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Sergio Mattarella

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Quello di fine anno è per il governo italiano un orizzonte grandemente impegnativo: entro il 31 dicembre il cantiere della legge di Bilancio dovrà essere chiuso, pena l’esercizio provvisorio da scongiurare oggi più che mai, visto le fibrillazioni già più che palpabili dei mercati.

E per quella stessa data è atteso il “giudizio” di Bruxelles sulla proposta di revisione del Pnrr presentata alla Commissione Ue – che include anche il nuovo capitolo RepowerEU – i primi di agosto, cui è legata anche la quinta tranche dei finanziamenti europei da 18 miliardi dal momento che il progetto di modifica coinvolge anche gli obiettivi del secondo semestre 2023 che sono stati modificati e ridotti da 69 a 51. «Le due cose viaggiano insieme», ha affermato Raffaele Fitto, plenipotenziario dell’esecutivo su Recovery Plan intervenendo al Festival “L’Italia delle Regioni”, a Torino, dove ha fatto il punto sullo stato dell’arte del progetto italiano, alla presenza del capo dello Stato, Sergio Mattarella, da cui ha incassato i ringraziamenti «per il suo impegno inesausto su questo fronte così impegnativo».

E tra le priorità del Piano di ripresa e resilienza c’è quella distanza ancora siderale tra le due Italie, quella cui il presidente della Repubblica ha dedicato un passaggio importante nel suo discorso di fronte ai governatori: «Le Regioni sono l’asse portante, la colonna vertebrale» del Paese, ma a livello territoriale «vi sono divari che vanno colmati», ha affermato il presidente, tornando a ribadire l’importanza della coesione e della leale collaborazione tra tutte le componenti dello Stato, su una grande varietà di questioni: dal sostegno della sanità pubblica – «patrimonio prezioso da difendere e adeguare», in cui qualcuno ha letto un altolà ad eventuali tagli da parte di un governo a caccia di risorse per la manovra -, alla discussione sull’Autonomia differenziata, fino all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Intanto, si fa sempre più carico di carico di aspettative l’appuntamento con dicembre, “vitale” anche per i conti pubblici. Arrivarci è «un’impresa complessa», di fronte alla quale comunque il ministro Fitto si pone con ottimismo: «Guardo con consapevolezza alla complessità dei passaggi, ma anche con la serenità del lavoro positivo che stiamo mettendo in campo e con il fatto che la proposta di rimodulazione non è un elemento che riguarda un obiettivo o una rata, ma abbiamo compiuto sforzo molto più rilevante di individuare numerosi obiettivi di modifica».

«La scelta che abbiamo messo in campo – è tornato a spiegare – è di avere una visione complessiva. In questa proposta ci sono proposte e assestamento di tutte le rate, fino alla decima». Pertanto, ha rimarcato, «se come credo si definirà entro l’anno il percorso della rimodulazione complessiva del piano e della condizione dei nuovi obiettivi della quinta rata sono convinto che si potranno raggiungere e attivare il meccanismo di richiesta» della relativa tranche da 18 miliardi, ha affermato il ministro.

Nei prossimi giorni la Commissione europea dovrebbe staccare l’assegno con i 18,5 miliardi della terza rata e verrà completata, ha sostenuto il ministro, la verifica dei target e delle milestone della quarta rata modificata – il “restyling”, approvato da Bruxelles, ha interessato 11 obiettivi su 28 -, la richiesta di pagamento intanto è già stata inoltrata e «siamo fiduciosi che questo possa accadere entro il 31 dicembre di quest’anno». Il quadro della scadenze illustrato da Fitto per ora si chiude quindi con le altre due importantissime: «la rimodulazione complessiva del piano, sul quale siamo in un confronto costante con la Commissione europea e speriamo di chiudere anche questo entro l’anno, e nel frattempo al 31 dicembre contiamo di raggiungere gli obiettivi della quinta rata».

Nel frattempo bisogna spingere sull’attuazione e arrivare al risultato richiede il contributo di tutti. A Torino il ministro ha chiamato allo sforzo comune le Regioni, messe da parte nella fase di predisposizione del piano, «e non è stato il massimo»: E’ «fondamentale – ha sostenuto – che sul fronte dell’accelerazione della spesa e della semplificazione si apra un terreno di proficua e positiva collaborazione» e un uso efficace delle risorse richiede «una visione d’insieme» e una «strategia per fare in modo che complessivamente, in ambito locale e nazionale» vada in questo senso.

Quella del Pnrr «è una sfida molto complessa e articolata, ma se saremo tutti insieme e tutti uniti sono convinto che riusciremo a raggiungere questo risultato», è stato l’appello. In ballo c’è anche quella crescita messa a dura prova dall’inflazione e dai tassi che tentano di frenarne la corsa, la guerra, la crisi energetica. L’Italia frena come frena l’economia globale. E il nostro debito monstre “inquieta” i mercati. Accanto ai 68 miliardi di euro a fondo perduto, il Pnrr ne impiega 122 a debito, cui si affiancano anche i 30 miliardi del Fondo complementare nazionale. «È evidente che se non si interviene nell’impostazione della qualità della spesa non si può accompagnare la fase della crescita e diventa molto complesso ipotizzare poi un rientro rispetto al debito che è stato contratto», ha puntualizzato il ministro.


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