Matteo Renzi
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Cosa significa che crisi non ci sarà, neppure sotto la veste meno impattante del rimpasto? Semplicemente che stiamo parlando solo della crisi politico-parlamentare, perché per il resto la situazione resta critica e pesantemente. Una volta di più si è cercato di ridurre tutto ad uno scontro con “Renzi il bullo” perché non si sa come sciogliere i molti nodi che ci si trovano davanti. Che sia una buona strategia è tutto da dimostrare.
MATTEO IL BULLO
Indubbiamente per un giorno è sembrato che potesse riuscire l’impresa di bullizzare il bullo, perché questo è stato l’atteggiamento dei Cinque Stelle che sembrano aver ritrovato una sintonia con Conte (e lui con loro). Hanno pensato che fosse facile costringere il giocatore di poker a buttare giù le carte: la possibilità di mettere insieme alla svelta una alternativa al governo attuale non si è rivelata fattibile. Neppure l’ipotesi di andare ad elezioni anticipate è facilmente percorribile, perché è troppo rischiosa per tutti. Conclusione: Renzi ha nei suoi cannoni solo cartucce a salve.
Il PD non è riuscito a superare gli umori antirenziani che albergano in tanta parte del Nazareno e si è limitato a fare il pompiere buttando acqua su un po’ di focolai dell’incendio, senza però riuscire a toccarne il cuore. Chiedere sempre cambi di passo, impegni sulle cose concrete e via dicendo, è una recita di formule vuote, perché si evita di spiegare come mai si ripetono da tempo, ma il miracolo non avviene. Sarebbe ora di dire chi non vuole trovare una diversa andatura e chi impedisce di affrontare davvero i problemi, ma se lo si facesse verrebbe giù il palco. Così ci si affida ai soliti “vincoli esterni”: ce lo chiede l’Europa, non si può sprecare un’occasione storica, con una pesante pandemia in corso non si può proporre di andare verso un vuoto politico.
UNA VIA DI FUGA
Peccato che siano tutte ragioni che spingono non ad un cambiamento, ma ad un rafforzamento dell’immobilismo all’ombra del quale si consolidano rendite di posizione: per i partiti più modeste di quanto credano, notevoli per diversi gruppi di potere che sfruttano la situazione. Adesso c’è da vedere come Renzi reagirà alla sfida, perché certo non può accettare di uscire scornato dal torneo che lui ha aperto. Gli insegnamenti elementari di tattica avvertono che è pericoloso ridurre un animale senza vie di fuga: lo si costringe ad una lotta feroce in cui giocherà il tutto per tutto. La considerazione cinica per cui Renzi non può permettersi di far saltare il governo assumendosi la responsabilità di una crisi che si presume impatterebbe negativamente su di lui è tutta da dimostrare. Indubbiamente andare alle urne con una pandemia in corso che ha squassato e incattivito il Paese rappresenta una grossa incognita: ma per tutti, non solo per il leader di Italia Viva. E se non gli si offrono onorevoli vie d’uscita lo si spinge a rompere, se non adesso in un futuro molto prossimo.
Abbiamo l’impressione che in questa partita ci sia da troppe parti l’illusione che “nel frattempo” qualcosa succeda e il quadro cambi, ma intanto ciascuno pensa di accumulare a riserva risorse e poteri. È un pessimo modo di guardare al futuro. Lo dimostra il fatto che la strategia del PD di puntare sulla ripresa in mano dei dossier scottanti non sta ottenendo successo. Non si riesce a sbloccare neppure la partita sulla riforma della legge elettorale che pure faceva parte degli accordi di coalizione e che soprattutto era la foglia di fico che doveva coprire la vergogna della resa dei democratici alla demagogia grillina che voleva a tutti i costi un taglio secco dei parlamentari a prescindere (e non si sapeva a cosa potesse servire).
Anche su questo tema si può dare la colpa a Renzi che non vorrebbe accettare una riforma elettorale di stampo proporzionale con sbarramento al 5% per evitare proliferazione di partitini. Sarà anche così, ma non si è visto un fronte compatto per isolare Italia Viva su questo tema. Non dovrebbe essere difficile, visto che la materia è più trasversalmente parlamentare che non di coalizione governativa, ma crediamo che ci sia poca voglia da parte di tutti di chiudere quel dossier. A coloro che hanno interesse per un sistema proporzionale che consentirebbe ad ogni partito di fare la sua gara in solitaria e poi si vedrà, si contrappongono quelli che preferiscono avere anche in questo caso un vincolo esterno che obbliga a coalizzarsi, così tengono sotto controllo le tensioni interne ai due grandi campi del centrodestra e del centrosinistra e si segano le gambe alle ambizioni delle “terze forze”. Ci potrà essere uno scontro anche duro, ma alla fine si potrebbe anche andare alla conta.
LOGORAMENTO RECIPROCO
Solo che questo è esattamente ciò che al momento ben pochi vogliono. Se ci fosse la possibilità di votare con un decente sistema proporzionale si avvicinerebbe il rischio di elezioni anticipate, mentre finché in quel caso si fosse costretti a votare col sistema pasticciato del Rosatellum e coi nuovi collegi monstre resi obbligatori dal taglio dei seggi si tratterebbe di andare a giocare un risiko da cui quasi tutti vogliono tenersi lontani.
Dunque per adesso si finirà collo stare più o meno fermi logorandosi reciprocamente e spostando a dietro le quinte il confronto sulle modalità di divisione e controllo dei fondi per il Pnrr. Abbastanza forse per costringere le forze politiche a qualche soluzione di compromesso, ma non per ristabilire per il nostro sistema politico-istituzionale un equilibrio almeno di medio periodo.
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