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Una delle categorie politiche più utilizzate degli ultimi tempi è quella di “populismo”. Nonostante se ne abbiano visioni differenti, tendenzialmente il pensiero comune concorda nel darne un’accezione negativa. Se non si considera il populismo come ideologia di un singolo partito, ma piuttosto come logica sociale, si può notare come chi si propone come l’alternativa politica del momento spesso non sia altro che nuova espressione del populismo stesso.
La principale critica che viene mossa al populismo è quella circa la vaghezza dei suoi contenuti, indipendentemente dal singolo partito che li esprime. La vaghezza, come caratteristica peculiare del sistema sociale in cui queste dinamiche operano, è propria di un contesto nel quale gli antagonismi di potere si fanno sempre meno delineati. In uno scenario in cui i cittadini appaiono insoddisfatti, il meccanismo che fa sì che si crei una frontiera interna nella società è quello per il quale la parte che non si sente rappresentata si oppone alla politica egemone. Da questo primo “essere contro”, espressione di un malessere generalizzato, si vengono così a creare una serie di gruppi che, ciascuno opponendosi a tutti gli altri, si fanno portavoce di questa insoddisfazione latente. Più che di ideologia, dunque, sarebbe meglio parlare di una dimensione prettamente sociale. La dinamica che si costituisce sembra infatti prescindere dalla classica dicotomia destra-sinistra, essendo piuttosto un modo di darsi della realtà contemporanea.
A seconda dei bisogni della realtà sociale, conseguentemente, si potrà avere un populismo che fa uso di terminologie più adatte ai partiti di destra, come nel caso della Lega di Salvini, o più vicino alle correnti di sinistra, come poteva essere il Movimento 5stelle agli inizi. A causa di questa inconsistenza di fondo, è possibile pure avere fenomeni populisti non immediatamente riconducibili ad un partito, o ad un gruppo sociale riconoscibile, ma che possono piuttosto consentirne il generarsi. Questo è il caso delle Sardine; nate in modo quasi spontaneo come opposizione rispetto ad una situazione politica considerata indecorosa, hanno tuttavia ben presto canalizzato questa insofferenza verso una precisa area politica. Per contrastare Salvini e l’ideologia dell’odio, hanno inizialmente raccolto il malcontento diffuso di chiunque volesse scendere in piazza per protestare. Durante le manifestazioni, per strada si sono raccolte persone di differente orientamento politico, con diversi interessi e richieste, in un primo momento non mosse da altra volontà al di fuori di quella di opporsi alla Lega.
Per mantenere in piedi l’idea delle Sardine era però impossibile che queste non si organizzassero verso una direzione più definita. Fosse solo per necessità mediatica, si è ben presto imposta la figura di un leader, lo stesso Mattia Santori, che tanto si era detto contrario all’identificazione del gruppo con un singolo. L’errore è stato quello di proporsi come “opposizione ai populismi”, essendo compartecipi di una base valoriale appartenente alla stessa categoria. Va comunque detto che, se non si tratta della caratterizzazione di un singolo partito, allora non vi è motivo per condannare a priori il populismo, demonizzandolo a prescindere. Le Sardine hanno commesso un errore nel pensare di potersi schierare come alternativa a tutti i populismi, essendo piuttosto emerse come antagoniste di un singolo ramo, appunto quello di Salvini e della destra sovranista.
E se questa era una caratteristica condivisa, la piega politica (indiretta o meno che fosse) che le Sardine hanno preso durante le elezioni emiliane non è piaciuta a tutti coloro che all’inizio avevano appoggiato il gruppo. Necessariamente, si è finiti per associare politicamente il movimento alla direzione politica del PD, che sicuramente ne ha beneficiato durante la campagna politica per Stefano Bonaccini. Eppure, negli ultimi giorni le Sardine hanno nuovamente cercato di prendere le distanze dal partito di Zingaretti, condannando senza attenuanti la politica italiana in Libia, in quanto “macchia di unto sulla coscienza italiana”. Il Partito Democratico si trova adesso a dover scegliere se ignorare le richieste del movimento o piuttosto rinnegare le proprie decisioni politiche. A loro volta, le Sardine dovranno stabilire con sempre maggiore chiarezza in che direzione muoversi, così come quali battaglie politiche supportare. L’essere contro è stato fondamentale in un primo momento, ma la genericità va attenuata, se le Sardine non vogliono correre il rischio, fisionomicamente paradossale, di annegare.
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