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Un’ora in meno. Un’ora di treno ci vuole per andare da Roma a Napoli, e viceversa – si chiama Alta velocità – tre invece per arrivare da Catania a Palermo (e viceversa). Ma adesso ce ne vorranno due di ore pur se la distanza tra le due città siciliane è perfino inferiore a quella che corre tra Partenope e l’Urbe. E sempre di alta velocità si tratta perché prima di adesso -prima del finanziamento di 3 miliardi e quattrocento milioni erogati dal ministero delle Infrastrutture – ce ne volevano tre. Un’ora in meno, dunque. Tutta di Alta velocità. Ed è così, a rigor di carte ufficiali, che la chiamano: Alta velocità. Certificando però un falso. Come solo nella patria di Paolo Ciulla può succedere. E solo il falsario che ingannò anche la Banca d’Italia può riuscire a spacciare per Alta Velocità i 110 chilometri orari in Sicilia per i 200 chilometri orari che sono normali a Milano, a Bologna, a Napoli e a Reggio Calabria perfino. Certo, un’ora in meno. Ma sono pur sempre due ore quando di là dallo Stretto ne basterebbe una, spiega un esterrefatto Giovanni Burtone allertando i colleghi deputati del Parlamento siciliano. Uomo di tenace concetto, galantuomo come pochi, giustamente accalorandosi, Burtone che sa vedere lungo ha acchiappato l’imbroglio e l’ha subito sbrogliato. E quando ci sarà il Ponte di Messina, dunque – ed è la domanda che ci domandiamo – correndo l’Alta Velocità fino a Scilla, la Freccia a Cariddi che fa, rallenta di botto?
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