Palazzo Chigi
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Chi pensava che ieri la crisi si chiarisse è rimasto deluso. Tutto è bloccato nel gioco delle tattiche, perché nessuno dei duellanti rinuncia al suo obiettivo: Conte a quello di mettere nell’angolo Renzi e di sbarazzarsene e Renzi a quello di chiudere con Conte alla guida del governo. Naturalmente ciascuno gioca con le sue armi. Il premier, dopo aver seguito i consigli irresponsabili di chi lo spingeva allo scontro muscolare col leader di Italia Viva, ha seguito quelli di coloro che, conoscendo Renzi, gli hanno suggerito di fingere una ritirata, tanto il suo avversario non avrebbe accettato una ricomposizione.
SENZA PAZIENZA
Il senatore di Rignano, a cui è mancata anche questa volta la pazienza per consolidare le sue vittorie, ha scelto di spingere il confronto all’estremo. Anche in questo caso con un tatticismo piuttosto ingenuo: ha sostenuto che non faceva questione di nomi alla presidenza del consiglio, appena dopo aver detto che l’attuale premier aveva violato tutte le regole possibili di una corretta prassi costituzionale.
Difficile immaginare che dopo questi rilievi, che, sia detto con un sorriso, sembrano seguire, con gli aggiustamenti del caso, la stessa falsariga dell’attacco che Conte fece a Salvini nell’agosto 2018, si possa immaginare un Conte Ter con la stessa maggioranza attuale, a meno che il premier non si pieghi davvero ad andare a Canossa.
SFORZI PD
La crisi è dunque aperta con la dimissione delle ministre e del sottosegretario di IV. Adesso la situazione, a dispetto di tutti gli sforzi del PD di tenerla sotto controllo (senza alcun aiuto da parte degli altri componenti della maggioranza), rimane aperta a tutte le opzioni. Qui sta, a nostro giudizio, la debolezza tanto di Renzi quanto di Conte, perché nessuno dei due ha dichiarato quale sarebbe a suo giudizio il percorso corretto per uscirne. Formalmente si può sostenere di non pronunciarsi per rispetto a Mattarella, ma politicamente non ci sarebbe nessun impedimento a dichiarare cosa si intenda fare, almeno in prima battuta.
Vediamo qualche passaggio. Non sappiamo se Conte, di fronte a questo venir meno della sua maggioranza, continui nel voler affrontare il tema in parlamento. Mattarella non gradisce maggioranze raffazzonate, ma non sappiamo se possa impedire un passaggio parlamentare e poi non tenere conto di un voto di fiducia comunque raccattato.
Ci sono anche soluzioni furbesche: per esempio Conte potrebbe prendere l’interim dei due ministeri vacanti e continuare nel lavoro del governo contando sul fatto che i prossimi provvedimenti importanti in discussione sono quelli su cui Italia Viva ha già detto che voterà a favore (Recovery Plan, decreto ristori, decreto anti Covid). In sostanza per un po’ potrebbe giocare come se IV gli desse un “appoggio esterno” in attesa di vedere come si potrà sistemare la situazione. Pessimo scenario, ma non impossibile.
Il comportamento più normale e corretto sarebbe andare a rassegnare le dimissioni al Quirinale e lasciare che Mattarella sbrogli la matassa con lo strumento delle consultazioni, perché in quella sede potrebbe chiedere a tutti non solo come vorrebbero comportarsi in condizioni ideali, ma anche quali subordinate ciascuno sarebbe disposto ad accettare. Su questo trarrebbe poi le sue conclusioni con l’affidamento di incarichi più o meno esplorativi.
CI VUOLE TEMPO
Il problema in questo caso è che per gestire in maniera adeguata un passaggio del genere ci vuole del tempo, e in questo caso di tempo non ce n’è. Dobbiamo però dire una cosa su cui di solito sentiamo imprecisioni: non è vero che senza un governo in carica si fermerebbero il piano vaccinale e la lotta al Covid. In un paese serio il sistema burocratico-funzionale lavora a prescindere dalla vigenza di un esecutivo.
Non è che senza governo i medici smettono di curare, le forze dell’ordine non fanno più il loro dovere, i trasporti si bloccano, ecc. ecc. Forse noi non siamo il Belgio che è andato tranquillamente avanti senza governo per molti mesi (certo all’epoca non c’era la pandemia), ma bisogna sperare che “lo stato” e le sue articolazioni funzionino anche durante le crisi politiche.
CONFRONTO EUROPA
Tuttavia è evidente che in un momento di emergenza pandemica e sociale, con il problema di interfacciarci con la UE per i fondi essenziali per la nostra ripartenza, con la necessità di non lasciare spazi ad insorgenze di tipo anarcoide, sia importante non aggravare tutto con una prolungata crisi politica.
Questa va dunque risolta e il più rapidamente possibile, ma bisogna trovare il modo di farlo e, temiamo, non sarà possibile senza accettare una certa forma di azzeramento della situazione esistente.
Per come si stanno mettendo le cose, la via d’uscita è solo in una rimodulazione del quadro politico-governativo.
Ci vorrebbe disponibilità da parte di tutti i componenti dell’attuale maggioranza per comporre le tensioni interne accettando gli inevitabili ridimensionamenti reciproci oppure una disponibilità molto larga nel parlamento per un solido governo di tregua: nel primo caso si può pensare ad un patto di legislatura, nel secondo caso ad una soluzione destinata a durare solo fino alle elezioni del successore di Mattarella.
Non ci sono molte speranze perché si realizzi l’uno o l’altro dei due scenari. Troppe furberie in giro, troppi tatticismi, troppe volontà di salvare solo degli interessi di parte. Possiamo però sperare che la crisi faccia emergere una nuova leadership capace di neutralizzare quelle spinte.
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