Roberto Cingolani
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Il Governo Meloni chiude la partita delle nomine. Eni, Descalzi ad e Zaffarana presidente. Leonardo, Cingolani ad e Pontecorvo presidente
Alla fine l’accordo è stato trovato. Ed è vero che c’è voluto un giorno in più. Ma, come confidano a Palazzo Chigi, «la partita era delicata e complicata». D’altro canto, si sapeva che incastrare il puzzle delle nomine delle società partecipate dello Stato, da Eni a Enel, passando per Terna, Leonardo e Poste, non sarebbe stata una passeggiata. L’inquilina di Palazzo Chigi si è confrontata fino alla tarda notte di martedì con Matteo Salvini e Antonio Tajani. Un confronto che è proseguito per tutta la giornata da ieri. Solo alle 19.52 arriva l’ufficialità.
«È fatta» sorridono i parlamentari di maggioranza che sono in collegamento telefonico con Palazzo Chigi. Tutti felici? La soluzione raggiunta stempera la tensione dei giorni scorsi e riesce a tenere insieme i vari attori della maggioranza. In Eni non c’è nessuna sorpresa: viene confermato come amministratore delegato l’uscente Claudio Descalzi, il presidente sarà il generale Giuseppe Zafarana, profilo quest’ultimo che non dispiace ai leghisti.
LE NOMINE DEL GOVERNO MELONI
Un’altra conferma è quella di Matteo Del Fante alle Poste, mentre alla presidenza andrà Silvia Rovere. La novità di giornata è rappresentata dal nuovo ad di Enel. Sarà infatti Flavio Cattaneo, fino ad oggi vicepresidente dei treni di Italo, a guidarla. Nei giorni scorsi proprio per questa casella veniva dato in pole Stefano Donnarumma, ex ad di Terna e assai vicino al mondo grillino. Un braccio di ferro, quello su Enel, che ha visto prevalere la Lega di Salvini che ha puntato fin dall’inizio le proprie fiches su Cattaneo.
Il presidente di Enel sarà Paolo Scaroni, oggi alla guida del Milan, e per molti anni ai vertici di Eni e Enel. Quanto a Leonardo, toccherà all’ex ministro del governo Draghi, Roberto Cingolani, Come presidente, invece, Stefano Pontecorvo, ambasciatore di lungo corso e rappresentante Nato in Afghanistan. In tutto questo le nomine di Terna saranno comunicate domani da Cassa depositi e prestiti. E in pole come amministratore delegato c’è Giuseppina Di Foggia.
UN ACCORDO DIFFICILE MA CERCATO A LUNGO E ALLA FINE TROVATO
Come si diceva all’inizio, non è stato facile trovare la quadra. Eppure fin dalle prime ore del pomeriggio nei palazzi della politica si diffonde la notizia che l’accordo sarebbe stato chiuso. Tutto si risolve, grazie all’ingresso di Flavio Cattaneo come ad di Enel, caldeggiato da via Bellerio, che non gradiva Stefano Donnarumma. E anche perché sempre su Enel entra come presidente Claudio Scaroni, su cui si sono spesi Gianni Letta e Forza Italia. Ed è per tal ragione se per tutta la mattinata le tensioni dei giorni scorsi restano sul tavolo, nonostante da più parti nella maggioranza di governo si cerchi di dissimulare. Attorno a mezzogiorno Antonio Tajani, coordinatore di Forza Italia e vicepremier, veicola un messaggio distensivo.
«Quello che conta è la competenza non è la lottizzazione. Le proposte vengono valutate in base alla qualità». Parole che forse preconizzano che di lì a poco sarebbe arrivata la pax all’interno della maggioranza. I leghisti sono i più indiavolati, perché l’inquilina di Palazzo Chigi, almeno stando alle loro ricostruzioni, si sarebbe presa tutto lasciando agli azionisti di minoranza le briciole. «È nato l’impero Meloni» lamenta un salviniano che ha i gradi al braccio. D’altro canto, martedì Riccardo Molinari, capogruppo alla Camera di via Bellerio e voce assai ascoltata dal Capitano, è stato fin troppo chiaro: «La scelta dei vertici delle società dello Stato quotate è una partita che sta seguendo direttamente il nostro segretario Salvini con Giorgia Meloni e Tajani e credo Gianni Letta per Forza Italia. È chiaro che sarebbe bizzarro che sulle partecipate a scegliere sia un solo un partito».
NOMINE GOVERNO MELONI, IL SOTTILE MALUMORE NELLA MAGGIORANZA
E che questo malumore sia diffuso in ambienti leghisti lo si comprende dalle dichiarazioni di un altro leghista di peso, come Massimiliano Romeo, ai microfoni di Rainews24: «È normale che sulle nomine ci siano rivendicazioni ed una discussione. Ci sta che il presidente del Consiglio abbia voglia di dare un indirizzo chiaro. L’importante è che poi ci sia una giusta condivisione delle scelte con gli altri partner della maggioranza». Dopo qualche ora Romeo torna sul tema, ospite di Un giorno da pecora: «Le nomine delle partecipate? È chiaro che il presidente del Consiglio giustamente deve dare un po’ il suo indirizzo, poi le cose vengono condivise ed il risultato sarà di tutto il governo, come abbiamo sempre fatto. Le parole di Molinari? Ogni tanto qualche puntino sulle ‘i’ si può anche mettere, ma sempre con garbo, senza creare nessun problema al governo».
Insomma, pian piano i toni si abbassano, segno che qualcosa sta mutando. Non a caso, Francesco Lollobrigida, ministro di fede meloniana, la mette così: «A me sembra che il clima sia molto sereno e tutte le forze della maggioranza stanno lavorando in termini sinergici per arrivare alla scelta e all’individuazione delle persone migliori, perché, in particolare sulle quotate, l’elemento di garanzia deve essere l’alto livello delle figure professionali che incarnano dei ruoli».
Lollobrigida non solo respinge le indiscrezioni su liti all’interno della maggioranza ma esalta il confronto nell’esecutivo: «C’è un lavoro corale per la ricerca di persone, delle figure più rappresentative che, confermate o ricercate nell’ambito delle competenze, possano al meglio possibile gestire un sistema che metta l’Italia in grado di essere competitiva da ogni punto di vista». Insomma, ora dopo ora tutto volge verso l’accordo. «Abbiamo trovato la quadra» filtra nel primo pomeriggio nel Transatlantico di Montecitorio. «Entrano Cattaneo e Scaroni» tirano un sospiro di sollievo i leghisti. E vissero tutti felici e contenti.
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