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Nessuno potrà ereditare Forza Italia da Silvio Berlusconi. Lo stato di salute dell’anziano leader ha riaperto in questi giorni il tema della successione. Così, l’uomo che ha forgiato nel bene e nel male la politica italiana della cosiddetta Seconda Repubblica ritorna al centro del dibattito pubblico.

Ma è meglio fugare ogni dubbio. Forza Italia è un giocattolo del suo creatore. Nata come associazione nel giugno 1993, ormai quasi trent’anni fa, Forza Italia deve il suo nome allo slogan utilizzato dalla Democrazia Cristiana alle elezioni del 1987 e inventato da Marco Mignani, il creativo che invento la “Milano da bere” dell’Amaro Ramazzotti e tanti altri claim di successo.

FI PARTITO PATRIMONIALE

L’adozione di uno slogan Dc per il nome del partito la dice lunga sulla scelta di campo di Berlusconi. Una collocazione sottolineata anche dalla scelta della sede centrale, aperta non a caso in un palazzo in via dell’Umiltà a Roma, lo stesso che ospitò la sede del Partito Popolare fondato da Luigi Sturzo.

A differenza dei suoi avi immaginari, però, Forza Italia è fin dall’inizio un partito personale e patrimoniale, proprio nel senso di rappresentare un pezzo del patrimonio del Cavaliere. Forza Italia, pertanto, non ha mai svolto quei congressi che nella Dc erano il palcoscenico della lotta politica: l’arena dove ogni volta la leadership del segretario di turno poteva essere messa in discussione.

Nella sua trentennale storia, Forza Italia ha svolto solo convention, eventi celebrativi basati sulla convocazione dei militanti per acclamare il leader indiscusso e perpetuo. Anche oggi, pertanto, Berlusconi continua a governare la sua creatura dal letto di un ospedale, né la sua successione può diventare oggetto di discussione all’interno di un organismo dirigente.

D’altra parte, il “corpo del capo” è stato il segno distintivo della vicenda politica del Cavaliere. Berlusconi ha offerto il suo corpo al pubblico fin dal momento della fondazione e della “scesa in campo” che lui stesso presentò come una sorta di incarnazione riluttante nei miasmi della politica italiana, quasi un sacrificio umano che lui non avrebbe mai voluto compiere.

Poi, Berlusconi è stato il corpo trafitto di San Sebastiano nella lotta quasi religiosa contro la magistratura. È stato il volto colpito con una statuetta souvenir in Piazza Duomo a Milano. È stato il corpo delle “cene eleganti” là dove il capo recitava la sua potenza seduttiva e sessuale. È oggi, infine, il corpo malato dell’anziano patriarca, ancora vigile e presente, ma bisognoso delle cure del suo residuo “popolo”. In tutto ciò, il ruolo di Forza Italia è ridotto al contenitore di un così straripante contenuto.

IMPLOSIONE IN ARRIVO

L’interrogativo, semmai, riguarda l’interesse della famiglia a sostenere il partito anche dopo che il patriarca non sarà più nelle condizioni per farlo. Nessuno ha la risposta in tasca, non c’è dubbio, eppure è difficile credere che i figli di Berlusconi possano rinunciare sia al credito accumulato nei confronti di buona parte del centrodestra italiano, sia a quella rendita di posizione che permette loro di continuare a difendere gli interessi della casa presso il presente governo.

Se poi ci si sofferma sulla sorte dei singoli esponenti del partito, non sembra possibile immaginare un esito diverso dalla diaspora. Un processo già iniziato da tempo, in concomitanza con il progressivo declino del leader. L’elenco dei transfughi da Forza Italia a Fratelli d’Italia è già lungo e riporta anche dei nomi celebri. È destinato ad allungarsi ulteriormente. Appena il corpo del capo non sarà più capace di reggere l’incarico, il contenitore Forza Italia si sgonfierà perché rimarrà vuoto.

Resterà in circolazione, però, ancora una parte delle idee e degli elettori azzurri. E se è vero che, nel corso degli anni, le distanze tra gli elettorati e tra i ceti dirigenti delle tre principali forze del centrodestra sono progressivamente diminuite, qualche differenza ancora resta. La vera partita si gioca qui e riguarda la futura leadership del centrodestra, l’assetto dei rapporti di forza (è possibile un partito unico?), l’evoluzione ideale e culturale che ne potrebbe derivare.

Populista originaria come Berlusconi, Giorgia Meloni sembra aver già compiuto la prima trasformazione decisiva nella direzione di un’Europa atlantica in versione conservatrice, la stessa che ha tutto sommato caratterizzato il Cavaliere al netto delle relazioni pericolose intrattenute  con Vladimir Putin.

Il peso di Palazzo Chigi, l’eredità di Mario Draghi e l’esattezza della collocazione costituzionale di Sergio Mattarella hanno esercitato la loro influenza. Dal canto suo, Meloni ha messo in fila, sul piano internazionale, alcune operazioni importanti. In Europa, è dal 2020 la presidente del Partito dei conservatori e riformisti europei (Ecr) che rappresenta la destra di governo euroscettica e antifederalista, ma si distingue dal raggruppamento più estremo al quale aderiscono Lega e Front national di Le Pen.

Raffaele Fitto, ex democristiano, ex governatore della Puglia e oggi ministro del Pnrr, la ripara dallo “stigma” sovranista all’Europarlamento. Inoltre, il raggruppamento europeo tiene rapporti con i maggiori partiti conservatori del mondo, dai Repubblicani negli Usa al Likud israeliano.

LE MOSSE DI GIORGIA

Giorgia Meloni ha anche rafforzato i rapporti con i conservatori americani, superando la vecchia fascinazione per il circuito trumpista più stretto. In passato è stato il ministro Adolfo Urso a lavorare per accreditare FdI oltreoceano, grazie anche all’esperienza maturata alla guida del Copasir. Altri tessitori di peso sono Andrea Delmastro e Giulio Terzi di Santagata.

La netta presa di posizione della Meloni sulla guerra in Ucraina, con una condanna senza appello di Vladimir Putin, deriva proprio da questo milieu e sta svolgendo un ruolo nella collocazione internazionale di Meloni. Forte di questo posizionamento, Meloni mostra di avere più agibilità politica rispetto a Matteo Salvini e si prepara a creare le condizioni per un rapporto sempre più stretto con il Partito popolare europeo.

Con queste premesse la prospettiva di un avvicinamento di Meloni verso il Ppe diventa realistica e potrebbe creare delle novità rilevanti nel sistema politico italiano ed europeo.


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