruttarla al meglio, biblioteche che fanno quel famoso passo verso la digitalizzazione che avrebbero dovuto fare anni fa. In questi mesi il mondo è cambiato, le nostre vite sono cambiate di pari passo e l’università è un tassello fondamentale di questo cambiamento.
La capacità di adattamento mostrata dagli atenei italiani è segno di un’università al passo coi tempi, dinamica, che guarda al futuro e forse proprio lo stravolgimento degli equilibri degli ultimi tempi è stato la piccola scintilla che ha innescato un cambiamento in una istituzione ancora troppo rigida e autoreferenziale. Come sarà l’università del futuro? Non si può rispondere con certezza, ma sicuramente, in questi mesi, un piccolo tassello è stato aggiunto e non sembra poi così male.
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