Giorgia Meloni ed Elly Schlein
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Parte il confronto sulle riforme costituzionali, la premier Giorgia Meloni incontra le opposizioni tra porte chiuse ed aperture
Il primo giro di consultazioni con Giorgia Meloni presente finisce con un pareggio. Non prevale nessuno, come si direbbe in gergo calcistico. «Le squadre si sono affrontate ma senza sbilanciarsi. La premier ha lasciato che gli avversari tirassero in porta… ma la porta era sigillata…» scherza uno che frequenta la war room di Palazzo Chigi.
Tutto inizia attorno alle 13. Le consultazioni si svolgono nella cosiddetta “Biblioteca del presidente” a Montecitorio. Primo a varcare l’ingresso è Giuseppe Conte. Insieme a Meloni ci sono i vicepremier Tajani e Salvini, la ministra per le Riforme, Elisabetta Casellati, quello per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, e i sottosegretari alla presidenza Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari.
CONFRONTO RIFORME, DA CONTE 11 PROPOSTE
Non si sono mai amati Conte e Meloni. All’epoca dei governi presieduti dall’avvocato del popolo, la leader di FdI non la mandava mai a dire. Eppure l’inquilina di Palazzo Chigi ha l’obiettivo di rompere fronte dell’opposizione. Non è dato sapere se ci riuscirà o meno. Certo è che «ci proverà, perché le regole del gioco si scrivono con gli avversari o con una sua parte». L’opposizione è divisa su diversi temi.
Ragion per cui l’incontro può spostare gli equilibri da una parte o dall’altra. Conte la mette così: «Il M5S è contrario a presidenzialismo e premierato». Un no secco cui segue una mezza apertura: «Siamo disponibili, per quanto riguarda il metodo, al dialogo in una commissione parlamentare costituita ad hoc, raccomandiamo questo percorso».
Poi, dopo un’ora e venti minuti di confronto con la premier, Conte aggiunge: «Abbiamo condiviso una diagnosi su alcune criticità, riconosciamo queste criticità a partire dal problema dell’instabilità degli esecutivi, è un problema che dovremo risolvere, ma non è emersa una condivisione sulle soluzioni».
Il leader dei Cinque stelle consegna inoltre alla premier «11 proposte specifiche, volte a evitare cambi di casacca, a promuovere anche una maggiore partecipazione dei cittadini grazie al rafforzamento degli istituti referendari propositivi».
Dall’altra parte Meloni risponde così: «Credo che il tema sia esattamente questo: l’instabilità non consente di avere una visione di lungo periodo, che è fondamentale per una strategia, soprattutto nel mondo globalizzato, ed è fondamentale per concentrare risorse sugli investimenti utili a quella strategia, cosa che una politica che ha poco tempo non può fare. Questa è la ragione per la quale dobbiamo mettere le mani alle riforme istituzionali, lo dico anche rispetto a chi dice che questa non è una priorità: credo che invece sia la più potente riforma economica che possiamo realizzare».
IL TERZO POLO SULLE RIFORME APRE AL CONFRONTO
L’altro incontro carico di significato è quello con il Terzo Polo. La delegazione di Italia Viva e Azione, dopo le tensioni delle scorse settimane, si presenta compatta con Carlo Calenda e Maria Elena Boschi. Meloni in questo caso si aspetta un segnale, perché la compagine centrista fino a oggi si è sempre mostrata aperturista sul tema delle riforme costituzionali. Non a caso Calenda apre: «Siamo disponibili a collaborare per l’ovvia ragione che anche noi condividiamo l’esigenza di avere maggiore stabilità dei governi e l’esigenza di avere una maggiore efficienza dell’apparato complessivo. Una collaborazione possibile per noi c’è».
Fatta questa premessa, il leader di Azione definisce il perimetro entro cui si può costruire una collaborazione con la maggioranza di governo: «Per noi c’è una linea rossa assoluta che è la figura di garanzia di unità nazionale del presidente della Repubblica, l’unica istituzione che garantisce l’unità, toccarla sarebbe un errore grave. Siamo favorevoli all’indicazione del presidente del Consiglio sul modello del sindaco d’Italia». Gli fa eco Maria Elena Boschi che fa oltretutto sapere che nel corso del confronto non si è parlato di legge elettorale: «Non faremo, ora che siamo noi all’opposizione, quello che lei fece a noi quando eravamo al governo: nessuna opposizione pregiudiziale. Poi siamo aperti al ricorso di ogni strumento per fare le riforme, va bene la Commissione o il 138».
LE CHIUSURE DEL PD
Alle 18.50 è il turno di Elly Schlein, segretaria del Pd. Prima di presentarsi al faccia a faccia la numero uno del Nazareno mette in chiaro ai microfoni del Tg3 che «porteremo alcune nostre proposte che tengono insieme un rafforzamento della stabilità ma anche della rappresentanza. Per prima cosa dobbiamo cambiare questa legge elettorale, basta con i listini bloccati, e poi si può ragionare della sfiducia costruttiva e si possono rafforzare gli istituti referendari e le leggi di iniziativa popolare».
Insomma, anche il Pd chiude su elezione diretta del capo dello Stato o comunque sul premierato. Quanto alla Bicamerale, Schlein risponde così: «Lo strumento del confronto saranno loro a stabilirlo. A noi più che lo strumento ci interessa la qualità e il perimetro del confronto. Se hanno già deciso come va a finire non è un vero confronto, sarebbe difficile discutere di riforme se loro continuassero ad andare dritti su alcune riforme come l’autonomia differenziata a cui noi siamo contrari». Insomma, zero e zero. E palla al centro.
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