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Giorgia Meloni

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Le porte dell’Assemblea nazionale di Fratelli d’Italia, al Centro convegni Roma Eventi di via Alibert – a pochi passi da piazza Spagna – rimangono chiuse. Tutto blindato. I dirigenti meloniani escono solo per una boccata d’aria o al più per una sigaretta. I cronisti cercano di carpire una mezza frase. Come succedeva negli anni furenti della Prima Repubblica, il confronto tra Giorgia Meloni – premier e presidente di Fd’I – e gli oltre 400 delegati rimane circoscritto alle pareti della sala convegni. O almeno sembra così in prima battute.

Dopo un po’ di attesa, iniziano a uscire dispacci che raccontano una Meloni scatenata dal primo all’ultimo minuto della relazione. È infuriata con gli avversari politici – Pd e Conte in testa – ed è dunque determinata a rimandare al mittente qualsiasi accusa: «In questi mesi – tuona – si è visto di tutto. Le continue campagne finto scandalistiche, i dossieraggi, le continue richieste di dimissioni di questo o quell’altro». E ancora, «fango gratuito perfino sui familiari».

Nelle prime file c’è lo stato maggiore del partito: da Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione, a Ignazio La Russa che rinuncia a presiedere l’Assemblea. Da Francesco Lollobrigida alla moglie di quest’ultimo, Arianna Meloni, nominata responsabile della segreteria politica. Di fatto, l’assise ha uno scopo: trasformare Fd’I da forza di opposizione a partito di governo e tracciare la strada dei prossimi appuntamenti elettorali. Operazione riuscita? Non si direbbe dai toni e dai contenuti della lunghissima relazione di Meloni che ricordano gli anni dell’opposizione. «Forse perché i nostri non hanno ancora cambiato spartito e Giorgia si è dovuta adattare» teorizza un superdirigente meloniano.

Esempio, la difesa nei confronti della sorella Arianna è plateale: «Si è parlato di Arianna Meloni, militante da quando aveva 17 anni, sempre penalizzata dal fatto di essere mia sorella. Hanno volutamente e strumentalmente confuso un ruolo organizzativo come quello di segreteria politica con quello di segretario di Fratelli d’Italia». La presidente del Consiglio a questo punto non intende fermarsi: «Continueremo a non rispondere a queste provocazioni. Non abbiamo tempo per giocare con loro alla lotta nel fango, perché siamo impegnati a volare alto e a guardare lontano, ai progetti a lungo termine, da costruire mattone dopo mattone.

E a dare all’Italia una strategia che non aveva da anni, un orgoglio che aveva dimenticato, una stabilità che è alla base di ogni, vero, cambiamento possibile». Nel giorno dell’orgoglio «meloniano» la «Capa» se la prende con una certa opposizione colpevole di «gufare» agli insuccessi della maggioranza. «Mi fa abbastanza arrabbiare vederli esultare a ogni minima difficoltà dell’Italia. Nell’ultimo trimestre il nostro Pil ha avuto una leggera contrazione e loro hanno esultato come per un gol alla finale dei Mondiali.

Gente che tifa contro l’Italia, che stappa le bottiglie esultando dai balconi se c’è una flessione del Pil. Eppure, i dati macroeconomici ci danno ragione. Siamo in una congiuntura economica difficile, ma abbiamo raggiunto alcuni record, di occupati e di contratti stabili. E le stime del Pil italiano, con tutta la revisione, sono al di sopra della media europea». In questa situazione non sarà facile affrontare la manovra finanziaria, vero banco prova del governo. Meloni conferma che le risorse saranno limitate e conferma altresì che l’esecutivo punterà «ad aiutare le famiglie, chi ha redditi bassi» senza perdere di vista il nodo «sanità».

Rivendica la tassa sugli extraprofitti delle banche che non è stata gradita dai mercati e dall’Europa: «Hanno avuto da ridire perfino sulla tassazione agli extraprofitti delle banche. Sapete perché? Perché loro non hanno avuto il nostro stesso coraggio. Ma io difendo e difenderò quel provvedimento, che non ha un intento punitivo, e che racconta la fine di uno Stato forte con i deboli e debole con i forti. È una norma giusta e vi invito a difenderne le finalità nel corso della conversione del decreto-legge».

Poi un monito: «Il dibattito politico sarà ancora più feroce, gli attacchi si moltiplicheranno, le trappole e i tentativi di disarcionarci anche. Per due ragioni: la prima è che questa stagione si chiuderà con le elezioni europee; la seconda è che, legandolo ai prossimi traguardi, noi non ci accontentiamo di aver vinto le elezioni».

Una sfida che Meloni e il suo governo porteranno avanti assiema al Piano Mattei, dossier legato alla questioni migranti su cui – osserva la presidente del consiglio «non ci sono in campo soluzioni effimere ma strutturali e ci riusciremo. Ci vorrà più tempo ma saranno poi durature». In tutto questo peserà il rapporto con gli alleati che già in queste ore inizia ad essere complicato. «Noi siamo al governo della Nazione e per noi fare gli interessi dell’Italia è prioritario. E sono certa che anche i nostri preziosi alleati di governo siano consapevoli del fatto che il peso che tutti insieme abbiamo sulle spalle è talmente grave da non consentirci di sprecare energie in eventuali atteggiamenti egoistici di qualsiasi genere. Tutto quello che abbiamo da dare lo dobbiamo dare agli italiani, nei quali abbiamo sempre creduto».

Quanto alla sua leadership all’interno del partito, «fin quando voi non deciderete di sostituirmi io eserciterò quel ruolo. E io intendo continuare a fare il presidente di Fratelli d’Italia». Del congresso se ne riparlerà dopo le elezioni europee, «farlo prima sarebbe un errore». D’altro canto, il partito è in salute: «Abbiamo raggiunto obiettivi impensabili in Italia, potremmo farlo anche in Europa». Massimo impegno, dunque, in vista del rinnovo del Parlamento europeo. Il vero obiettivo di «Giorgia» resta quello di massimizzare i consensi dei conservatori europei, così da ridisegnare gli equilibri tra Bruxelles e Strasburgo. Su queste note conclude l’intervento tra gli applausi con la citazione di uno dei più grandi successi di Lucio Battisti «Non sarà un’avventura».


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