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Il giallo del caso Sangiuliano tra ricatti e coincidenze, le trincee alzate dal ministro non hanno retto l’urto delle interviste rilasciate da Maria Rosaria Boccia a La Stampa e a La7. Le dimissioni sono arrivate comunque troppo tardi per fermare una storia che potrebbe coinvolgere altre personalità del governo
Gennaro Sangiuliano si dimette con una lettera alla premier Meloni alle cinque del pomeriggio dopo una giornata in cui ha tentato di blindarsi al ministero, di rilanciare chiamando in causa gli avvocati: ma il suo tempo è ormai scaduto e alla fine ha dovuto capirlo anche lui.
Al suo posto in via del Collegio Romano entra un altro fedelissimo della premier, Alessandro Giuli, anche lui giornalista, scrittore, opinionista e autore tv, da due anni presidente della Fondazione Maxxi.
Le dimissioni sono stavolta «immediate e irrevocabili», come non lo erano state martedì dopo 90 minuti a tu per tu tra l’ancora ministro e la premier a palazzo Chigi. Alle 19 di ieri Giuli aveva già giurato come ministro davanti al capo dello Stato Sergio Mattarella.
La situazione è precipitata ieri mattina. Alle 8 palazzo Chigi fa sapere che Meloni ha annullato la sua presenza a Verona al summit dei presidenti dei Parlamenti del G7. Resta in ufficio: deve risolvere l’affaire Sangiuliano. Non è stato facile convincerlo a dimettersi. Poi ha prevalso «la stima e la riconoscenza per la premier e il bene delle istituzioni».
Tutte le trincee – vedremo poi quali – alzate dal ministro in queste lunghissime giornate – dal 26 agosto a oggi – non hanno retto l’urto dell’intervista pubblicata ieri mattina su La Stampa. E non avrebbero potuto reggere l’urto di un’altra intervista che ieri sera Maria Rosaria Boccia ha dato a “In Onda” su La 7. Il punto è che la storia non finisce qua. E che le dimissioni del ministro sono arrivate comunque troppo tardi per fermare una storia da basso impero che potrebbe chiamare in causa altre personalità del governo e di cui, alla fine, sono a conoscenza molte più persone di quello che si immagini.
I RICATTI A SANGIULIANO E LE RIVELAZIONI DI BOCCIA NEL GIALLO POLITICO DELL’ESTATE
Questo giornale, nel rispetto della privacy, non farà dunque nomi e non punterà il dito contro nessuno. Quella che segue è una ricostruzione temporale e fattuale che viene fuori incrociando le affermazione pubbliche – in tv e su carta stampata – dei due protagonisti ufficiali. Almeno fin qui: Sangiuliano e Boccia.
Potremmo cominciare da una domanda: perché la premier Meloni, che conosce bene la politica e i suoi protagonisti e anche i suoi uomini di riferimento nel governo, martedì pomeriggio non ha accettato le dimissioni del ministro che è anche suo amico ed è stato il suo giornalista di riferimento? Sarebbe stato più semplice provare a portare lontano dai riflettori questa storia. Oppure non ha potuto farlo?
«Il ministro è sotto ricatto» ha detto ieri mattina a La Stampa Maria Rosaria Boccia. «Mi chiamano ricattatrice ma i veri ricattatori stanno nei palazzi del potere». Giustamente il vicedirettore de La Stampa Federico Monga chiede chi sono. «Lo dovrebbe dire lui (Sangiuliano, ndr) ma secondo me il ministro è sotto ricatto».
Una bomba. Da incrociare con le altre parole scritte da Boccia in un post e che qui meritano di essere riportate integralmente. «Chi ha davvero fatto gossip in questa vicenda? Io, lui, o l’altra persona, sfruttando un momento strategico per il Paese?».
Chi è “l’altra persona” che Maria Rosaria Boccia coinvolge in questa trama senza fine? «Oggi vengo accusata di essere una ricattatrice, ma in realtà non sono io ad aver creato il ricatto. Sono coloro che occupano i palazzi del potere ad esercitarlo. In questo contesto, il potere ha spinto il Ministro alle dimissioni per poi respingerle, all’interno di una strategia cinica volta a tenere in ostaggio la cultura italiana in un momento di visibilità internazionale. Non sono io a esercitare ricatti o pressioni; altri hanno sfruttato con mentalità meschina una vicenda umana che sta avendo ripercussioni dolorose su di me». Frasi sibilline che ieri hanno costretto tutti a vederci più chiaro.
IL GIALLO DI SANGIULIANO TRA PRESUNTI RICATTI E LE PAROLE SIBILLINE DI BOCCIA
Torniamo quindi all’intervista e seguiamo le molliche di pane che Boccia semina per indicare la strada. Dove si sono conosciuti? «Nell’agosto del 2023 a Pompei per la presentazione della candidatura della cucina italiana patrimonio dell’Unesco attraverso conoscenze comuni». Sul sito dell’Unesco si trovano ampi reportage della cerimonia a cui sono intervenuti il ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare Francesco Lollobrigida e il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano.
Cibo e cultura: un binomio di fatto, così come lo sono Lollo e Genny, amici da sempre, legatissimi, quasi complici, a cui Meloni ha affidato due eccellenze italiane, il cibo e la cultura, appunto. Sulla bacheca social di Boccia si trovano anche foto con il ministro dell’Agricoltura. Così come con altri politici della maggioranza. Boccia spiega di aver curato in questi due anni l’attività di due gruppi interparlamentari. A titolo gratuito «perché serviva per farmi conoscere e per creare un patrimonio di relazioni».
IL DOSSIERAGGIO
La seconda mollica lasciata in terra da Boccia-Pollicino è legata alla tempistica. Il ministro Sangiuliano sostiene di averla conosciuta a maggio di quest’anno? «A maggio abbiamo iniziato a frequentarci per lavoro in modo molto più assiduo» precisa Boccia. Che lascia intendere, anche, di non aver avuto una relazione sentimentale con Sangiuliano.
«C’è stata molta confusione fin dall’inizio nella comunicazione di questa sfera – dice Boccia – Il ministro è un po’ confuso e circa le chat private fra me e lui con cuoricini ed emoticon, è chiaro che con una persona con cui ho una relazione mi scambio messaggi più piccanti».
Dunque, perché l’ormai ex ministro ha lasciato intendere che c’è stata una relazione se in realtà non c’è stata? Sta forse coprendo qualcuno? A giudicare da viaggi e missioni in qualità di “consulente grandi eventi”, tra i due è nata certamente una simpatia. Sangiuliano va a trovarla tra Pompei ed Ercolano più volte, la porta ai concerti e ai premi letterari. La fa partecipare a riunioni e incontri «per farmi imparare, almeno una ventina di volte».
Ma la consulente punta al contratto. È possibile che già prima un altro ministro le abbia promesso una consulenza che poi è saltata. La Cultura è il piano B, ma a quel punto la consulente-imprenditrice-curatrice di grandi eventi, scottata una prima volta, prende le dovute precauzioni e comincia a registrare tutto, a tenere copia e a prendere appunti «su messaggi e mail che ho potuto leggere». Costruisce quello che in gergo si chiama dossier «senza il quale, in quanto donna, non sarei mai stata creduta» come le ebbe a dire alla fine di luglio lo stesso ministro: «Io sono un ministro, io sono un uomo, io rappresento l’istituzione e in futuro nessuno crederà a tutto quello che tu dirai».
CASO SANGIULIANO, RICATTI E IL GIALLO DEL DECRETO STRACCIATO
Invece il dossier di Maria Rosaria Boccia sortisce l’effetto voluto: il 26 agosto Sangiuliano firma il decreto di nomina come “responsabile grandi eventi”. Lo vede anche il capo di gabinetto. Ma quello stesso giorno quel decreto viene stracciato. Boccia parla di «una voce femminile». Chi può essere la donna che ha il potere di stracciare un atto interno firmato dal ministro? In questo governo ce ne sono solo due: Giorgia Meloni e sua sorella Arianna.
Da quel giorno fino a oggi Maria Rosaria Boccia fa cadere giorno dopo giorno le gocce della sua verità. Con precisione micidiale e sorrisi con la bocca a forma di cuore. In quegli stessi giorni Arianna Meloni annuncia la sua separazione dal ministro Lollobrigida. Ma queste sono ancora una volta solo maledette coincidenze.
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