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Giorgia Meloni

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Oltre 3000 emendamenti e molti nodi da sciogliere in tempi strettissimi, Giorgia Meloni vara la cabina di regia per velocizzare la manovra

Sulla legge di bilancio “bisogna fare presto, senza perdere tempo”: Giorgia Meloni spinge sull’acceleratore durante il vertice di maggioranza convocato ieri a Palazzo Chigi per fare il punto su una manovra ancora work in progress quando mancano una ventina di giorni alla deadline di fine anno, che in mancanza dell’ok delle Camere farà scattare l’esercizio provvisorio. Per questo la presidente del Consiglio dà il via libera alla costituzione di una cabina di regia, sollecitata dai partiti di governo, per sciogliere i nodi ancora aperti, concordare le modifiche. E stringere i tempi. Da sbrigliare c’è anche la matassa di 3.104 emendamenti presentati ieri pomeriggio in Commissione Bilancio alla Camera: 617 sono “firmati” dai partiti di maggioranza.

MANOVRA, CABINA DI REGIA SÍ MA L’IMPIANTO NON SI TOCCA

L’impianto non si tocca, sostiene la presidente del Consiglio con accanto il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, facendo poi il punto su alcuni dei provvedimenti più discussi, in primis l’innalzamento del tetto sul contante fino a 5mila euro. Su questo punto è categorica: indietro non si torna anche perché, afferma durante il vertice di maggioranza, “quando era a 5mila euro, nel 2010, è stato l’anno con l’evasione più bassa”.

L’eco delle “osservazioni” di Bankitalia circa il rischio di indebolire il contrasto all’evasione risuona ancora a Palazzo Chigi. E anche quando si tocca il tema “pos” con i partiti di governo prima, con i sindacati subito dopo, Meloni insiste nel sostenere che le “polemiche sono strumentali”, “non c’è nessuna contrapposizione tra il Pos e l’evasione”. Nella manovra “non c’è nessun segnale di lassismo sull’evasione”.

Sul pagamento elettronico comunque apre alla possibilità di abbassare la soglia oltre la quale scatta per l’esercente l’obbligo di accettare il pagamento elettronico: “Ci possiamo lavorare, ma andiamo avanti senza snaturare la norma”, dice, sottolineando che un peso avrà anche l’esito del negoziato con la Commissione europea. Ma il governo, afferma, “intende andare avanti”, anche perché su questo punto “i traguardi del Pnrr sono già stati raggiunti”. E’ poco probabile che Meloni lo abbia ribadito incontrando Ursula von der Leyen a Milano per la prima alla Scala, cui ha preso parte insieme al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

NIENTE MODIFICHE PER REDDITO DI CITTADINANZA E SUPERBONUS

Niente modifiche anche sul reddito di cittadinanza e sulla riduzione del Superbonus dal 110% al 90% – previsto nel Dl Aiuti quater – è la linea. Sul primo il dibattito nel Paese mantiene toni elevati, soprattutto dopo le minacce di morte alla premier e a sua figlia via Twitter di cui, secondo quanto emerge dalle indagini della polizia, sarebbe responsabile un disoccupato siciliano di 27 anni, percettore del sostegno. Nell’esprimere solidarietà alla premier Licia Ronzulli, capogruppo di Forza Italia al Senato, parla di “mani armate da cattivi maestri”, non fa nomi ma nel suo mirino non può che esserci Giuseppe Conte, il leader dei Cinque stelle.

Ieri anche la Cei e la Caritas sono scese in campo per difendere lo strumento che “ha supportato numerose famiglie che si rivolgono ai servizi della Caritas”, dicendosi pronte a dare il proprio contributo per migliorarlo.

Sul Superbonus – per cui, rileva Enea, le detrazioni a carico dello Stato sono arrivate a sfiorare i 64 miliardi alla fine di novembre – Forza Italia chiede di “sbloccare i crediti”, oltre al tema della riapertura dei termini. “Non è che vogliamo prorogare di sei mesi – chiarisce il capogruppo alla Camera Alessandro Cattaneo – ma siccome i termini sono stati accorciati dal 31 dicembre al 25 novembre, creando disagi a famiglie e imprese, vogliamo semplicemente che quando lo Stato prende degli impegni li mantenga”.

RESTA APERTA LA DISCUSSIONE SU DIVERSI TEMI MA IL TEMPO STRINGE

Sul tavolo anche l’ipotesi di una minor indicizzazione delle pensioni più alte per portare a 600 euro le pensioni minime per gli over 75. Da definire restano poi ancora opzione donna, il congedo parentale con la retribuzione dell’aspettativa obbligatoria all’80% dello stipendio che si vorrebbe non solo per le madri lavoratrici ma potenzialmente a beneficio di entrambi i genitori, la norma sulla decontribuzione per chi assume giovani che si propone di portare da 6 ad 8 mila euro. Su questi temi la discussione nella maggioranza è ancora aperta. E il tempo stringe.

OLTRE 3000 EMENDAMENTI ALLA MANOVRA CHE LA CABINA DI REGIA DOVRÀ GESTIRE

C’è anche la macchina dei 3.104 emendamenti da gestire. La maggioranza ne ha depositati 617 e tra questi ci sono le questioni su cui la cabina di regia – alla cui guida sarebbe stato indicato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida – dovrà trovare la quadra. In particolare, Forza Italia ha presentato 136 emendamenti, Fratelli d’Italia 285, Lega 151, Noi moderati 45.

Le opposizioni invece propongono 2.480 modifiche alla manovra: Partito democratico 957, M5s 772, Alleanza Verdi e Sinistra 191, Azione Italia viva 311, il Misto 23, Misto +Europa 93, Minoranze linguistiche 133). Dalle commissioni ne sono arrivati 7. Entro domenica, alle 15, dovranno essere selezionati i testi segnalati, ripartiti in 200 per la maggioranza e 250 per le opposizioni. E il tesoretto a disposizione per le modifiche è di 400 milioni. Dal 15 al 18 dicembre è in calendario il voto degli emendamenti in Commissione, poi dal 20 il testo approderà nell’aula di Montecitorio.

SULLA MANOVRA IL PD ATTACCA IL GOVERNO «È CONTRO IL SUD»

Intanto il Pd accusa l’esecutivo di essere “contro il Sud” e annuncia di aver depositato una serie di emendamenti per la fiscalità di vantaggio sul lavoro nel Mezzogiorno e per rilanciare le misure di politica industriale regionale, a partire dalla decontribuzione e gli incentivi fiscali delle aree Zes. Il Movimento 5 stelle anticipa invece le richieste di modifica “per invertire radicalmente la rotta, in favore di persone in difficoltà e per una maggiore equità fiscale”. Mentre la sinistra di Avs avrebbe formulato proposte per lo stop alla riattivazione della società Ponte sullo Stretto e per incrementare i fondi alla sanità. Azione e Italia Viva puntano a potenziare “il sostegno ai giovani”, ridurre la politica fiscale e contributiva e “sopprimere la norma che prevede la flat tax incrementale per le partite Iva”.


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