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Quando finirà la pandemia? E in che modo ne usciremo? Potremo tornare alla vita di prima oppure no? In questa fase di incertezza una serie di incognite arrovellano l’animo delle persone, specie dei più giovani. Gli specialisti l’hanno battezzata “ansia da limbo”, una sensazione costante di vita sospesa che può portare a spaesamento, difficoltà a concentrarsi e disturbi del sonno.

Il Quotidiano del Sud ne ha parlato con la dott.ssa Stefania Tucci, psicologa e psicoterapeuta, associata al portale Psicologiaintribunale.it. «A ben vedere», dice «questa società imponeva ai giovani una “ansia da limbo” anche prima del lockdown, tenendoli ai margini fino alla soglia dei quarant’anni». La professionista spiega che lavorando spesso con i giovani, si sente spesso dire da loro che non hanno un progetto per il futuro. «Nelle generazioni dei nostri genitori o dei nostri nonni, il futuro era scandito da modelli familiari e professionali che si avvicendavano a tappe ben precise: si nasce, si cresce, si lavora, si costruisce una famiglia, la si cresce, e si va in pensione». Ma, oggi, rileva la Tucci, «lo schema è fluido, il codice è libero, e questa libertà, questa sì, crea ansia. Per cui è meglio non pensare al futuro e a come organizzarlo. Per poi scoprire che quarant’anni arrivano in un batter baleno e non si è più così giovani».

LATI POSITIVI

La pandemia, dunque, amplifica incertezze e dubbi. Eppure ci sono aspetti incoraggianti. La psicologa evidenzia che i giovani in questi mesi hanno saputo adattarsi alle novità. Se è vero che alcune ricerche internazionali asseriscono che tra i giovani «c’è poca speranza nel futuro, poca fiducia di trovare un lavoro e poco ottimismo nelle proprie capacità e aspirazioni», la Tucci richiama un’indagine di segno opposto condotta da Ipsos e promossa dall’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo su un campione rappresentativo dei ragazzi tra i 18 e i 34 anni. «Emerge anche una grande voglia di reagire positivamente», spiega. E aggiunge: «I giovani, proprio grazie a questo rallentamento della corsa che il lockdown impone, hanno cominciato a porsi domande, mettendo in discussione quello che era considerato normale e scontato prima della pandemia».

È così che «hanno iniziato a rappresentare se stessi, le proprie potenzialità e la propria esistenza a partire da categorie personali, riscoprendo il valore delle vita e delle relazioni, sviluppando un atteggiamento aperto verso il cambiamento e le opportunità che questo può offrire». Secondo la Tucci tale spinta propositiva va incoraggiata dagli adulti. È l’occasione, osserva, per ripensare «il modo consumistico» di divertirsi che le generazioni precedenti hanno «preconfezionato» ai giovani. «Questa fase – continua – servirà alle loro menti per mettersi in moto e immaginare come organizzare il proprio tempo, il proprio pensiero e il proprio divertimento». Pertanto, a suo avviso, è importante assecondarli abbandonando «modelli desueti e consumistici di divertimento».

I CONSIGLI

La psicologa invita i giovani ad affrontare questa fase usando il proprio tempo per leggere, pensare, suonare, dipingere. Ricorda inoltre l’importanza di condividere difficoltà e disagi psicologici con amici e adulti esponendo le proprie emozioni e preoccupazioni. «Parlare, aprirsi è sempre la migliore medicina contro l’isolamento e il disagio psichico», dice. La Tucci sottolinea poi l’importanza di uno stile di vita sano, senza «lasciarsi confinare da madri e padri iper-preoccupati della salute». Infine ricorda: «Nel caso in cui l’ansia determini un disagio cronico e costante, sembra scontato dirlo, chiedere aiuto ad uno psicologo può risultare la soluzione».


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