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Gennaro Sangiuliano

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L’ultima notte prima delle dimissioni, una notte insonne per l’ex ministro Gennaro Sangiuliano: l’ultimo tentativo prima della resa definitiva


L’ultima notte da ministro di Gennaro Sangiuliano è stata insonne. Sempre al telefono, sempre a compulsare l’ultimo dei whatsapp che gli viene recapitato. La stanchezza che si fa sentire. Eppure l’ex ministro cerca di non mollare: «Non temo nulla, resto al mio posto. E ora presento un esposto in Procura sull’accusa di ricattabilità che mi è stata rivolta: così Maria Rosaria Boccia potrà dire ai magistrati i nomi di chi, stando a quello che lei sostiene, mi potrebbe ricattare».

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LA RESISTENZA

Per tutte le ore che precedono la mattina di venerdì rassicura i consiglieri, gli amici più fidati con frasi del tipo: «Giorgia è al mio fianco», «questa vicenda è assurda», «dietro forse c’è una manina di chi vuole indebolire il governo Meloni». Il complotto è l’ultima fase di una vicenda che gli è sfuggita di mano, che avrebbe potuto gestire meglio.
Il refrain del ministro della Cultura è sempre lo stesso: «Non ho speso un euro del ministero per lei, non le ho messo a disposizione alcun documento riservato. Chiedo scusa a mia moglie e alla premier».

Ma non bastano le scuse. Ormai il dado è tratto. L’intervista delle 24 ore precedenti al Tg1 ha fatto esplodere ancor più l’affaire che lo riguardava. Perché la storia ha valicato i confini nazionali. Se ne occupa la stampa internazionale. Se ne occupano tutte le trasmissioni di approfondimento, tutti i telegiornali. Sia come sia, il diretto interessato per qualche ora continua a pensare che si potrà salvare, che potrà restare ministro della Repubblica. Non a caso il suo ufficio stampa produce comunicati, lascia intendere che l’attività ministeriale va avanti, al netto del polverone che lo ha investito. Ma la valanga è difficile da fermare. È una valanga che arriva nella testa di questo ministro che si è presentato davanti alle telecamere per chiedere scusa alla moglie provando a far sapere agli italiani con tanto pianto la “sua” verità. L’operazione non sembra però aver funzionato.

Un minuto dopo la fine dell’intervista al direttore del Tg1 Gianmarco Chiocci qualcosa cambia nella scena. La difesa a oltranza della premier inizia a scemare. Meloni comincia a capire che la situazione non è più gestibile e che occorre archiviare questo caso. Ci sono degli appuntamenti cerchiati in rosso, il Forum Ambrosetti di Cernobbio, la conclusione del Festival di Venezia, e poi il G7 della Cultura. Tutti appuntamenti che potrebbero dare una spinta all’azione dell’Esecutivo. «Ci andrà Gennaro? Siamo consapevoli che se ci va lui si parlerà solo del caso Boccia-Sangiuliano?».
In questo contesto i vicepresidenti del Consiglio le consigliano di indurre Sangiuliano a fare un passo indietro. «Giorgia, non possiamo permetterci che questo caso continui per altri dieci giorni». Nel vertice di maggioranza, poi smentito per ragioni tattiche, si inizia a parlare già dell’erede del ministro.

È in quel momento che il ministro ancora in carica prova a resistere con una strategia che si rivelerà velleitaria. Alle 21.31 di giovedì l’ufficio stampa del ministero invia un dispaccio: «Nella giornata di domani il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, avrà un incontro con i suoi legali per valutare la presentazione di un esposto presso la Procura della Repubblica».

L’ALBA TRAGICA

Sono le ultime ore da titolare del dicastero della Cultura. Il telefono continua a squillare. “Genny” è in collegamento diretto con Palazzo Chigi. Ma capisce di non avere più al fianco i vertici dell’Esecutivo. Minuto dopo minuto comprende che l’operazione “resistenza a oltranza” non può reggere più di 24 ore. Le ore passano, il dicastero sembra sempre più allontanarsi. Dice un amico: «Anche Alessandro Sallusti gli ha consigliato di farsi da parte». Nelle prime ore del mattino Sangiuliano è quasi rassegnato: «Ho fatto il possibile, ma ora è più importante restare accanto a mia moglie». In poche ore tutto si decide. Sangiuliano si reca a Palazzo Chigi. Nulla da fare: ecco le sue dimissioni irrevocabili. «Grazie Giorgia». «Grazie Gennaro».


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