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La sede storica de Il Giornale in via Negri a Milano

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Il Giornale ridimensiona la propria sede storica e si rincantuccia in due dei sei piani dell’elegante palazzo in via Negri, accanto alla Borsa di Milano. In un piano trovano spazio l’editore, il dg e l’amministratore delegato. Nell’altro vi si stipa tutto il resto: la direzione, i redattori, l’ufficio grafico e la segreteria. Del lussuoso edificio dove, dopo la fondazione in piazza Cavour – grazie a Silvio Berlusconi, nel 1979 – arrivarono Indro Montanelli e i suoi, ormai resta il ricordo. Una memoria resa stridente dall’atmosfera da call center tutta di scrivanie corte giusto il minimo sindacale, senza telefoni, senza cassettiere, senza computer fissi ma solo schermi dove attaccare il portatile in quel mesto transitare da “chi primo arriva meglio si accomoda” che – manco a dirlo – non prevede neppure salette per interviste o per telefonate riservate. In questo abbandonare spazi Il Giornale perde anche il leggendario studio, al fu “quarto piano”, che – prima di Alessandro Sallusti, di Mario Giordano, di Maurizio Belpietro e di Vittorio Feltri – fu appunto di Indro Montanelli.

Nessun maggior dolore è il ricordare il tempo felice nello smartworking. Il sancta sanctorum del giornalismo, infatti, sarà profanato – così si dice – da una Fondiaria assicurazioni, o qualche finanziaria o, magari, un fondo di Hong Kong. Dalla Lettera22, ahinoi, al private banking. Quando si dice il contrappasso. Poteva diventare uno studio-museo a memoria di un Maestro del giornalismo che qui incontrava politici e scrittori. E, invece, no. Manca poco e stessa sorte capiterà al tavolone della Sala Albertini del Corriere della Sera in via Solferino. Se lo compreranno i cinesi.


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