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Il ministro Renato Brunetta

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NEL GOVERNO si è aperta una crepa. Da una parte c’è  chi punta a rimuovere tutti gli ostacoli. Dall’altra chi, secondo un ministro che ha preso alla lettera le parole di Mario Draghi, «non ha capito il momento storico». Riferimento a quel  nocciolo duro della Pubblica amministrazione che considera il processo di semplificazione un pericolo. Ragiona con i vecchi criteri, si considera l’ultimo baluardo contro la devastazione del paesaggio. E resiste, anche se questo resistere vuol dire starsene asserragliati in un bunker «per non partecipare alla devastazione».

LA “SIGNORA NO”

È uno scontro vero e proprio. Uno scontro che si consuma nei dipartimenti e nelle segreterie. Timbro dopo timbro. La legittima vocazione alla tutela del territorio si incrocia con gli interessi di chi ha fatto della burocrazia la sua fortezza inespugnabile. Le divergenze tra Cingolani e Franceschini, celate  finché è stato possibile, erano solo la punta dell’iceberg. L’effetto delle tensioni che dalla periferia hanno raggiunto il Palazzo. L’idea di creare una Sovrintendenza “speciale” che si sarebbe occupata dei progetti del Recovery plan e, dunque, di dare attuazione concreta ai Piani di ripresa e resilienza, ha funzionato  per il tempo di un sospiro.

Poi è ricominciato il balletto dei veti incrociati. A guidarla è stata chiamata la direttrice generale Federica Galloni, eletta ad interim. Una dirigente di grande valore ed esperienza che si è formata alla scuola di Adriano La Regina,  storico sovrintendente di Roma dal 1976 al \2004. Il professore per il quale i romani hanno coniato la definizione di  “Signor No”. I rappresentanti delle sovrintendenze locali sarebbero stati coinvolti lungo l’iter di approvazione di ogni opera. Si sarebbero seduti intorno al tavolo, ci sarebbe stata una sorta di conferenza allargata  dei servizi. L’accordo prevede questo. Ma quello che fino a ieri era solo una lotta contro il tempo, l’esigenza di rispettare il timer imposto da Bruxelles, ora è diventato qualcos’altro. E di conseguenza lo scontro, che sembrava sopito, si è immediatamente riacceso e ha coinvolto nuovamente i ministeri e Palazzo Chigi.

Non a caso il Consiglio dei ministri, in presenza di pareri discordanti sui progetti legati alle energie alternative, è stato costretto più di una volta ad avvalersi dei cosiddetti “poteri sostitutivi” per dare via libera a parchi eolici e impianti di fotovoltaico.

PALAZZO CHIGI «SERVE UNA SCOSSA»

«Ci vogliono bypassare, utilizzano la guerra per autorizzare interventi destinati a deturpare il paesaggio, opere già bocciate»,  è lo sfogo di tanti archeologi. E giù pareri, veti, obiezioni, alleanze con il mondo green mentre da Palazzo Chigi arrivava l’indicazione opposta: serve una scossa. In questo quadro di scontro a bassa intensità si inserisce l’audizione a San Macuto del ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta.

Dove le proposte avanzate dal ministro hanno di gran lunga superato il resoconto, l’elencazione delle cose fatte, che pure non sono poche, anzi. A partire dall’idea che qualsiasi sburocratizzazione, per essere tale, richiede investimenti e organizzazione e dunque non può avvenire a costo zero. Brunetta, che ha la delega in materia di semplificazioni,  ha citato esempi concreti.  In particolare si è soffermato su cosa occorre fare per sostenere il “salto verde” del Paese. «Misure specifiche per una semplificazione drastica sul fronte delle energie rinnovabili». Tra queste – udite udite – la «liberalizzazione dell’installazione di pannelli solari, termici e fotovoltaici sugli edifici» ad eccezione, ha chiarito il professore «dei soli edifici individuati come beni culturali, dove l’installazione – ha chiarito però – sarebbe comunque sottoposta a procedura semplificata».

Parole rivolte a nuora (la Commissione semplificazione) perché suocera (il Mibac) intenda. Non è un mistero, infatti, che tra il ministero di Brunetta e il Mite di Cingolani vi sia stata negli ultimi tempi un’ interlocuzione continua. C’è chi dice che la relazione depositata a San Macuto sia stata in parte concordata. Che tra il ministro forzista e il titolare del Mite via sia ormai una convergenza di vedute – a parte la nomina di un commissario straordinario di governo per la commissione integrata Via Pnrr/Pniec che né Cingolani né il sottosegretario Morassut  (Pd) condividono. Entrambi hanno fatto pressione perché il tema venga trattato specificatamente in una seduta del Cdm.

LE PROPOSTE

Proposte destinate a scardinare i pareri ostativi. Esempio: che le aree e la tipologia di edifici su cui sia possibile installare impianti Fer (Fonte energie rinnovabili) vengano definite per legge. E che tra queste rientrino le aree industriali dismesse e le aree agricole abbandonate o non produttive da 5 anni.

E ancora: l’estensione dei casi in cui gli interventi su impianti esistenti non siano sottoposti a valutazioni ambientali e paesaggistiche. E senza acquisire atti di assenso. Non ci si libera dalla dipendenza dal gas russo senza aprire corsie preferenziali. Concetto, guarda caso, ripetuto poche ore dopo dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ieri a Taranto per l’inaugurazione del primo parco eolico marino del Mediterraneo. Sull’energia offshore, sempre in Puglia, si  è scatenata una battaglia che dura da anni.

Enrico Giovannini,  ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, si è limitato a un videomessaggio ma è andato subito al sodo. «Sappiamo -ha detto  – che c’è una scuola di pensiero contraria alle installazioni dii parchi eolici e di parchi di fotovoltaico in nome di un elemento  tutelato dalla nostra Costituzione –  la tutela del paesaggio – che però va considerato insieme ad altre tutele di cui la nostra Costituzione si fa garante, tra l’altro proprio quella degli ecosistemi dell’ambiente, nell’interesse delle future generazioni».

Parole che hanno colto nel segno. Indovinate a chi erano rivolte? 


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