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Giorgia Meloni

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La presidente del consiglio Giorgia Meloni non ha dubbi e rilancia: il premierato è la madre di tutte le riforme

Quando scoccano le 13.15 il Consiglio dei ministri dà il via libera alla riforma costituzionale che introduce l’elezione diretta del presidente del Consiglio. La riunione scivola via senza alcun momento di tensione. E anche se i due alleati Matteo Salvini e Antonio Tajani avrebbero qualcosa da ridire, non aggiungono nulla alla linea tracciata da Giorgia Meloni. Tutti in conferenza stampa, perché stavolta «dobbiamo inviare all’esterno un messaggio di unità». Meloni al centro, alla destra e alla sinistra Salvini e Tajani. Presenti i ministri competenti come Maria Elisabetta Casellati, madrina delle riforme.

L’introduzione è affidata alla premier: «Negli ultimi 75 anni di storia repubblicana abbiamo avuto 68 governi con una vita media di un anno e mezzo. Questa è la madre di tutte le riforme che si possono fare in Italia, perché se facciamo un passo indietro e guardiamo agli ultimi 20 anni abbiamo avuto 12 presidenti del Consiglio».

GIORGIA MELONI E IL PREMIERATO: LE NOVITÀ

Voltare pagina, archiviare la stagione dei diversi governi nella stessa legislatura, e, va da sé, fare in modo che non ci siano più esecutivi tecnici. «Quando i governi vanno a casa dopo un anno e mezzo c’è una debolezza. Io credo che sia una riforma fondamentale. È una priorità, e proprio perché siamo stabili e forti abbiamo la responsabilità di cogliere questa occasione per lasciare a questa nazione qualcosa che possa risolvere i propri problemi strutturali».
Tutto viene riportato alla stabilità, perché la sua assenza, insiste Meloni, «ha creato un problema di credibilità internazionale».

La riforma, in estrema sintesi, ruota attorno a queste novità:

  • a) elezione diretta del presidente del Consiglio;
  • b) sostituzione del premier da parte di un parlamentare della maggioranza, scenario che potrà avvenire una sola volta. Non è specificato che il premier debba essere eletto in un turno unico. Ciò significa che non è esclusa l’eventualità di un ballottaggio (come avviene nei Comuni);
  • c) legge elettorale con premio di maggioranza del 55% alla coalizione che vincerà le elezioni per garantire stabilità;
  • d) eliminazione dei senatori a vita.

Sorge la domanda: che ne sarà del capo dello Stato? Precisa Meloni: «Il ruolo del presidente della Repubblica è di assoluta garanzia e noi abbiamo deciso di non toccarne le competenze, salvo l’incarico al presidente del Consiglio che viene eletto». L’altro ruolo che resta inalterato, almeno stando alla versione dell’inquilina di Palazzo Chigi, «è quello del Parlamento». Infine, «non ci saranno i senatori a vita, fatto salvo per gli ex presidenti della Repubblica e gli attuali senatori a vita. Dopo il taglio dei parlamentari l’incidenza dei senatori a vita è molto aumentata».

Meloni si dice «fiera», perché l’avvio dell’iter apre le porte alla Terza Repubblica, archiviando definitivamente la stagione dei governi tecnici che la leader di FdI ha sempre avversato: «Vogliamo dire basta alle maggioranze variabili, ai governi tecnici, Questi sono stati un male per la nostra Repubblica».

LA LEGGE ELETTORALE

A questo punto la premier confida «in un ampio consenso in Parlamento, e se così non dovesse essere chiederemo agli italiani che cosa ne pensano con un referendum». Qualunque sia, l’esito del referendum non avrà un impatto sul destino dell’Esecutivo. Insomma, Meloni sembra voler mettere le mani avanti, spersonalizzando la riforma, così da non commettere l’errore che fece Renzi nel 2016. «Noi abbiamo fatto quello che dovevamo fare, abbiamo mantenuto l’impegno che ci eravamo presi: è un’occasione storica che ci porta nella terza Repubblica, ma poi deve sempre essere il popolo a decidere».

Tocca poi alla ministra delle Riforme, Maria Elisabetta Casellati, rispondere alle domande più tecniche. La legge elettorale, per esempio. «È chiaro che serve una legge da adattare alla nuova forma di governo. Ci sarà un’ampia consultazione, come sempre. Ci sarà l’individuazione di una soglia, il 55% resta un’ipotesi minima, potremmo anche superarla». Ballottaggio sì, ballottaggio no. Si rimanda tutto alla riforma della legge elettorale. «Non abbiamo volutamente affrontato la questione del ballottaggio perché riguarda la materia elettorale su cui ci mettiamo a lavorare, e poi è una questione che deve essere vista dal Parlamento. È un tema aperto e io su questo sono laica».

Casellati ripete poi alcuni concetti già espressi dalla premier. Primo fra tutti sottolinea l’importanza del capo dello Stato, con cui c’è stata un’interlocuzione in queste ore, e che «resta e deve restare la figura chiave dell’unità nazionale». Poi la ministra di Forza Italia insiste su un altro concetto: «La proposta poggia su due capisaldi: il primo è quello di dare stabilità ai governi che sinora sono stati 68 in 75 anni con una durata media di 14 mesi; il secondo, restituire voce ai cittadini che per troppo tempo hanno assistito all’irrilevanza del proprio voto, con la formazione di governi tecnici, che ha provocato disaffezione e astensionismo galoppante».

L’OPPOSIZIONE

Sia come sia, la mossa del governo non viene accolta positivamente dall’opposizione. Elly Schlein, la segretaria del Pd, parla di «una riforma pasticciata e pericolosa perché indebolisce nuovamente il Parlamento: è una riforma che limita le prerogative del presidente della Repubblica e smantella la forma parlamentare». In scia l’ex presidente della Camera Roberto Fico dei 5Stelle: «Il premierato meloniano è una riforma pasticciata e approssimativa. Una scelta che non favorirà la governabilità, ma accentuerà gli squilibri del sistema».

Duro anche il calendiano Osvaldo Napoli che solleva una serie di domande: «Come può un premier eletto direttamente dal popolo lasciare che il presidente della Repubblica, eletto dal Parlamento e quindi con un livello di legittimazione inferiore, sia il capo supremo delle Forze armate? E presidente del Consiglio superiore della magistratura?».
Domande inevase che acuiscono la distanza tra maggioranza e opposizione.


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