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Roberto Burioni

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Abituati ai salotti televisivi, quando il Coronavirus si è seduto sul trono non ci siamo stupiti più di tanto. Quello che, forse, ha destato più sorpresa è stato assistere all’ascesa di una nuova classe di opinionisti in TV: i virologi. Insomma, stanchi di Tina Cipollari e Gianni Sperti, sono arrivati nelle nostre case Roberto Burioni e Maria Rita Gismondo, tra gli altri, a commentare l’evoluzione del virus e i suoi danni. Il problema, se così si può dire, è la perenne contraddizione della nuova classe dirigente delle “ospitate TV” e dei media in generale la quale, sin dagli albori, ha fornito informazioni contrastanti alla popolazione.

Se questo fenomeno, nell’ambito degli opinionisti dei reality, è trascurabile se non, addirittura, fisiologico trattandosi di intrattenimento, diventa motivo di scompiglio quando si tratta di salute. Partiamo dagli albori: il virus arriva o no in Italia? Lo scorso 2 febbraio, alza la mano Roberto Burioni dagli studi televisivi di “Che tempo che fa” rassicurando la popolazione con un “Rischio 0” di diffusione. Poi, purtroppo come ben noto, il virus arriva eccome: le stime dei contagi cominciano a salire vorticosamente e la paura segue la stessa curva.

Il virologo più famoso d’Italia inizia a ritrattare e, a fine febbraio, arriva a paragonare la mortalità potenziale del Coronavirus a quella dell’influenza spagnola.

Subentra Maria Rita Gismondo, responsabile della Microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze del noto Sacco di Milano che, dal proprio profilo Facebook, definisce invece una follia il fatto di scambiare un’influenza per una pandemia letale. Ne nasce un conflitto acceso tra i due virologi sui social e la “patata bollente” viene passata all’illustre scienziata Ilaria Capua la quale, intervistata a “In 1/2 ora” da Lucia Annunziata, invita alla calma e soprattutto alla cautela in quanto a pronostici, prevedendo una rapida diffusione del virus accompagnato, però, a un suo graduale indebolimento. Il virus, come previsto, comincia a mietere vittime e, con esso, iniziano a sorgere dubbi in merito all’utilizzo dei presidi sanitari per arginare il contagio: il 25 febbraio Walter Ricciardi, membro dell’Oms e consulente del ministro Speranza, nel corso della conferenza stampa con il commissario Borrelli alla protezione Civile, afferma che le mascherine, per la persona sana, non servono a niente ma devono essere fornite alla persona malata e al personale sanitario. Sempliciter: un loro utilizzo indiscriminato è inutile e controproducente.

Risponde Burioni il 7 aprile successivo il quale si dice addirittura deluso dal documento dell’Oms sull’uso del dispositivo di protezione individuale poiché non ne consiglia l’utilizzo a tutti in pubblico. Insomma, le mascherine per Burioni sono essenziali e tutti devono munirsene; secondo Ricciardi no e devono indossarle solo il personale sanitario e i malati. Altro giro, altra corsa: servono o no i tamponi a tutta la popolazione? Alla fine di marzo Massimo Clementi, direttore di Microbiologia e Virologia dell’ospedale San Raffaele di Milano, afferma l’utilità dei tamponi per individuare i soggetti infetti ma a condizione che gli stessi siano accompagnati dall’isolamento del soggetto infetto e dalla ricerca di tutti i suoi contatti.

Quasi contestualmente (24 marzo 2020), arriva il commento di Burioni il quale, sempre dal salotto di “Che tempo che fa”, si dice scettico in merito all’ampliamento della platea sottoposta a tampone in quanto, a prescindere, dovremmo tutti comportarci come se le persone che abbiamo davanti fossero infettive. Altre ancora sono state e, ahimè, saranno le contraddizioni dei virologi italiani soprattutto in questa Fase 2, problematica e pesantemente contestata sin dalle sue prime ore di vita. Come detto, deve però rimanere chiaro il ruolo svolto dagli scienziati: allo stato attuale, sono la nostra risorsa più grande contro il Coronavirus e la ricerca è l’unico vero barlume di speranza.

L’invito ai virologi e agli “addetti ai lavori tutti” è quindi quello di lasciare agli opinionisti della TV il loro faceto compito per dedicarsi, invece, alla scoperta di una cura definitiva o del tanto agognato vaccino. Dai salotti della TV non si fa ricerca e nemmeno dalle pagine Facebook; nei laboratori, al contrario, si possono salvare vite.


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