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Silvio Berlusconi

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Ma in fondo che cosa è il “quid”? Un apostrofo dorato che – nonostante tutto – lega un leader al suo popolo. Silvio Berlusconi è anziano, ha problemi di salute, è stato un perseguitato per ragioni di giustizia, scacciato dal Senato attraverso la violenza su di un principio fondamentale del diritto, ha conosciuto la polvere e gli altari, ma è ancora in campo e le sue parole fanno il silenzio intorno a sé.

Il fatto che il Cav avesse deciso di scendere a Roma e pronunciare un discorso a conclusione della Convention di Forza Italia ha attirato l’attenzione della stampa internazionale, degli osservatori politici da ogni latitudine. E col suo intervento, spesso pronunciato a braccio benché avesse sul podio un testo scritto, ha segnato non solo la rotta del governo, indicando i confini entro i quali Draghi può muoversi in sicurezza, contando sull’appoggio suo e del suo partito (che è il vero trait d’union di questa strana maggioranza), ma ha proposto una linea di politica internazionale priva di ambiguità ma attenta alle esigenze sempre più evidenti di realismo.

Per quanto riguarda il primo aspetto i provvedimenti in materia di giustizia e fiscale secondo Berlusconi devono andare il Parlamento, misurarsi con le forze politiche ed essere approvati. Peccato che anche il Cav abbia dato credito allo spauracchio delle tasse sulla casa soltanto perché il governo vorrebbe nel giro di qualche anno riordinare il Catasto urbano.

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Immaginiamo che anche lui abbia delle esigenze tattiche e voglia tenere agganciati i partiti del centro destra alla maggioranza. Lo abbiamo scritto e lo ripetiamo: questa guerra per la “secchia rapita” del Catasto urbano è una stupidaggine; sarebbe come essere contro a misure contro l’evasione fiscale perché agli evasori aumenterebbero le tasse. Anche Draghi però deve rendersi conto che non ci può essere una crisi su di un programma che andrà in vigore in quel medio periodo nel quale (ormai potrebbe non essere una battuta) saremo tutti morti.

La parte del discorso dedicata alla politica interna può essere sintetizzato in un brano in cui Berlusconi non si limita a rivendicare il ruolo svolto da protagonista in trent’anni di attività politica, ma coglie in nodo cruciale del presente e del futuro prossimo del Paese: «Siamo interlocutori importanti di questo Paese. Siamo determinanti, non c’è centrodestra di governo senza Fi. È anche questione di numeri, non si vince senza di noi, ma anche non si governa senza di noi. Non è casuale se al nostro fianco c’è il simbolo del Ppe, non è un caso se la Metsola è intervenuta alla nostra Assemblea. Non è un caso che oggi parlerà il segretario generale del Ppe… Forza Italia guarda al futuro, Fi è il futuro».

Questa discesa a Roma mi ha ricordato quelle che faceva – più spesso e con meno fatica – ai tempi del governo Monti. Allora, nell’ambito di quella “maggioranza strana” in cui si trovavano insieme partiti fino allora duramente avversari, dentro al Pdl c’erano molti mal di pancia e, in parecchi passaggi delicati in cui erano all’ordine del giorno misure impopolari, c’era il timore che molti parlamentari disertassero nei voti di fiducia. Per mesi, quando avvertiva aria di fronda, il Cav scendeva a Roma e metteva le cose a posto.

Fino a quando non fu lui a ritenere, nel dicembre 2012, che il governo dei tecnici dovesse passare la mano. Ma il vero salto di qualità di Silvio Berlusconi sta nelle indicazioni di politica internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. “L’aggressione dell’Ucraina ha portato la Russia nelle braccia della Cina. Peccato. Sono profondamente deluso e addolorato dal comportamento di Vladimir Putin, che si è assunto una gravissima responsabilità di fronte al mondo intero”.

“A Bucha – prenda nota Toni Capuozzo, ndr – sono stati commessi crimini di guerra e la Russia non può negarlo. Bisogna mettere fine alla brutalità della guerra e l’Italia deve lavorare perché si arrivi a un compromesso accettabile da tutti”.

E ha aggiunto: “La libertà dell’Ucraina deve essere garantita”. Quest’ultimo passaggio è molto importante, perché se per raggiungere la pace l’Ucraina fosse costretta a fare concessioni territoriali alla Russia, deve poterlo fare in un contesto di garanzie delle grandi potenze, che sia molto più sicuro del memorandum di Budapest del 1994. Ma il punto più alto del discorso sta nella indicazione dei principi, dei valori e delle alleanze all’interno dei quali l’Italia deve muoversi. “Il posto di Forza Italia è dalla parte dell’Alleanza atlantica’’.

Nel fare questa affermazione Berlusconi rivisitato e rispolverato per l’occasione le dichiarazioni programmatiche pronunciate di fronte al Congresso degli Stati Uniti nel lontano 2006. Sull’alleanza Nato «non ci sono e non ci devono essere dubbi». «Agli Usa ci lega un profondo debito di riconoscenza». Alla faccia dei soliti “né “né” .

Poi l’appello al realismo. “Al gas russo non possiamo rinunciare” anche se devono essere chiare le responsabilità di un ambientalismo ideologico e di un opportunismo politico che chi hanno portato in questo cul de sac. Poi – forte di essere colui che nel 2002 a Pratica di Mare portò Putin a firmare un accordo di collaborazione con la Nato – Berlusconi ha invitato il premier russo ad essere lui a prendere l’iniziativa per il cessate il fuoco. Diciamo la verità: a questo non ci era arrivato ancora nessuno.


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