Giuseppe Conte
3 minuti per la letturaL’elezione di Giuseppe Conte alla presidenza del M5S non basterà a calmare le acque. Anzi. Altri ricorsi si profilano all’orizzonte e non riguardano solo l’offensiva legale dell’avvocato Lorenzo Borrè. I 3 attivisti che avevano ispirato la sentenza del Tribunale di Napoli, e dunque provocato la sospensione dei vertici e delle modifiche dello statuto, hanno infatti trovato proseliti. E non si tratta più dell’illegittima esclusione degli iscritti che non avrebbero avuto i requisiti.
L’atto d’accusa ora riguarda il modo in cui sono stati gestiti i soldi versati dai parlamentari. Il taglio dei loro stipendi. In particolare sotto la lente dei più critici è finito l’affitto della mega sede di via Campo Marzio. Era stato il primo atto politico di Conte, il ritorno sulla scena, la transizione post governativa dell’ex premier che in pieno agosto indossava i panni di capo del M5S. Un segnale forte di quanto e di come sarebbe cambiata la creatura di Beppe Grillo e di Gianroberto Casaleggio sotto la sua guida. L’avvocato del popolo che si fa leader grillino.
Ed ecco la scelta: il Movimento che da virtuale che era per indole e vocazione esce dai pc e dalle chat e stabilisce un legame fisico con il territorio. Si sceglie una sede. Esattamente come un tempo erano Botteghe Oscure per il PCI o Piazza della Gesù per la Dc o in tempi più attuali Il Nazareno per il Pd.
Una sede prestigiosa per il partito di Conte, poco meno di 500 mq a due passi da Montecitorio. Il palazzo al civico 46 di via Campo Marzio che ospitò senza portargli troppa fortuna l’Api di Francesco Rutelli. Gli iscritti del web e i militanti, quelli che hanno provato in tutti i modi a sbarragli la strada, chiedono conto di tutti quei soldi che Conte ha speso per l’affitto della sede, circa 12 mila euro al mese.
Chi lo ha deciso? Attingendo ai fondi del M5S lo avrebbe fatto in modo illegittimo, senza alcun alcun titolo. E non nessun voto – come ha chiarito l’avvocato Borré – che possa in modo retroattivo legittimare quelle spese. Chi dovrà rispondere di queste spese? Uffici di cui ha potuto disporre solo lo staff dell’ex presidente del Consiglio, i suoi fedelissimi e i comitati. Una sala in grado di ospitare 50 persone. Il quartier generale grillino nel cuore pulsante della politica romana. E non solo.
La questione è stata posta anche ai due capigruppo Mariolina Castellone e Davide Crippa che avrebbero firmato il contratto di locazione. In ballo ci sono anche i 4 milioni di euro accantonati nell’ultima legislatura, il conto dedicato dove confluivano i versamenti dei parlamentari. Alcuni di questi, usciti successivamente dal Movimento, hanno richiesto la restituzione di quanto versato. E tutto si è bloccato.
In un primo tempo, lo ricordiamo, deputati e senatori si detraevano dallo stipendio 300 euro per finanziare la piattaforma Rousseau e altri 2000 per la campagna “Tirendoconto”. Poi si è passati al “regolamento Crimi” ; 1000 euro per le attività parlamentari e 1500 per le finalità liberali. A quale punto però a tagliarsi lo stipendio erano sempre meno. Non più di 40 su 229, e il M5S di lotta e di governo che ha cambiato pelle.
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