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Con una manovra ad ampio raggio Mario Draghi plana nell’aula del Senato con parole secche, dure che hanno il tono della verità. Va diretto il premier al cuore dei problemi, grazie alla resistenza del popolo ucraino – dice – è stato impedito all’esercito russo di conquistare ampie zone del Paese. E offre lo stesso concetto per dire a chi non appariva soddisfatto, Conte, Salvini, Berlusconi, che la linea dell’Italia è stata precisa nel sostegno a Kiev anche con l’invio di armi. Lo ha fatto e continuerà a farlo.

Tutti concetti espressi nell’informativa sulla guerra tra Ucraina e Russia. Ringrazia il Parlamento per l’appoggio fornito, ma anche la maggioranza ed il partito di Giorgia Meloni. Poi si toglie dall’angolo in cui qualcuno intendeva infilarlo e si esprime con il libro dei segni. Dice che la risoluzione approvata il primo marzo ha guidato in modo molto chiaro il governo e ha consentito di tenere alta la pressione sulla Russia anche attraverso le sanzioni ed al tempo stesso di ricercare la soluzione negoziale.

È uno stop alle speranze di Giuseppe Conte e di coloro che dentro Forza Italia e nella Lega cercano un cambio di strategia, interrompendo l’invio di aiuti militari. Ma il governo continuerà a farlo. Le reazioni sono comunque differenti. Proprio contro i ministri riottosi e disubbidienti, che non hanno rispettato i tempi celeri che richiedono le riforme, Draghi ha convocato nel tardo pomeriggio un Consiglio dei ministri nel quale ha sollecitato i suoi ministri a sbloccare le riforme per attivare il Pnrr.

“Basta liti o perdiamo i denari del Recovery” ha strigliato Draghi. Secondo quanto riferito da alcuni ministri Draghi ha inteso mettere i partiti e il governo di fronte alla responsabilità di procedere con rapidità all’approvazione delle riforme che rappresentano il passaggio fondamentale per attuare il Pnrr. In particolare l’attenzione è rivolta alla scadenza di fine giugno del dl Concorrenza e alla necessità di sbloccare le concessioni balneari. Non è escluso che possa blindare il provvedimento con la richiesta di fiducia.

Stando a osservatori, la richiesta sarebbe legata per dare la scossa a un governo che proprio in questi giorni ha tagliato il primo anniversario. Draghi partito di gran carriera ha ricevuto qualche stop dai partiti. Per cui sarebbe entrato nelle sabbie mobili, con la conseguente paralisi. Si era parlato di possibili dimissioni, ma è stato in seguito escluso. Anzi, la mossa di Draghi, cominciata ieri mattina con l’informativa in Parlamento, sarebbe avvenuta proprio per isolare i ministri più litigiosi. La strigliata ha durato il tempo di un fulmine, non più di 10 minuti.

Per certi versi è il completamento di una lite che contrappone in Consiglio dei ministri due o 3 scuole di pensiero. La prima riguarda Conte e i grillini, con l’impennata sulle armi (il premier ha detto che bisogna portare subito Mosca al tavolo dei negoziati), la seconda riguarda i rapporti con Matteo Salvini, profondamente mutati negli ultimi tempi (“Con Draghi abbiamo parlato finalmente di pace, dopo quasi 3 mesi di guerra, è un sollievo”).

Le reazioni dei partiti sono state positive, a parte la doccia fredda pomeridiana. Giorgia Meloni ha chiesto che Draghi si rechi in Europa, alla Commissione europea per chiedere una revisione degli obiettivi. La leader di Fd, ha aggiunto che “chiarezza sul Pnrr non c’è stata. Ho sentito dire da Conte che il governo aveva lavorato tantissimo per ottenere queste risorse mentre noi eravamo contrari. Sono cose false”.

Matteo Salvini ha chiesto a Draghi sugli ulteriori sviluppi del conflitto, come rispondere a un piano di pace presentato dall’Italia. Un cessate il fuoco di 48 ore con Italia, Germania e Francia e Santa Sede come garanti.

Osvaldo Napoli e Carlo Calenda di “Azione” sostengono con immutata e motivata convinzione la linea del governo. “Chi avesse ripensamenti o retropensieri rispetto al voto del primo marzo, che autorizzava l’esecutivo a fornire aiuti umanitari e militari al governo, non deve soltanto dichiararlo o limitarsi a formulare auspici; deve trarne le conseguenze sul piano politico e parlamentare. Conte e Salvini ritengono, per ragioni di mera propaganda elettorale, di distinguersi su un tema che riguarda la collocazione internazionale dell’Italia. Si rendono conto che stanno minando non tanto il governo ma la credibilità dell’Italia? Si rendono conto che la loro speculazione politica non fa traballare l’esecutivo, ma toglie a loro, credibilità e ne pregiudica la legittimità a partecipare a futuri governi?”.


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