Giorgia Meloni a Montecitorio
3 minuti per la letturaIL GIORNO dopo Silvio Berlusconi è ancora scottato, deluso. Non si aspettava certo questo trattamento da parte di Giorgia Meloni. Sperava invece in un riconoscimento da parte di Ignazio La Russa: «Non c’è stato nemmeno un ringraziamento nel suo discorso». «Ricordano che sono il fondatore del centrodestra, che ho sdoganato i fascisti, prima di me erano relegati a stare eternamente all’opposizione? Chi ha indicato Meloni ministra della Gioventù?».
Domande retoriche che fotografano il clima fra Villa Grande e villa San Martino. Accanto all’ex premier ci sono i fedelissimi, c’è la fedelissima Licia Ronzulli, bersaglio di Fratelli d’Italia e di fatto esclusa dal governo che nascerà. C’è Fedele Confalonieri, compagno di vita e uomo azienda, che ha caldeggiato l’ascesa della leader di Fd’I, ma adesso si ritrova a dover fare i conti con la realtà. «Ci vuole un po’ di rispetto nei confronti di un leader di 85 anni…» dicono all’unisono. Inizia con il piede sbagliato la prima legislatura con il taglio dei parlamentari e la prima con un presidente del consiglio di destra, figlio della tradizione missina.
L’auspicio è che alla fine Meloni ceda e dia a Forza Italia quel riconoscimento che spetta a Berlusconi, il padre nobile del centrodestra. «Giustizia e Sviluppo economico» chiedono i vertici del partito azzurro. Altrimenti quelle parole con cui il Cavaliere esprimeva giudizi negativi su Meloni e scritte su un foglio e che hanno fatto il giro dei social – «supponente», «prepotente», «arrogante», «offensivo» – Berlusconi sarà pronto a ripeterle in faccia al prossimo colloquio. Ecco perché da quelle parti si ragiona se non sia il caso di presentarsi al Quirinale in solitaria, senza gli altri alleati del centrodestra. Sarebbe una decisione che certificherebbe la rottura della coalizione e che potrebbe indurre Sergio Mattarella a mettere in discussione il potenziale incarico alla leader di Fd’I. Non a caso, se da una parte balena l’ipotesi della cosiddetta opzione nucleare – delegazione divisa al Quirinale – dall’altro lato si cerca di far veicolare una versione più light: «Oggi è il giorno della pace, oggi abbiamo votato compatti Lorenzo Fontana. Il presidente ha solo voluto far notare che non possiamo accettare veti. Ci vuole un po’ di garbo».
Bastone e carote, insomma. Tuttavia la decisione finale sulla partecipazione alle consultazioni in solitaria o insieme a Lega e Fd’I spetterà come sempre a Berlusconi. Va da sé che i malumori preoccupano gli alleati più vicini, in particolare la Lega di Matteo Salvini. Da via Bellerio l’impressione è che «a Forza Italia manchi un tessitore. È un partito senza una linea…». Per dirla con un leghista di peso, «si è sentita la mancanza in Senato del compianto Niccolò Ghedini che lavorava di fino, smussava gli angoli, era in grado di tenere insieme il gruppo».
Dall’altra parte non sembra che Meloni sia intenzionata ad accontentare gli alleati. Anzi, ai suoi fedelissimi avrebbe consegnato queste parole: «La situazione socio-economica del Paese non consente personalismi e richieste eccessive. Occorre sbrigarsi e far nascere un governo autorevole e competente». Le parti, insomma, restano distanti. Non è dato sapere se le tensioni si allenteranno nelle prossime ore e se ci sarà un altro vertice che trovi la quadra definitiva sulle caselle ministeriale. Viene escluso che Meloni possa recarsi un’altra volta da Berlusconi ad Arcore. «Perché dovrebbe andarci?».
Ma prima delle consultazioni – che dovrebbero iniziare il 20 – ci sarà un appuntamento cerchiato in rosso nell’agenda di tutti: la composizione dell’ufficio di presidenza di Camera e Senato, ovvero le elezioni dei vicepresidenti, dei questori e dei segretari d’Aula. «In quella seduta c’è il rischio di un secondo round» avvertono fonti qualificate. Una riproposizione dello scontro – Fd’I versus Fi – sarebbe controproducente e potrebbe innescare, fanno sapere, un’opzione che la Meloni si tiene nel cassetto. Ovvero, la premier in pectore, una volta ricevuto l’incarico, potrebbe presentarsi al Quirinale con un lista di ministri bicolore e con tecnici d’area e senza bilancino dei partiti che compongono l’alleanza. In questo caso con l’appoggio esterno di Forza Italia.
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