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SARA’ la più bella del mondo ma in pochi la conoscono. La Costituzione italiana, pilastro centrale del nostro ordinamento giuridico-istituzionale, per molti – in particolare giovani – desta meno interesse del prossimo acquisto della squadra del cuore. E la questione pesa nel momento in cui siamo chiamati a decidere se modificarla la Carta, riducendo il numero di parlamentari fissato dall’Assemblea costituente (1946-1948), peraltro esercitando un diritto (il voto) che essa stessa prevede nel suo primo articolo.
Ne seguono altri centotrentotto (ma cinque sono stati abrogati) che regolano la vita dei cittadini e il funzionamento degli organismi chiamati a rappresentarli, nella funzione legislativa, esecutiva e giudiziaria. Principi e disposizioni la cui conoscenza è ormai relegata al sapere di una ristretta cerchia di persone, fra addetti ai lavori, appassionati e studenti di giurisprudenza. Un quadro desolante emerso chiaramente da un sondaggio realizzato da Quorum/Youtrend per Sky tg24 sul finire dello scorso anno. Oggetto dell’indagine la conoscenza del sistema istituzionale italiano.
Il primo quesito riguardava proprio l’argomento del referendum di questi giorni: il numero dei parlamentari italiani. Per semplificare gli analisti non hanno indicato la quantità precisa – oggi 945 più i senatori a vita – ma hanno proposto tre fasce. Ecco, il 32% degli intervistati ha risposto che i componenti delle due Camere sono in totale o inferiori a 900 o superiori a 1000. Il 16% ha sbagliato ma è andato più vicino alla corretta affermazione, sostenendo che il numero dei nostri rappresentanti sia compreso o fra 900 e 944 o 952 e 1000. Appena il 10% ha fornito la giusta soluzione del quiz (945-951), mentre il 42% ha preferito rispondere “non so”.
Miglior esito ha avuto il quesito sulla funzione delle elezioni politiche: per il 77%, infatti, servono a scegliere i membri del Parlamento. Fa, tuttavia, rumore quel 32% di italiani che ritiene si svolgano per eleggere il capo del governo e quell’11% secondo cui le politiche hanno lo scopo di designare il presidente della Repubblica. Proprio quest’ultima figura risulta essere la più apprezzata e conosciuta dagli italiani. L’88%, infatti, sa che essa ricopre il ruolo di capo dello Stato. E tuttavia esiste un 9% secondo cui questa funzione spetta al presidente del Consiglio, un 2% che la attribuisce al presidente del Senato e un 1% a quello della Camera.
Se l’erudizione su istituzioni così note, almeno nel loro nome, è tanto limitata figurarsi cosa accadrebbe se il campo d’indagine fosse allargato alla Corte Costituzionale, al Csm, agli enti locali, ai diritti e doveri dei cittadini e così via.
Sarà anche per questo che da quest’anno l’educazione civica si riaffaccia nelle scuole come materia obbligatoria. Lo prevedono le linee guida adottate dal Miur in applicazione della legge 92 del 2019 con cui si è colmato un vuoto lungo un trentennio all’interno della pubblica istruzione. Un lungo periodo durante il quale questo insegnamento si è trasformato in un fantasma rimesso alla buona volontà del docente di turno, che in ogni caso vi dedicava pochissime ore di lezione (quando lo faceva) senza la previsione di alcuna forma di valutazione per gli studenti. Non sarà più così: all’educazione civica dovranno essere dedicate almeno 33 ore durante l’anno scolastico e quanto spiegato in classe e studiato sul manuale sarà giudicato dall’insegnante con tanto di voto. Esattamente come avviene con le altre materie. Proprio la conoscenza della Costituzione è indicata nelle linee guida come il “primo e fondamentale aspetto da trattare”. La Carta, infatti, “contiene e pervade tutte le altre tematiche, poiché le leggi ordinarie, i regolamenti, le disposizioni organizzative, i comportamenti quotidiani delle organizzazioni e delle persone devono sempre trovare coerenza con la Costituzione”. Alla quale, prosegue il documento, sono collegati “i temi relativi alla conoscenza dell’ordinamento dello Stato, delle regioni, degli enti territoriali, delle autonomie locali e delle organizzazioni internazionali e sovranazionali, prime tra tutte l’idea e lo sviluppo storico dell’Unione europea e delle Nazioni unite”. Concetti che, si spera, le future generazioni conosceranno meglio di quelle attuali.
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