Il progetto del Ponte sullo Stretto
3 minuti per la letturaLo cerchi e non lo trovi. Il Ponte sullo Stretto, nel testo della Legge di Bilancio, diffuso ieri dal governo, per ora non c’è. Nonostante i proclami del vicepremier, Matteo Salvini e l’annuncio in diretta, durante la conferenza stampa a Palazzo Chigi, dell’avvio dell’apertura dei primi cantieri ad agosto prossimo.
Un vero e proprio giallo che potrebbe essere risolto nei prossimi giorni, quando il testo definitivo della manovra economica del 2024 sarà ufficialmente presentato alle Camere. Un’ eventuale retromarcia sull’opera pubblica-pubblica che lo stesso leader leghista ha trasformato come il simbolo della sua attività, sarebbe clamorosa.
In effetti, l’articolo 64 della bozza del provvedimento dedicato alla cosiddetta “Agenda Sud”, che dovrebbe prevedere anche il finanziamento del Ponte sullo Stretto, fino a tarda sera, era ancora sotto la lente della Ragioneria del Tesoro per verificare le coperture e ottenere la cosiddetta “bollinatura” del Mef. Nella Legge di Bilancio si partirebbe con uno stanziamento di circa 500 milioni utilizzando anche i fondi comunitari, con l’obiettivo di arrivare alla copertura integrale (circa 12 miliardi di euro) con una dote pluriennale e con il ricorso a fonti di finanziamento regionali e comunitarie, anche attraverso gli accordi con la Banca Europea degli Investimenti.
L’assenza, nella prima versione ufficiale della manovra, a qualsiasi riferimento sul Ponte, nascerebbe proprio dalla difficoltà a trovare le giuste coperture all’intera opera. Tanto che nelle ultime ore è emersa anche l’ipotesi di dirottare l’intero problema dei fondi su uno dei provvedimenti collegati alla Legge di Bilancio. Ci vedrà. Il braccio di ferro è continuano fino a tarda sera, dopo le 21, quando il Mef avrebbe dovuto “bollinare” l’intera legge di Bilancio.
Ma non basta. Perchè la manovra del 2024 è stata avara anche per il finanziamento della Zona Economica Speciale Unica che è stata estesa a tutto il Mezzogiorno. Nel mirino soprattutto il credito di imposta, la principale misura di incentivazione degli investimenti, che nelle prime intenzioni dell’esecutivo, avrebbe dovuto avere una copertura almeno triennale e pari a 4,5 miliardi di euro.
Nel testo della Legge di Bilancio, invece, gli sconti fiscali sono riconosciuti nel “limite di spesa complessivo di 1,8 miliardi di euro” e solo per il 2024. L’incentivo prevede anche un altro limite, che nella discussione del decreto Sud attualmente in corso alla Camera, era stato già oggetto di proposte di modifiche bi-partisan.
Nella norma della manovra si fissa, infatti, una soglia minima a 200mila euro per accedere al credito di imposta. L’obiettivo è quello di accrescere la dimensione delle imprese meridionali. Ma, di fatto, esclude dall’agevolazione gran parte delle imprese che, almeno nelle 8 Zes attualmente esistenti, hanno fatto richiesta del credito di imposta: il 70% della platea è composto, infatti, da piccole e medie aziende con un taglio medio degli investimenti molto inferiore ai 200mila previsti dalla legge di Bilancio.
L’incentivo, si legge nel testo, è destinato alle imprese “che effettuano l’acquisizione dei beni strumentali per le strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise”. Escluse le imprese che “operano nei settori dell’industria siderurgica, carbonifera e della lignite, dei trasporti e delle relative infrastrutture, i settori del magazzinaggio e supporto ai trasporti della produzione, dello stoccaggio, della trasmissione e della distribuzione di energia e delle infrastrutture energetiche, della banda larga nonché ai settori creditizio, finanziario e assicurativo”.
L’incentivo può essere chiesto anche per l’affitto o l’acquisto dell’immobile necessario per l’attività produttiva. In questa la quota massima “incentivabile” è pari a 100mila euro. Le imprese beneficiarie “devono mantenere la loro attività nelle aree dell’impianto, per almeno cinque anni dopo il completamento dell’investimento. L’inosservanza dell’obbligo determina la revoca dei benefici concessi”.
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