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Il problema è convincere i partiti. Non tanto sul merito degli interventi quanto sul metodo. 191 miliardi in arrivo con il Recovery Fund sono un piatto ricco e irripetibile. Troppo appetitoso perché le clientele non provino a banchettare. Ecco perché la governance del Pnrr dovrà coniugare flessibilità sul territorio e rigore nei controlli. Non sarà proprio una passeggiata.
Il ricordo di quanto accaduto a Conte è incombente. La sua “task force” di trecento super-esperti da collocare a Palazzo Chigi è stata certamente una delle cause che hanno portato alla caduta del governo. Una costruzione considerata troppo verticistica.
Per questa ragione la cabina di regia per il Recovery Fund cui sta lavorando Mario Draghi è molto più articolata pur attribuendo il ruolo di sorveglianza ad una ‘control room’ che farà capo direttamente alla Presidenza del Consiglio. L’obiettivo è garantire “trasparenza, tracciabilita'” e il rispetto della tabella di marcia dei tantissimi interventi previsti dal Recovery italiano.
Le difficoltà però non mancano e infatti servirà un decreto legge (dovrebbe arrivare sul tavolo del Cdm entro fine mese) per rendere effettivo il nuovo meccanismo che, come annunciato dal premier Mario Draghi, si articolerà su tre livelli, garantendo il dialogo con l’Europa e il ruolo delle amministrazioni centrali e degli enti locali. Nelle schede progetto che accompagnano il Pnrr, il disegno della struttura che dovrà sovraintendere all’andamento dei lavori inizia a delinearsi più chiaramente.
Le redini saranno nelle mani del Mef, come previsto: sarà infatti attribuito alla Ragioneria generale dello stato guidata da Biagio Mazzotta il ruolo di coordinamento centralizzato per l’attuazione del piano e di interlocutore unico della Commissione europea.
Non solo. I tecnici del ministro Daniele Franco, guidati da Carmine di Nuzzo, si occuperanno anche di monitorare sul corretto avanzamento dei lavori, e sul conseguimento dei risultati intermedi (i cosiddetti “target” e “milestone”) da cui dipende la progressiva erogazione dei fondi del Recovery. Per il rispetto della trasparenza lo faranno anche attraverso un sistema operativo, chiamato “ReGiS”, su cui verranno inseriti costantemente i dati relativi ai vari progetti e a cui avranno accesso, oltre alle varie istituzioni governative nazionali e locali, anche la Corte dei conti nonché i funzionari di Bruxelles e quelli degli organismi europei preposti alla vigilanza contro frodi e corruzione.
Proprio al fine di scongiurare storture nel finanziamento delle opere, nonché reati amministrativi e contabili, si prevede la creazione di un organismo di Audit indipendente, incardinato al Mef, che si avvarrà anche del contributo della Guardia di Finanza e dell’Anac.
L’attuazione dei singoli interventi, numerosissimi e attesi da anni, farà capo ai ministeri, alle Regioni e agli enti locali, rispettando le competenze di ciascuno. Toccherà poi al Ministero dell’economia coordinare il monitoraggio e dare conto alla Commissione Europea. Infine, il controllo dell’avanzamento dei lavori e “l’eventuale proposta di attivazione dei poteri sostitutivi verrà affidata a una ‘control room’ a Palazzo Chigi.
Il rispetto della tabella di marcia è infatti centrale per non perdere i fondi europei e dunque si prevede una ‘exit strategy’ nel caso che qualche amministrazione fosse in ritardo. A dire però l’ultima parola sulla possibilità di utilizzare i poteri sostitutivi sarà il Consiglio dei ministri, nella sua collegialità, così come previsto anche dalla Costituzione. E proprio per consentire alle amministrazioni di tenere il passo, il piano prevede una tornata di assunzioni: in arrivo 300 funzionari “aggiuntivi” al Mef e anche consulenti esperti e task force trasversali laddove le singole realtà facciano richiesta di aiuto per portare a termine gli obiettivi prefissati dal piano.
Resta tuttavia da definire l’esatta composizione della cabina di regia a Palazzo Chigi. L’accordo fra i partiti prevede che ne facciano parte anche dei rappresentanti degli enti locali e della Conferenza delle regioni, come richiesto anche dal ministro Mariastella Gelmini così come le sue modalità di funzionamento e di raccordo con le strutture governative: tutti dettagli che, secondo una tabella di marcia concordata con Bruxelles, verranno chiariti in un provvedimento da approvare nel provvedimento cui Draghi sta lavorando.
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