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Mario Draghi

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È tornato il Draghi di sempre, che non ostenta interesse per la politica elaborata dai partiti. Anzi, li dileggia, quasi escludendosi dai circuiti mediatici che consacrano, senza un apparente motivo, i protagonisti della scena politica. L’altro ieri mattina è uscito un commento che vaticinava, per il presidente del Consiglio, un futuro di capo della coalizione di centro che sta nascendo all’ombra di Roma.

E ieri pomeriggio, durante una conferenza stampa seguita al varo della riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario, gli è stata posta questa domanda, alla quale, Mario Draghi, ha risposto con una certa sopportazione, come qualche volta ha fatto alzando l’indice con la mano destra.

È forse la rappresentazione di un segnale criptato, ma inequivocabile nella sostanza. La risposta è stata secca. “Lo escludo”. Poi ha guardato dal lato in cui si trovava la ministra della Giustizia, Marta Cartabia e alla sua sinistra, dove era seduto il ministro dello sviluppo economico, Franco, quasi volesse ricevere un consenso. Come se avesse voluto sottolineare di essere stato franco e chiaro.

Ma è stato un altro pezzo di una sequenza che probabilmente non sarà unica, da qui alle prossime elezioni, quella alla quale Draghi ha risposto con convinzione circa l’azione che si sta spendendo per il suo impegno in politica.

“Ho visto che tanti – ha affermato replicando a un giornalista – politici e non solo mi candidano a tanti posti in giro per il mondo, mostrando una sollecitudine straordinaria nei miei confronti. Li ringrazio moltissimo ma, tra l’altro, vorrei rassicurarli che, se per caso decidessi di lavorare dopo questa esperienza, probabilmente un lavoro me lo trovo anche da solo”.

Parole per mettere fine al gioco mediatico di chi non intende sfruttare la notorietà per guadagnare una posizione. Ma Draghi che non è figlio di questa politica lascia cadere nel vuoto qualsiasi accostamento con gli interessi di una politica spicciola ma dispendiosa.

Piaccia o no è il Draghi che guadagna ogni settimana consensi, ma rimane fuori dai giochi. D’altronde, proprio ieri è uscito un sondaggio di Quorum You trend, per SkyTg 24, che assegna al governo in carica un 60% di gradimento, più alto rispetto al governo Conte 1 e 2 (rispettivamente con la percentuale (del 50% e 52%). Il 56% del campione intervistato è convinto che l’esecutivo arriverà a fine mandato mentre il 43% si dice favorevole ad un ipotetico nuovo governo di larghe intese.

Nella classifica, destinata a illuminare gli anfratti della politica, Silvio Berlusconi rimane il leader dei partiti più ricco, con 50 milioni di euro. Il secondo è il segretario del Pd Enrico Letta con 621mila euro, al terzo Matteo Renzi che ha dichiarato un reddito imponibile pari a 488 mila euro, al quarto posto, Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia con 127.057 mila euro. Al penultimo gradino si posiziona Giuseppe Conte, leader ora congelato, dei 5stelle, con 100.927 mila euro. Matteo Salvini, con un reddito di 92 mila euro, è all’ultimo posto.

Quanto al via libera all’unanimità del Csm e dell’ordinamento giudiziario, con lo stop alle porte girevoli dei magistrati che entrano in politica, Draghi ha spiegato che è stata “una discussione ricchissima e anche molto condivisa, grazie anche alle numerose interazioni con i partiti, con la Guardasigilli Marta Cartabia e il sottosegretario Garofoli (ieri assente)”. Draghi ha risposto ad alcune domande sul futuro suo e del governo. Il dovere del governo è proseguire ed affrontare sfide importanti per gli italiani, che sono quella immediata del caro energia, quella meno immediata ma preoccupante che è l’inflazione che sta aggredendo il potere di acquisto dei lavoratori ed erodendo, anche quello che finora non si vede, la competitività delle imprese. C’è poi l’uscita dalla pandemia e poi il Pnrr che sta andando molto bene.

Ha elogiato la squadra dei ministri, in sostanza un governo efficiente, e va avanti. Ma non entra nel vivo sul suo futuro, malgrado sia chiaro nel dire di escludere un ruolo da federatore. Quanto al varo della riforma giudiziaria, riconosce che c’è stata condivisione della riforma e delimitazione delle aree con differenza di vedute ed impegno ad adoperarsi con i capigruppo per avere priorità assoluta in Parlamento entro l’elezione del nuovo Csm. Riconosce che “ci sono delle differenze di opinione che sono rimaste. È stato possibile modificare molto marginalmente il testo, ma c’è l’impegno corale a superarle”.


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