Vittorio Sgarbi durante la querelle alla Camera
3 minuti per la letturaForse alla radice di tutto, di tutti i nostri mali, c’è la convinzione geneticamente stampata nell’italiano medio di essere più furbo o più intelligente del prossimo. In effetti proprio questi sono stati i termini del rimprovero pervenuto a Vittorio Sgarbi dalla Vicepresidente alla Camera Mara Carfagna in occasione di una seduta nell’emiciclo più celebre d’Italia. Vittorio Sgarbi si era infatti rifiutato a più riprese di indossare la mascherina durante i lavori d’aula e solo l’ennesimo intervento della deputata di Forza Italia è riuscito a convincerlo.
Non che il critico d’arte non avesse spiegato le motivazioni alla base della sua condotta: la mascherina gli faceva male e se Borrelli (capo della Protezione civile, n.d.r.) ha ammesso non indossarla quando si trova a distanza di sicurezza, Sgarbi non voleva essere da meno.
Nulla di nuovo in effetti dal momento che Sgarbi è un convinto “controcorrentista” nella vita eppure, forse, qualcosa di rilevante c’è. Con il suo gesto ha, almeno in parte, spiegato anche la ratio di molte pagine nate su Facebook con il preciso intento di mettere in contatto genitori contrari all’uso della mascherina in classe.
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Le mamme e i papà, così raccolti, non ritengono giusto che i pargoli siano costretti a subire una tale limitazione in così tenera età; sono preoccupati per la salute mentale dei bambini, i quali non potranno più passarsi la merenda col compagno di banco; non dormono la notte pensando alla violenza psicologica che la carne della loro carne si troverà ad affrontare una volta indossato nuovamente il grembiule. In tanti cadono nell’errore sistematico di additare questi genitori come persone poco informate se non, addirittura, poco istruite.
Ebbene, il gesto di Vittorio Sgarbi dimostra invece come, spesso, le spiegazioni che forniamo a determinati comportamenti sono, per comodità, finanche troppo semplicistiche: è certamente più semplice pensare che quel “qualcuno” non si sia informato abbastanza piuttosto che accettare si tratti di un “qualcuno” che ha deciso, con scienza e coscienza, di non curarsi dell’altro per dare priorità ai propri bisogni. Un “qualcuno” che, banalmente, si reputa più furbo degli altri, in qualche misura superiore, e che considera il benessere del prossimo un fattore del tutto trascurabile. La mamma che intende battersi perché il figlio possa passarsi tranquillamente la merenda col compagno di giochi non è una donna che ha saltato a piè pari tutte le dirette di Conte così come Vittorio Sgarbi non è di certo un uomo che non legge le indicazioni dell’OMS: entrambi scelgono consapevolmente di contravvenire a delle precise indicazioni per un proprio tornaconto personale, che sia preservare la vita sociale del figlio o evitare il (condivisibile e conosciuto a tutti) fastidio della mascherina.
Quello che, però, a queste persone sfugge è che il benessere e l’integrità del prossimo è, indirettamente, anche la loro: evitare o almeno arginare il più possibile la diffusione di questo virus, pure a costo di adottare misure percepite come “draconiane”, sta permettendo a me che scrivo, a voi che leggete e anche a loro che sono “controcorrentisti” di tornare gradualmente a una parvenza di normalità dopo mesi di pura alienazione.
Le piccole costrizioni che quotidianamente affrontiamo permettono a tutti noi, giorno dopo giorno, di tornare ad essere sempre più liberi. Ai furbi, insomma, sfugge un concetto che a noi “stupidi” non sfugge affatto, quello di male necessario.
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