Sergio Mattarella, Ignazio La Russa e Giovanni Fontana
3 minuti per la letturaDA ANNI l’alto Colle lamenta l’abuso della decretazione d’urgenza. Era già successo con altri capi dello Stato negli anni del secondo e del terzo governo Berlusconi. Ed era ancora accaduto con i successivi esecutivi di centrosinistra. Eppure, il governo Meloni sembra voler battere ogni record, perché al momento ne sta producendo in media uno alla settimana. La cosa, va da sé, non è stata gradita al Quirinale. Anche perché, come dicono diversi costituzionalisti, «un governo che ha una maggioranza piena alla Camera e al Senato non ha la necessità di fare troppi decreti». A ciò si aggiunge un’altra questione: una volta incardinato in Parlamento il provvedimento viene emendato fra Camera e Senato con norme che il più delle volte non c’entrano niente con il decreto. Insomma, in un amen un decreto può trasformarsi in un decreto omnibus con il rischio di alterare l’omogeneità di fondo del provvedimento.
Da qui l’intervento di Sergio Mattarella che ha voluto incontrare i presidenti di Montecitorio e Palazzo Madama, ovvero Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa. Un incontro di routine che non è stato drammatizzato da entrambe le parti. Però l’incontro c’è stato e il piatto forte è stato: troppi decreti e con emendamenti spesso fuori tema. Come conviene alla tradizione, dal Quirinale non è filtrato alcunché sui contenuti del colloquio. Né tantomeno seconda e terza carica dello Stato hanno fatto sapere qualcosa. Di sicuro, un confronto c’è stato. E di sicuro, da ora in avanti, Mattarella si aspetterà che Fontana e La Russa intervengano quando è necessario. I due, a quanto filtrato, hanno ascoltato l’inquilino del Colle dando disponibilità che in futuro si attiveranno. Non dovranno ripresentarsi situazione come quelle della scorsa settimane sul decreto bollette che un attimo prima del voto finale è stato ripulito da emendamenti che non c’entravano nulla con il provvedimento. D’altro canto, troppi emendamenti durante l’esame parlamentare rischiano di stravolgere i decreti legge rispetto ai testi di ingresso. Ecco perché non solo dovrà esserci un’operazione di controllo da parte dei vertici di Montecitorio e Palazzo Madama, ma avranno un ruolo centrale i presidenti delle Commissioni parlamentari che dovranno rispedire al mittente le richieste di modifica che non hanno nulla a che fare con il decreto.
La presa di posizione del Capo dello Stato è stata apprezzata dal Pd. E in particolare dal capogruppo al Senato, Francesco Boccia «Ringraziamo il presidente Mattarella per l’appello rivolto ai presidenti delle Camere affinché sia ridotto l’uso della decretazione d’urgenza da parte del governo, resa ancora più caotica da numerosi emendamenti sempre della maggioranza che stravolgono gli stessi decreti» fa sapere Boccia. Che, in una nota, insiste: «Siamo ormai in una situazione fuori controllo: il Consiglio dei ministri sforna ormai un decreto a settimana, 27 contro solo 5 leggi ordinarie, e quasi sempre i decreti contengono tematiche disomogenee tra loro, con norme che non riguardano l’argomento del provvedimento. Dopo il Milleproroghe, il Dl Rave, il Dl Carburanti, il Dl Ong, il Dl Cutro, quello sul Ponte sullo stretto, l’ultimo caso e’ proprio il Dl bollette approvato ieri in Senato. Per ogni bandierina di propaganda arriva un decreto pasticciato e pieno di norme incomprensibili. E dopo soli 7 mesi di legislatura il governo ha posto 16 volte la fiducia, un record». Ecco perché, conclude Boccia, «l’appello lanciato ieri dal Capo dello Stato a ridurre la decretazione d’urgenza e l’invito ai presidenti delle Camere ad un controllo piu’ accurato dei provvedimenti e’ sacrosanto e speriamo venga accolto dalla maggioranza fin qui silente».
Dalla maggioranza nessuno proferisce parola. Eppure, nel Transatlantico di Montecitorio l’imbarazzo delle truppe di Meloni è palpabile. A taccuini chiusi, qualcuno giustifica l’azione dell’esecutivo così: «Ormai è la prassi, succedeva anche con i governi di centrosinistra». Tutto vero. Però questa volta c’è stato un eccesso nell’eccesso. Fontana e La Russa sono avvertiti. E Mattarella, da garante della Costituzione, non vorrebbe arrivare a bocciare i decreti.
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