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Giuseppe Conte e Beppe Grillo

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La pace alla spigola fra Grillo e Conte è una buona notizia per il governo Draghi? A questa domanda si danno risposte diverse. Che sia veramente buona, per la verità non ci sembra lo dica nessuno.

Si oscilla fra chi inclina a pensare che almeno così coi Cinque Stelle si può trattare e di conseguenza si tiene sotto controllo un numero cospicuo di parlamentari che tendono ad agire da sbandati, e chi pensa che invece Conte, un po’ per ragioni sue, un po’ per guadagnarsi il consenso dell’anima barricadiera del movimento, cercherà di fare una politica “presenzialista” e di conseguenza creerà problemi al governo.

Interpretare un personaggio come Conte è sempre un azzardo, perché tende a non prendere davvero posizione su niente, in quanto non si possono considerare tali frasi buttate lì in contesti vaghi.

Solo al momento di stringere, l’ex premier è costretto a rivelare la sua strategia. Per questo non c’è da sopravvalutare la sua dichiarazione bellicosa sulla riforma della giustizia, che magari può essere la classica azione dell’avvocato che chiede 100 per avere 10.

Tuttavia non va neppure dato per scontato che si possa sempre chiudere tutto a tarallucci e vino, perché ogni mossa non apre solo un fronte, ma parecchi.

La tattica del “morire per” raramente porta buoni frutti. Lo si è già visto con la vicenda del mancato Conte 3, potrebbe ripetersi con quella del “o Bonafede o morte”.

Si tratta naturalmente di vedere di cosa si voglia discutere in realtà e degli spazi che possono aprirsi, tenuto conto che tutto va chiuso approvando la riforma Cartabia entro fine anno, il che significa in realtà entro settembre-ottobre per un gioco di incastri di scadenze parlamentari (inclusa la sessione di bilancio), ma anche per evitare che quel confronto si innesti in modo deflagrante vuoi con le ricadute delle elezioni amministrative vuoi con la preparazione delle elezioni quirinalizie.

Cerchiamo allora di capire come è messa la questione. Si può mettere tutto nel quadro del parlamento che ha da dire la sua e che dunque può “perfezionare” quel che propone il governo. Significherebbe che si possono far passare aggiustamenti tecnici da rivendere poi come grandi successi politici.

Abbiamo già letto di modi diversi di considerare il computo dei tempi per il secondo e terzo grado, oppure di aggiustamenti su come compensare quei soggetti vittime di cause che non si chiudono nei tempi dovuti. Tutte cose tecnicamente anche interessanti, ma che al grande pubblico suoneranno come roba dei soliti Azzeccagarbugli e che, senza portare vere migliorie, faranno fare a Draghi la figura di quello che deve arrendersi alle bizze dei politicanti.

Ma c’è un problema ben più grande. Se si permette a Conte di fare la sua sceneggiata sulla riforma Cartabia giusto per consentirgli di tenersi buoni Bonafede e amici (che sulla stampa già bombardano) sarà difficile non consentire qualcosa di simile anche per altre componenti: si parla di Italia Viva e di Azione, ma dubitiamo che il centrodestra mancherà l’occasione di farsi sentire. Sarebbe l’apertura dell’ennesima zuffa parlamentare, che si sa come comincia, ma mai come potrà finire. Il governo Draghi davvero non può concedersi questo lusso.

E allora? Un’ipotesi che viene fatta è che si riesca a negoziare con Conte un passaggio senza modifiche della riforma Cartabia consentendo che su quella i Cinque Stelle si astengano.

A prescindere dal fatto che non sappiamo se e quanto un simile comportamento servirebbe a ricompattare sia il grillismo parlamentare, sia la base elettorale di M5S, andrebbe considerato che si aprirebbe comunque un problema di tenuta dell’attuale soluzione di governo. In sostanza l’attuale esecutivo verrebbe sfiduciato, sia pure in modo surrettizio, da una componente rilevante della sua coalizione, fra il resto quella che ha tenuto in piedi i due esecutivi precedenti in questa legislatura.

Si può discutere se ciò comporterebbe automaticamente una crisi d governo, cosa che può anche essere evitata semplicemente se nessuno la chiede e si fa finta di niente, tenuto anche conto che saremo in semestre bianco.

Però certamente dopo un evento di quel genere Draghi e il suo governo non sarebbero più quelli di prima, se non altro perché si aprirebbe per tutte le componenti della coalizione la possibilità di smarcarsi con l’astensione da ogni decisione importante che coinvolge l’avvio e l’esecuzione del PNRR.

La legislatura si avvierebbe fatalmente alla sua conclusione non appena chiusa la fase del semestre bianco e per di più ci arriverebbe in un clima di rissa perenne. Se Conte non vuole passare alla storia come il politico più irresponsabile degli ultimi cent’anni, un pensiero alla complessità della situazione dovrebbe dedicarlo.

I suoi comunicatori credono magari che si possa dire qualsiasi cosa oggi per rimangiarsela domani o dopodomani, tanto conta l’effetto del momento che non vincola poi più di tanto, ma non è così.

Gli atti che passano attraverso le istituzioni non sono evanescenti come i tweet o le sfuriate sui social, non sono qualcosa che si butta lì per vedere l’effetto che fa e poi si cambia registro: sono atti che vengono registrati e che entrano in un circuito dove vengono valutati da vari soggetti che si mobilitano sulla base dell’interpretazione che ne danno.

La gestione dello statuto di un movimento si può anche fare davanti ad un piatto in trattoria. Quella di un atto come il PNRR che coinvolge il destino di un paese partecipe della UE è tutt’altra cosa.


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