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Speranza, Zingaretti, Di Maio e Conte

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La crisi non sembra fare molti passi avanti. Per il momento tutti si barricano nelle rispettive trincee e al massimo c’è la sortita fuori di qualche pattuglia, giusto per saggiare la reazione del nemico. Mattarella ha dovuto concedere un po’ di tempo sia perché effettivamente aveva degli impegni istituzionali che non era opportuno rinviare, sia per tenere il campo sgombro da qualsiasi sospetto che il Quirinale manipolasse la crisi verso un certo tipo di soluzione.

La delicatezza di questo passaggio spiega il comportamento del Capo dello Stato: poiché non si capisce come andrà a finire e presumibilmente sarà difficile chiudere in un modo che guadagni larghi consensi, è importante che il ruolo di Mattarella sia preservato da accuse di aver favorito questo o quello o anche semplicemente di non aver dato a tutti eguali possibilità di attrezzarsi per far passare la propria soluzione.

Al momento sembra che la questione fondamentale sia la prosecuzione o meno dell’esperienza di Conte al vertice del governo e che ciò sia possibile solo disponendo di una maggioranza numerica adeguata nelle due Camere. Ci permettiamo di dubitare che sia realmente questo il cuore del problema. L’onorevole Boschi per conto di IV ha pronunciato una frase chiave: “ non poniamo pregiudiziali sui nomi, chiediamo una svolta sui contenuti”. Può sembrare una delle solite affermazioni tattiche, mentre invece tocca esattamente il nervo scoperto su cui si è innescata questa crisi.

Ciò che è in discussione è un bel numero di problemi su cui non c’è omogeneità nelle forze di maggioranza e addirittura nelle sue componenti che sono divise al loro interno. Si prenda il problema della giustizia: c’è una componente che per nobilitarla chiameremo neo-giacobina la quale ha forti radici fra i Cinque Stelle, ma non solo, e che è sostenuta da tutta una componente della magistratura e ce n’è un’altra che sempre convenzionalmente si può etichettare neo-garantista la quale ha specularmente sostenitori fra le forze politiche e negli operatori del diritto. Sono due indirizzi in contrasto che bloccano qualsiasi prospettiva di revisione del nostro sistema di giustizia. Eppure è un nodo che l’Europa ci chiede di sciogliere se vogliamo avere i fondi del Next Generation EU. Il ragionamento si potrebbe replicare per la pubblica amministrazione, il sistema scolastico e della ricerca e avanti di questo passo. E di qui la domanda: ma come si riesce a ricomporre queste lotte, che ormai sono faide fra clan, in modo da dare ad un governo la forza di operare per le riforme?

Ponendo la domanda sui contenuti, la cui legittimità è difficile disconoscere, l’on. Boschi pone indirettamente tanto il tema della formazione della maggioranza quanto quello della presidenza del Consiglio. Quando infatti si volesse davvero discorrere di contenuti reggerebbe la nuova maggioranza a quattro più la gamba di legno? I gruppuscoli di volonterosi messi artificialmente in piedi alle Camere non danno alcuna garanzia in questo senso, tranne che per il fatto dell’essere stati reclutati prospettando posti nella lista Conte alle future elezioni, per cui potrebbero sostenere qualsiasi cosa andasse bene per il loro nuovo capo. Ma se poi tramontasse l’ipotesi del Conte ter e si facesse strada la prospettiva di un diverso governo, quei gruppuscoli reggerebbero ancora?

Che sulla maggior parte dei temi controversi ci sia scarsa omogeneità fra M5S, PD e LeU è noto. Sinora si è mantenuta la pace spazzando la polvere sotto il tappeto, come si è fatto con la questione del taglio dei parlamentari: lo si è fatto passare come necessario per tenere nella maggioranza i Cinque Stelle che si sono ben guardati dal ricambiare aiutando a portare a termine le riforme di contorno necessarie (che peraltro non andavano bene né a LeU né a IV). L’esplodere della pandemia ha consentito che nessuno sollevasse il tappeto per vedere quanta polvere c’era sotto, ma questa tregua è ormai stata consumata.

Ora tutto ciò significa che per governare una maggioranza con scarsa coesione ci vuole un federatore che sappia come creare convergenze proponendo idee e progetti che spiazzino via le impuntature dei vari partner, ma che al tempo stesso incidano sui nodi che strangolano il Paese. Conte è il personaggio adatto per questa impresa? Sinora non l’ha dimostrato, perché la sua logica è sempre stata quella del “troncare e sopire”, cioè girare alla larga dall’affrontare temi impegnativi lavorando intanto per consolidare le posizioni sue e del suo circolo stretto. Può cambiare adesso sotto la pressione degli eventi? Non si può escludere, ma deve darne prova iniziando a proporre, anziché “post” stucchevolmente retorici, proposte e progetti precisi. Potrebbe farsi aiutare da qualcuno che è in grado di dare un apporto di contenuti, anziché da gente esperta in comparsate televisive e demagogia spicciola.

È questa situazione che Mattarella scruterà in profondità nelle sue “consultazioni” (ma ha già raccolto abbondante materiale al proposito) perché sa benissimo che la questione fondamentale è il “programma” del futuro governo a cui “dopo” si connette il tema di una maggioranza che lo sostenga convintamente e che disponga dei numeri per farlo. Molto semplice da dire, ma nelle condizioni attuali sembra un problema del genere di quello sulla quadratura del cerchio.


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