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Gli atenei italiani rivestono un ruolo importante nella società odierna eppure c’è qualcosa che non torna. Un recente studio di Almalaurea evidenzia un netto calo delle iscrizioni raggiungendo 37mila matricole in meno negli ultimi 15 anni. Almalaurea è un Consorzio Interuniversitario fondato nel 1994 che rappresenta 76 Atenei e circa il 90% dei laureati complessivamente usciti, ogni anno, dal sistema universitario italiano. Il Consorzio è sostenuto dalle Università aderenti, dal contributo del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), dalle imprese e dagli enti che ne utilizzano i servizi offerti. Almalaurea è riconosciuta come Ente di Ricerca e quello che appare palese quest’anno è che la percentuale, in calo, di iscrizioni sia un dato importante che fa riflettere. Più che riflettere impone di soffermarsi sulla questione, perché è spontaneo chiedersi “come mai”, “cosa accade”.
Dall’ultimo rapporto Almalaurea il calo più importante è relativo ai nuovi iscritti ed è stato registrato fino all’anno accademico 2013/14. Successivamente abbiamo assistito ad una parziale ripresa ma, nonostante questo, dal 2003/04 al 2018/19 le università hanno perso oltre 37mila matricole, con una contrazione del 11,2%. Il calo più vistoso ed eclatante nelle immatricolazioni si è registrato nelle aree del Sud, dove la sfiducia nell’istituzione università o la vera e propria difficoltà nei mezzi indispensabili per poterla frequentare giocano un ruolo decisivo: – 23,6% di iscrizioni tra i diplomati tecnici e professionali e tra coloro che provengono dai contesti familiari meno favorevoli. È infatti la famiglia a continuare ad avere un forte impatto sulla decisione di completare il percorso universitario o sulla scelta del corso di laurea: spesso si spera che i propri figli possano ambire ad un futuro migliore se e solo se effettuano la scelta “ragionata” non seguendo le proprie attitudini e passioni. Ed è proprio qui in fulcro di tutto. È doveroso, dunque, fare un passo indietro.
Cosa percepisce un adolescente che sta per sostenere la maturità circa il proprio futuro? Se non riusciamo ad entrare nell’ottica di un diciottenne risulta difficile comprendere a 360 gradi. Caliamoci nei panni di chi si ritrova alla fine di un percorso scolastico magari complicato, particolare, e sceglie di non proseguire gli studi. Questa scelta è vista di cattivo occhio, spesso criticata. «Senza un pezzo di carta non sei nessuno», così dicono. Ma è realmente cosi? Quanti lavori manuali si sono estinti nel tempo? Quanti “antichi mestieri” finiscono via via nel dimenticatoio solo per la smania di proseguire gli studi senza una passione tangibile? Per quale motivo l’artigianato non è considerato nobile? Questi sono soltanto degli esempi, ma si potrebbe continuare all’infinito. Bisognerebbe capire che non sempre per assicurarsi un futuro bisogna iscriversi all’Università.
A tal proposito parla Marco, diplomando all’istituto tecnico professionale, ormai diciottenne che non intende continuare ed intraprendere un nuovo percorso di studi. «Non riesco ad immaginarmi tra i banchi per altri anni», dice Marco. «Per me è una costrizione fisica che poi diventerà mentale qualora dovessi proseguire. Mi sono reso conto già da tempo che sono portato per un lavoro, precisamente mi piace assemblare e aggiustare i pezzi dei computer. Certo se riuscissi a prendere una laurea avrei più possibilità, me ne rendo conto. Però tutto ciò che so l’ho imparato un po’ a scuola e un po’ grazie alla mia curiosità che mi ha avvicinato fisicamente a questo mondo. Perché dovrei far passare del tempo?».
Queste sono le parole di Marco e chi, tra di noi, potrebbe dire che è una visione “distorta”? Marco non ritiene necessaria una formazione universitaria perché vivrebbe una condizione non ottimale per la sua persona, nonostante è consapevole che con la laurea potrebbe avere più opportunità e scelta. La medaglia ha sempre due facce, bisogna soltanto riconoscere i propri talenti.
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