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Da Franceschini a Bettini, sempre più esponenti Pd puntano su una crisi della maggioranza di centrodestra e sognano il ritorno della grande alleanza con il M5s di Conte
Quando scocca la mezzanotte di martedì 27 rinasce il governo Conte 2. È stato in letargo per tre lunghi anni: prima defenestrato dall’Esecutivo dei migliori presieduto da Mario Draghi e poi ancora dal gabinetto di Giorgia Meloni. Risorgono i vedovi dell’asse giallorosso nato, dopo l’harakiri di Matteo Salvini, grazie a un’idea di Dario Franceschini e Goffredo Bettini.
FRANCESCHINI E BETTINI E L’IDEA DEL PD IN ALLEANZA CON IL M5S DI CONTE
Franceschini non ha bisogno di presentazioni. È un prodotto della nidiata democristiana, scuola Benigno Zaccagnini. Un Dc di sinistra, si sarebbe detto con le vecchie categorie della politica. Ma oggi è tutta un’altra storia. Dario Franceschini c’è sempre, è un decano del Parlamento, risiede nel Pd dove ha un ruolo di capocorrente di Areadem e continua a essere convinto che i grillini siano soltanto degli «amici» da istituzionalizzare.
E così, proprio a mezzanotte di tre giorni fa, l’ex ministro della Cultura si è servito di X per dire la sua e per felicitarsi del risultato ottenuto in Sardegna. A proposito: non parlava da tempo. Nessuna intervista, nessun intervento in aula. Silente come solamente i democristiani della vecchia scuola sanno fare. «La Sardegna indica che la strada imboccata tra mille difficoltà nel settembre del 2019 era quella giusta» dice Franceschini. Boom.
Su queste note riappare anche Goffredo Bettini, ideologo del Pd e grande consigliere di Giuseppe Conte al punto da definirlo «punto di riferimento dei progressisti italiani».
«LA VITTORIA IN SARDEGNA HA UN PESO POLITICO DI GRANDE RILEVANZA»
«La vittoria del centrosinistra in Sardegna – dice Bettini – e il risultato del Pd, primo partito, hanno un rilievo politico di grande rilevanza, anche in riferimento alla tenuta dell’attuale governo. Consolida una ripresa e apre a ulteriori speranze. È merito delle compagne e dei compagni sardi, del loro gruppo dirigente, della spinta che la segretaria Elly Schlein ha dato alla nostra battaglia».
Una premessa alla quale segue l’idea di coalizione del futuro del centrosinistra: «È grandemente merito anche della coalizione unitaria. Nata non da un appello politicistico, ma da una discussione graduale, intensa, aperta e chiara sui programmi da realizzare e sul merito dei problemi fondamentali della Sardegna. Naturalmente la prima protagonista di questa vittoria è stata la nostra candidata Alessandra Todde, una donna del Movimento Cinque Stelle, forte, intelligente e di sostanza. E che ha saputo rappresentare l’insieme della alleanza che ha prevalso».
I vedovi del Conte 2 ci credono, sognano il ritorno della grande alleanza giallorossa che ha tenuta la barra dritta nei mesi drammatici del Covid. Salvo poi cedere il passo, teorizzano, perché Matteo Renzi si è sfilato e ha dato il la all’Esecutivo di unità nazionale guidato da Mario Draghi. E adesso ci riprovano, più di prima. Sperano insomma nella crisi della maggioranza di centrodestra servendosi dell’onda lunga sarda.
IL PD DI ZINGARETTI E BOCCIA CHE AVEVA CREDUTO NELL’ALLEANZA CON CONTE
La vittoria in Sardegna, dunque, riconsegna le chiavi della coalizione ai Franceschini e Bettini e a Conte. Non a caso ricompare un altro dei protagonisti di quella stagione, Nicola Zingaretti. All’epoca era il segretario del partito e il presidente della Regione Lazio, regione laboratorio per l’asse giallorosso.
«L’unità non è solamente aritmetica, vuol dire anche dare credibilità al progetto di alternativa. Altrimenti, se siamo divisi, gli elettori restano a casa perché non ci reputano portatori di un progetto concreto e alternativo di governo. Questo non vuol dire annacquare le identità, ci si allena tra diversi, non tra uguali, altrimenti non servirebbe ad allargare. Abbiamo bisogno della volontà a tutti i costi di lavorare a un compromesso avanzato. Se invece si parte dalla lista delle cose su cui non siamo d’accordo si agisce con l’obiettivo di dividere. Partiamo dalle identità, ma arriviamo a un programma comune per tutelare le fasce più deboli che la destra sta colpendo. In Sardegna, grazie alla linea giusta di Elly Schlein, ci siamo riusciti e abbiamo vinto!».
E riappare alla stessa maniera Francesco Boccia, che in realtà non si è mai eclissato. È stato uno dei registi dell’ascesa di Schlein alla segreteria del Nazareno ed è stato uno dei più leali ministri del governo Conte 2.
Boccia riveste oggi il ruolo di capogruppo al Senato del Pd e non ha mai nascosto di prediligere l’asse con i 5Stelle. «È vero che le elezioni amministrative hanno una valenza locale. Ma se i leader nazionali sono andati a sostenere Truzzu vuol dire che quel voto aveva una valenza nazionale. A me pare che la destra questa mattina si stia arrampicando sugli specchi.
Il risultato di ieri sera ci dice che Solinas aveva lavorato male, ma Truzzu è stato una scelta sbagliata. Il voto di Cagliari nei suoi confronti è stato impietoso. Noi non ci esaltiamo. Abbiamo un lavoro lungo da fare. Oggi al governo c’è una destra che sta mettendo ai margini il nostro Paese in Europa e che, ho l’impressione, si sta chiudendo in un bunker. Scegliendo temi identitari e omettendo temi scomodi che evidentemente hanno fatto pagare un prezzo alla coalizione di destra. Il Pd sì è comportato in maniera responsabile, tenendo unita un’alleanza che ha vinto. In questo anno il Pd ha “cucito” per costruire l’alternativa».
BONACCINI
E che il clima sia favorevole ai vedovi di Giuseppe Conte lo si comprende dalle parole di Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia Romagna assai vicino alle posizioni dei riformisti del Partito democratico che di certo non sono mai stati favorevoli all’alleanza con i Cinque Stelle.
«Non mi convincerebbe un Pd a rimorchio dei 5s – osserva Bonaccini – ma penso che sia necessario un accordo col Movimento. In Abruzzo, dove si vota tra due settimane, c’è unità di tutto il centrosinistra a sostegno di Luciano D’Amico. È un fatto estremamente positivo che va esteso, superando contrapposizioni e veti personali incomprensibili».
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