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Matteo Salvini

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Salvini è per la Meloni come un elefante nella cristalleria

“Va avanti tu, che a me viene da ridere’’. Mentre Giorgia Meloni cercava di accreditarsi all’estero, Matteo Salvini seguiva gli affari della ditta destrorsa in Italia. E percorreva in lungo e in largo la Penisola riaccendendo le torbidi passioni che dopo il suo sfratto dal Viminale si erano smorzate.

E che cosa c’era di più conveniente dell’allarme su “lo nero periglio che vien da lo mare’’ (come era scritto nella pergamena che Brancaleone aveva sottratto al cavaliere misterioso)? Del resto, tutto andava per il verso giusto: il governo, guidato da “io sono Giorgia’’, mostrava una ritrovata fermezza contro tutte le ‘’pacchie’’ tollerate dalla sinistra; Salvini si assumeva volentieri il mestiere del “cattivo’’, anche se a conti fatti non gli procuravano consenso (la Lega è in forte in tutti i sondaggi).

Certo, il fatto che il suo vice cercasse di intestarsi tutte le decisioni (fino ad ora poche) che il governo avrebbe preso, a Meloni dava un po’ fastidio, anche perché il titolare delle Infrastrutture si era messo a promettere ponti sugli stretti, tagli di imposte, pensionamenti anticipati a destra e a manca. Ma a pensarci bene era un gioco che aveva fatto anche in precedenza, quando si intestava – come un successo personale – i provvedimenti varati dal governo Draghi. Meloni, poi, rimproverava a se stessa – che pure aveva resistito all’assalto di Salvini al Viminale – di non essersi accorta che il ministro Piantedosi era un Matteo acculturato, capace di usare le leggi e dotato di quel sapere burocratico che serve sempre nelle situazioni complesse. Nessuno prima di lui aveva pensato (la tesi è sostenibile) che un naviglio che viaggia in acque internazionali è un pezzo di territorio sottoposto alla sovranità del paese di cui batte bandiera.

Tutto sommato, però, concedendo a Salvini (e a Piantedosi) di sbizzarrirsi con le Ong, poteva consentire a Meloni di girare al largo della flat tax e da quota 41. Alla fine, però, è successo quanto è inevitabile se si affida ad un elefante la custodia di un negozio di cristalleria. Prima o poi manda in frantumi una buona metà della merce esposta. La storia è nota. La nave Ocean Viking della Ong Sos Mediterranee, con a bordo oltre 230 persone. Cresce la tensione tra Francia e Italia sul tema migranti. La nave Ocean Viking della ong Sos Mediterranee, con a bordo oltre 230 persone, nei giorni scorsi aveva comunicato di aver impostato la rotta verso la Francia dopo un colloquio tra Emmanuel Macron e Giorgia Meloni avvenuto a Sharm el-Sheikh in occasione della Cop27. Il comunicato del governo italiano che esultava per l’accordo con l’Eliseo non è stato però apprezzato dal presidente francese. Anche perché in Italia i quotidiani vicini alla destra avevano intonato peani di vittoria grazie alla fermezza del nuovo governo.

Per Macron, la questione andava gestita diversamente e senza rivendicazioni politiche considerate inadeguate. Secondo Macron la Francia non aveva messo a disposizione nessuno dei suoi porti per lo sbarco; si era impegnata ad accogliere i migranti una volta sbarcati da noi, come prevedono gli accordi internazionali. Del resto anche in Francia sono presenti e attivi i compagni e le compagne di merende di Matteo Salvini. Le opposizioni (Marine Le Pen in testa) avevano attaccato duramente il capo dell’Eliseo.

Così, mentre Catania accoglieva i migranti della nave Ong Humanity 1, fatti sbarcare su ordine dei medici, fonti del governo francese definivano “inaccettabile il comportamento italiano” sulla Ocean Viking in quanto contrario al diritto del mare e allo spirito europeo. La Francia avrebbe comunque accolto “a titolo eccezionale”, nel porto militare di Tolone, la nave Ocean Viking; circa un terzo dei passeggeri, sarebbero stati “rilocalizzati” in Francia.

Tuttavia, a fronte di questo “comportamento inaccettabile”, la Francia ha sospeso l’accoglimento di 3.500 rifugiati al momento in Italia e ha invitato “tutti gli altri partecipanti” al meccanismo di ricollocamento europeo dei migranti, “in particolare la Germania”, a sospendere l’accoglienza dei profughi attualmente in Italia. Il ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin, ha affermato:  “è chiaro che ci saranno conseguenze estremamente gravi per le nostre relazioni bilaterali’’. Ed ha anticipato che “la Francia organizzerà nei prossimi giorni, con la Commissione Europea, e con la Germania, una riunione che definirà, nel pieno rispetto del diritto internazionale, un quadro che permetta di trarre le conseguenze dell’atteggiamento italiano, di regolare meglio le azioni di soccorso in mare da parte delle navi delle Ong nel Mediterraneo”.

Nella discussione, è intervenuta anche la Commissione europea: “Quello che stiamo osservando nel Mediterraneo – ha detto un portavoce – ci fa vedere che abbiamo bisogno di cooperazione fra stati europei e serve avanzare sul patto sulla migrazione: la Commissione è qui per aiutare, non vogliamo addossare la colpa a uno Stato o all’altro”.

In conclusione, l’applicazione della dottrina Piantedosi si è tradotta, per l’Italia, in un disastro su tutta la linea. Le due navi delle Ong Humanity 1 e Geo Barents di Medici senza frontiere, ormeggiate da sabato e domenica scorsi nel porto di Catania hanno finito per scaricare tutti i passeggeri. I criteri selettivi tanto criticati – ‘’prima le donne, i bambini e le persone fragili’’ – sono stati aggirati; e non poteva essere altrimenti, perché le condizioni di salute, fisiche e psicologiche di persone che avevano vissuto quell’esperienza, non potevano passare inosservate alle visite mediche, predisposte per dare corso proprio a quei criteri. Inoltre, con la gestione della Ocean Viking, abbiamo provocato – per sciocca vanagloria – un incidente diplomatico con la Francia che ha avuto e avrà conseguenze ben più gravi di quelle che volevamo evitare con il blocco del naviglio delle Ong.

La reazione francese ci ha lasciati di stucco perché non siamo mai capaci di metterci nei panni altrui quando sono in ballo questioni delicate. Pensiamo di essere i soli ad avere dei guai. In tutta Europa, e non solo, il problema dell’immigrazione è un barile di tritolo su cui stanno seduti i governi. E sono proprio i problemi irrisolvibili, come quello dei divari tra il Sud e il Nord del pianeta, a cui gli sciocchi e i demagoghi pretendono di dare soluzioni semplici e insostenibili, come quelle di bloccare le navi e i porti per impedire – alla fine solo per alcuni giorni – gli sbarchi. È legittimo, a questo punto, porsi una serie di dubbi.

Sappiamo bene che la destra solleva la questione dei migranti per alimentare la narrazione dell’Italia “lasciata sola’’ a difendere i confini di un’Europa egoista e matrigna. Le migrazioni sono quindi la carbonella che resta accesa per poter alimentare, quando lo chiede la politica, una polemica con Bruxelles. Anche il Papa ha avallato questa rappresentazione infondata della realtà, perché tutti i paesi hanno più o meno i medesimi problemi e i “dannati della terra’’ che arrivano via mare sulle nostre coste sono una quota limitata nel fenomeno generale e strutturale delle migrazioni. Ma non sarà che – vista la reazione della Francia – è stato il governo Meloni a cadere in una trappola? E che sia l’Europa ad usare le migrazioni come un casus belli contro il nuovo corso italiano? È la solita storia dei pifferi di montagna: andarono per suonare e furono suonati.


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