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L'influencer Maria Laura Berlinguer

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3 minuti per la lettura

Riuscire a coinvolgere gli utenti è l’obiettivo principale di un influencer.
Questi “opinion leader” sono figure capaci di sfruttare la propria competenza in un certo settore, divulgando contenuti attraverso la rete, in modo finalizzato a diventare persone di riferimento per quella parte di pubblico interessata ai medesimi argomenti.
Tuttavia, con l’evolversi del contesto sociale, anche il ruolo degli influencer si sta modificando.

Un influencer del resto non sponsorizza solo un prodotto, ma vende principalmente se stesso, facendo della propria notorietà il suo principale talento. I contenuti che propone sono inseriti in un contesto emozionale, in cui il valore principale è quello del narratore, che è così capace di creare un legame fiduciario con l’utente.

L’autenticità del personaggio, che determina il coinvolgimento del pubblico, è data anche dalla scelta di mostrare aspetti privati della propria vita.

Eppure, se prima la maggior parte degli influencer preferiva raccontare un patinato universo di spensieratezza, da qualche tempo alcuni personaggi della rete stanno iniziando ad utilizzare i propri canali per trattare temi civili e sociali (come le discriminazioni di genere, la questione ambientale, il razzismo, le disabilità), allargando il dibattito su questi argomenti anche ad una fetta di pubblico meno legata ai media tradizionali. Un esempio è il coinvolgimento degli influencer in merito al dibattito parlamentare sul DDL Zan sull’omotransfobia. Sono tanti i personaggi noti – a partire dalla coppia Fedez-Ferragni di cui tanto si sta parlando in questi ultimi giorni – che hanno preso una posizione chiara sul tema, tramite racconti personali o informativi.

La scelta di esprimersi circa temi più delicati ha fatto discutere in merito ad una possibile ingerenza degli influencer nella sfera politica, e ad alcuni è parso insensato, ad esempio, che personaggi social parlassero di temi prettamente politici, o che un politico si preoccupasse di rispondere alle dichiarazioni di un influencer.

Questa dinamica in realtà dipende direttamente dal ruolo che i social hanno all’interno del contesto sociale, nel quale sarebbe del resto ingenuo ritenere che la stessa politica, da qualche tempo, non si sia rivestita del carattere della condivisibilità. Non bisogna comunque credere che i social si stiano in qualche modo sovrapponendo alla politica, valutando erroneamente i like degli utenti nei termini di “voti”, ma è da tener presente che il consenso in rete segnala senza dubbio l’adesione ad un’idea.

Non esiste un qualche “partito dei social”, ma ci sono personalità della rete che possono convergere su un’idea e incidere sull’opinione pubblica. L’allargamento del dibattito è un dato, probabilmente di per sé positivo, ma ovviamente chi veicola il messaggio può solo stimolare un interesse, e sta poi al pubblico decidere se approfondire o meno un particolare tema.

Una maggioranza dei destinatari rimane impermeabile a questi messaggi, ma una parte vi presta attenzione, in maniera non dissimile da quanto accade con qualsiasi mezzo di informazione.

Che questa sia approssimativa, semmai compromette la possibilità di considerare i social una fonte affidabile, non nega però la dinamica per cui tramite questi si può fare informazione. Se i benefici vanno nella direzione di un dibattito pubblico stimolato, d’altra parte il rischio della parzialità dei punti di vista aumenta quando aumenta la fidelizzazione dell’utente.

Internet del resto non è politica, ma è potere nei termini di capacità di orientare le masse, e coi social media questo ruolo viene ampiamente democratizzato; pressoché chiunque può beneficiare di una cassa di risonanza ad impatto globale, e quel che desta preoccupazione è proprio che di questo non si ha ancora completa consapevolezza.
Piuttosto che negare ai social la possibilità di esprimersi, per paura di una parzialità di analisi, bisognerebbe semmai ridare alla sfera politica lo spazio e la serietà che merita, non limitando i contenuti virtuali, ma migliorando l’informazione politica senza che le sue mancanze debbano essere sopperite da chi non possiede le medesime competenze.


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