Il palazzo del Quirinale
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Il Presidente della Camera dei deputati ha convocato per il 24 gennaio il Parlamento in seduta comune, integrato dai delegati di ciascuna Regione, per eleggere il presidente della Repubblica. Si dovrà riunire un’Assemblea composta da poco più di mille persone, se si considera che ai 630 deputati e ai 315 senatori, oltre ai senatori a vita, si aggiungono i 55 rappresentanti delle Regioni.
La complessità organizzativa di una riunione così numerosa è accresciuta dai rischi che comporta l’attuale diffusione dell’epidemia. È da sperare che le difficoltà riguardino in misura trascurabile la possibilità di partecipare effettivamente alla seduta.
IL RISCHIO ASSENZE
Un elevato numero di assenze potrebbe rendere più difficile raggiungere la maggioranza necessaria per la elezione, che è rapportata agli aventi diritto al voto, e non ai votanti. Inoltre se il numero degli assenti, sia pure giustificato da condizioni di salute o da rischi di contagio, fosse particolarmente elevato ne deriverebbe una immagine non positiva del funzionamento del Parlamento. Per altro verso, la riunione di una assemblea così numerosa potrebbe essere essa stessa occasione di inavvertita diffusione del contagio.
È probabile che queste preoccupazioni siano state alla base della proposta, che pure è stata affacciata, di consentire il voto a distanza, tenendo conto che le votazioni non sono precedute da alcun dibattito o dichiarazione, e che questo tipo di seduta è esclusivamente dedicato al voto che ciascun componente dell’assemblea esprime a scrutinio segreto, allo spoglio delle schede e alla proclamazione dei risultati.
LE SOLUZIONI
L’ipotesi del voto a distanza, che pure in condizioni di emergenza è stato eccezionalmente praticato dal Parlamento europeo, non ha trovato largo seguito. Nonostante l’uso delle tecnologie informatiche, non sarebbe stato semplice garantire la personalità della espressione del voto, forse addirittura impossibile assicurarne la segretezza. Difatti l’assenza di proposte o di candidature non consente di esprimere il voto in una semplice alternativa tra favorevole, contrario o astenuto. Richiede, invece, che lo stesso votante indichi liberamente il nome della persona alla quale va il suo suffragio.
Il regolamento della Camera, che si applica nelle riunioni del Parlamento in seduta comune, e la consuetudine prevedono che si proceda alla “chiama” dei singoli componenti l’Assemblea, perché ciascuno di essi, recandosi nel “catafalco” posto sotto il banco della presidenza e che lo pone al riparo da sguardi indiscreti, scriva sulla scheda il nome della persona alla quale va il suo voto.
È evidente come nell’attuale situazione sanitaria sia difficile immaginare che un migliaio di persone possano affollarsi senza il rischio di pur inavvertita diffusione dei contagi. La “chiama”, per sua natura diluita nel tempo, può consentire che in graduale successione sia presente in aula un numero contingentato di parlamentari, e che negli ampi ambienti circostanti non si determinino affollamenti. Altre misure possono riguardare le abituali precauzioni personali, quali l’indossare le mascherine protettive e la disinfezione delle mani, o la comune profilassi, come la sanificazione di luoghi e oggetti con i quali si viene in necessario contatto. In gran parte si tratta di problemi organizzativi, che amministrazioni di tradizionale efficienza, quali quelle parlamentari, sono in grado di affrontare e risolvere.
EFFETTI POLITICI DEL VIRUS
Questioni più complesse riguardano la necessità di garantire la possibilità di partecipare alla seduta e di esprimere il proprio voto anche ai parlamentari e ai delegati regionali in ipotesi non vaccinati o non immuni.
L’esercizio di questo diritto e dovere, che ha fondamento costituzionale, non può essere escluso per lo stato di salute della persona o per ragioni sanitarie.
Per altro verso, deve essere egualmente tutelata la salute degli altri componenti l’assemblea e di quanti operano all’interno della Camera, i quali non possono essere esposti al rischio di contagio. È possibile rendere reciprocamente compatibili le due esigenze, prevedendo ingressi e percorsi separati per non vaccinati o non immuni, e altrettanto per chi fosse addirittura malato o portatore asintomatico del virus. Il loro voto potrebbe essere raccolto nelle tribune dell’aula, ben visibili dalla presidenza, e le relative schede essere scrutinate unitamente alle altre, con modalità che escludano la riconoscibilità dei votanti.
Le difficoltà organizzative possono dunque essere risolte. Nello sfondo rimane l’effetto politico della pandemia, il dubbio del se, come e quanto il permanere o l’accentuarsi della diffusione del virus, e della crisi economica e sociale che ha determinato e determina, possa influenzare la scelta di chi sarà chiamato a ricoprire l’ufficio di presidente della Repubblica.
*Presidente emerito della Corte costituzionale
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