Un comizio di Giuseppe Conte a Cosenza
5 minuti per la letturaGiuseppe Conte ha fatto uscire i fantasmi dal loro rifugio e adesso ha notevoli difficoltà a farli rientrare. La crisi si sta avviando verso una discesa a valanga che diventerà difficile anche per il mago Mattarella fare rientrare. Mentre Paolo Gentiloni da Bruxellles guarda con preoccupato stupore il voto al Senato.
Il dramma politico che vive il Movimento Cinque Stelle, puntualmente registrato dai sondaggi sul consenso che riescono ad aggregare, era prevedibile portasse ad uno sconvolgimento complessivo.
La prima fase è stata quella dell’abbandono con Di Maio, di un nutrito gruppo di parlamentari del Movimento, dopo la fuoriuscita di molti che sono confluiti in altri gruppi, sia per motivi ideologici che per interessi elettorali.
Ed ora si sono ritrovati insieme i duri e puri del Movimento, sulla linea più Di Battista che di Conte, che cercano una via di fuga che consenta loro di dare alcune risposte allo zoccolo duro degli elettori che non li avrebbero mai voluti fare entrare nel Governo Draghi, senza arrivare alle pericolosissime, per loro, elezioni e senza perdere le comode poltrone governative, di ministri e di sottosegretari, difficili da abbandonare. Mentre qualcuno come Bonafede cerca un paracadute quadriennale come quello del membro laico del consiglio superiore della magistratura.
Stare al governo è un’operazione complessa e spesso comporta un prezzo molto elevato. Ma come ha insegnato la Lega, non perdendo l’occasione di avere propri ministri nei posti chiave per poter gestire il PNRR e non lasciare che altre forze potessero indirizzare le risorse verso obiettivi che loro non condividevano, stare al Governo significa anche poter difendere i risultati raggiunti o i propri territori, come quel reddito di cittadinanza tanto contestato, o potere conseguire quel salario minimo che dovrebbe evitare forme di sfruttamento ancora molto diffuse.
Stranisce invece che sia nei 10 punti che nelle dichiarazioni di voto al Senato sia mancato un riferimento preciso e netto di opposizione all’autonomia differenziata, cosa che ha caratterizzato la posizione invece di Leu.
Le strade che si aprono adesso sono fondamentalmente due, entrambe con molti pericoli: la prima è che si vada verso le elezioni anticipate, che certamente come ci insegna Israele non possono e non devono essere uno spauracchio, ma che possono rappresentare momenti di grande instabilità, soprattutto in un momento così particolare come quello che stiamo vivendo e che manca poco per poter essere confrontato con quello dei dieci flagelli che l’Egitto ebbe, quando voleva impedire di far andare gli ebrei verso la terra promessa.
Manca il più famoso, il vento che uccise tutti i primogeniti maschi d’Egitto, tutte gli altri li abbiamo avuti, dalla pestilenza, alla siccità, alla guerra, all’invasione delle cavallette, al caldo torrido che brucia i nostri boschi, all’inflazione galoppante, al rincaro abnorme del prezzo dell’energia.
Ovviamente lo spread reagirebbe immediatamente, come già sta facendo, all’instabilità conseguente, con conseguenze sul costo del denaro ancor più consistenti di quanto già adesso l’aumento dell’inflazione non abbia portato. Si finirebbe per votare ad Ottobre con un Gabinetto che si dovrebbe occupare della gestione ordinaria, cosa che è proprio una contraddizione in termini rispetto alla situazione straordinaria che stiamo vivendo.
E le conseguenze sulla ulteriore rata del PNRR, che dovrebbe arrivare, sembrano immaginabili, e considerato che si tratta di cifre importanti, paragonabili ad una finanziaria, impatteranno sulla vita degli individui soprattutto dei più fragili, coloro che a parole vorrebbero difendere i 5S e sarebbero devastanti.
Se invece si dovesse arrivare ad un nuovo Esecutivo senza la loro presenza, dovrebbero subire quelle che sono le iniziative degli altri, che certamente non hanno molta simpatia per parecchi dei provvedimenti da loro ispirati, dal reddito di cittadinanza al 110%. Senza contare quello che potrebbe accadere per quanto attiene ai provvedimenti sull’autonomia differenziata. Ovviamente i territori che rimangono scoperti rispetto alla loro rappresentanza politica sono quelli del Mezzogiorno, che dal PNRR dovrebbero ricevere un’accelerazione importante. Un territorio che ad oggi registra un numero di emigrati vicino a 100.000 annuali e che sopravvive perché molti dei ragazzi hanno il reddito di cittadinanza.
Che poi tutto questo avvenga per la costruzione di un inceneritore a Roma fa capire quanta strada ancora il movimento populista e probabilmente non preparato ancora a gestire e governare deve fare.
Quello che si stato consumando si può considerare un vero e proprio tradimento della gente del Sud. Che tanta fiducia ha riposto in tale Movimento e che forse avrebbe avuto bisogno che si serrassero le fila per evitare l’illogico attacco da parte di un Nord bulimico pronto a sostituirsi alla incapacità, ovvia ed attesa, delle strutture istituzionali del Sud, carenti di risorse umane e che quindi competono con un piede legato con gli efficienti Comuni del Nord, pronti ad accaparrarsi le risorse in una competizione irresponsabile perché impari.
Ce n’erano battaglie da fare per mettere sullo stesso piano le amministrazioni delle diverse parti del Paese piuttosto che minacciare una crisi di Governo per un inceneritore da fare a Roma.
Ma l’epilogo a cui stiamo assistendo era assolutamente prevedibile ed è l’ultimo atto di un canovaccio che si ripete uguale e che deriva dalla mancata formazione dell’elettorato attivo esistente al Sud. Conseguenza di una scuola che ancora si permette dispersioni scolastiche da paesi del terzo mondo e che nel migliore dei casi si limita a poche ore al giorno contrariamente a quello che fanno i nostri cugini tedeschi e francesi, con i quali in futuro dovremmo competere e che ci surclasseranno nella ricerca scientifica e nell’innovazione se il più grande investimento che un Paese possa fare, quello nella scuola, viene lasciato in una situazione ancillare. Come si vede tanti sono gli argomenti e i temi sui quali imbastire battaglie e differenziarsi dalle altre forze, senza dimenticare quella infrastrutturazione ferroviaria, stradale, idrica, portuale mancata che fa del Mezzogiorno una colonia con esigenze importanti di sviluppo. E invece si fa una crisi su un inceneritore.
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