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La prima volta che ho sentito parlare del TED lo vedevo come un’entità astratta di cui mi erano noti solo i riverberi nella cultura popolare. A quanto pare, infatti, era in eventi con quella sigla che si tenevano gli interventi e le conferenze che venivano condivise sui social network. Interventi di pochi minuti in cui persone ordinarie-e non- esprimevano idee e concetti straordinari, parlando con devozione della propria passione o della propria esperienza di vita armate di un semplice microfono e posizionate davanti uno sfondo scuro. Tuttavia, ho scoperto che dietro c’era molto di più.

Ogni evento racchiude in sé persone appassionate, che applicano volontariamente le loro conoscenze e capacità per realizzare conferenze che possano istruire, intrattenere e divertire, ma soprattutto ispirare. Quello che più colpisce del mondo TED quando ne entri a far parte è che non basta decidere chi deve parlare sul palco e di cosa, ogni azione è mirata a unire ambiti diversi e a permettere la realizzazione di un contesto in cui tecnologia e comunicazione permettono la diffusione di qualcosa che andrà oltre quello che è il prodotto finale- il video- e la sua prestazione online, un momento di condivisione reale e virtuale di contenuti importanti.

Quello che ormai è diventato un meme, una battuta ricorrente dell’internet “thanks for coming to my ted talk” rappresenta perfettamente l’intento di questa organizzazione non profit, fondata nel 1984 e che ha cominciato a tenere conferenze annuali trent’anni fa.

TED sta per Technology Entertainment Design, perché inizialmente il ciclo di lezioni che si volevano tenere con questo marchio riguardavano solo la tecnologia e il design, ma presto si è espanso in ogni campo del sapere. Il motto, l’obiettivo, l’occhiello che muove le tre grandi lettere rosse e le porta in ogni luogo del web e del reale è “ideas worth spreading”; non sono, infatti, interessi corporativi, propagande ideologiche e influenze dottrinali a mettere in moto gli eventi, ma la volontà di portare sul loro palco e sulla loro piattaforma accessibile a tutti “idee meritevoli di essere diffuse”, idee che altrimenti non troverebbero pubblico o rimarebbero rinchiuse in seminari polverosi e discussi da elité ristrette. La struttura di ogni evento con la sigla TED è semplice, breve- nessuna lezione dura più di diciotto minuti- ed efficace, l’ideale per diventare virale sul web e raggiungere il più ampio pubblico possibile.

Il successo di un format del genere risiede quindi nella semplicità dell’estetica che consente di concentrarsi su contenuti di spessore, una combinazione che garantisce il suo successo. Dagli anni Novanta, infatti, le conferenze TED si sono diffuse in tutto il mondo e dagli Stati Uniti sono state esportate grazie all’aggiunta di una piccola “x”.

I TEDx sono conferenze approvate dall’organizzazione stessa e mirano alla valorizzazione delle comunità locali, organizzando eventi con le stesse caratteristiche “madri” nelle singole città che lo richiedano. Il mio primo approccio in questo mondo è stato nel 2016 a Roma, dove ho potuto assistere ad una serie di interventi brevi ma ispiranti, tenuti da scienziati, artisti e semplici sognatori- alcuni con grandi nomi, tutti con grandi idee. Quella prima esperienza come spettatrice mi ha portato a pensare di voler entrare in quel mondo di platonica ispirazione, un Iperuranio terrestre che, supportato nel modo adeguato, ha la capacità di arricchire e unire realtà mondiali in contesti locali più contenuti.

Ed è per questo che la battuta “grazie per essere venuti al mio TED talk” è quantomai azzeccata: questo momento di condivisione si è esteso a chiunque abbia l’idea giusta e la passione adatta per portarla avanti. Non sono più solo Bono, Bill Clinton e Piero Angela a parlare al pubblico, ma chiunque se lo meriti a prescindere dalla propria condizione sociale e dai mezzi a disposizione.

Il sostegno dato dal TED non è solo astratto, ma garanzia e metro che verranno rispettati gli standard richiesti e i principi alla base dell’organizzazione, valorizzando la missione del progetto sia per ciò che rappresenta a livello globale, sia per ciò che può rappresentare a livello locale. Quando è stato organizzato per la prima volta a Cosenza, nel 2017, ho avuto l’opportunità di assistere alla macchina in movimento e già lì avevo deciso che mi sarebbe piaciuto farla partire. Il 20 settembre si terrà, infatti, la seconda edizione di TEDxCosenza, organizzata da me e da un gruppo di persone, devote in egual modo al progetto, che verrà realizzato al Teatro Rendano e vedrà la partecipazione di scienziati, artisti e semplici sognatori.

Organizzare un evento simile in Calabria mi permetterà di far scoprire- così come ho scoperto io stessa- il valore di una terra dimenticata e maltrattata, spesso considerata maledetta, senza la presunzione di benedirla come induce la metafora religiosa, ma portando persone e idee che si nascondono nella polvere e hanno bisogno di un palco e una piattaforma giusta per emergere. Ed è proprio dall’idea di voler “mettere a fuoco” queste idee e mostrarle con nitidezza, che nasce anche il nome del tema scelto per l’evento: Out of focus. Andremo oltre la polvere che avvolge la nostra terra, oltre le nubi del presente, per presentare un futuro ancora incerto, insieme alla volontà di renderlo migliore e alle idee meritevoli di essere diffuse.


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