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La conferenza Stato-Regioni

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Il conflitto/rapporto Stato Regioni continua ad evolversi. Adesso sono diventati tutti più furbi e le decisioni più difficili vogliono che le prendono gli altri. Allungando con questa manfrina i tempi di realizzazione di quello che sarebbe opportuno.

Tanto i ritardi si stanno accumulando che per esempio i medici piemontesi si esprimono sulle esigenze del territorio con un appello drammatico del tipo “ chiudete o non garantiamo più la sanità.

In realtà non si capisce perché quando ci sono da prendere decisioni vantaggiose per la gente compete alle Regioni e quando invece si tratta di decisioni contestabili spetta al Governo centrale.

Nessuno pensa che la situazione sia semplice, ma è proprio nel momenti difficili che vengono fuori tutti gli stress, da quelli istituzionali conseguenti alle modifiche del titolo V della Costituzione, a quelli relativi ad un Paese duale che nelle tragedie, come quella che stiamo vivendo, dimostra tutta la sua debolezza, alla realtà di rapporti di forza tra territori che non vengono sanati da un coordinamento centrale. 

E la situazione continua in un senso inimmaginabile. Perché tanta é diventata la potenza delle Regioni che il Presidente del Consiglio dei ministri, oggi nelle dichiarazioni alla Camera, non fa riferimento ad un preventivo assenso del Parlamento, ma addirittura della conferenza Stato Regioni, una terza camera che si era temuto avesse un potere usurpato, ma che ora viene legittimata e che mette in discussione l’assetto costituzionale del nostro Paese.

Peraltro in tale conferenza il rapporto dei poteri non é più tra forze di maggioranza e di opposizione ma, in un accordo incestuoso, il gruppo di potere é quello tra la sinistra tosco-emiliana e la destra leghista lombardo veneta.

Mi pare che ci voglia una presa di posizione netta perché l’ esigenza di ritornare ad un aspetto costituzionale è prevalente rispetto ad un consenso a tutti i costi, magari per far sopravvivere il Governo oltre ogni logica. 

I temi sui quali si deve decidere sono quelli che già si sono presentati precedentemente: il primo riguarda i tempi delle chiusure, se generalizzate come chiederebbero Lombardia in testa, ma praticamente le Regioni del nord con la Campania o invece articolate per Regioni o addirittura per aree, in base all’indice RT di ciascuno, come pare si stia saggiamente decidendo. delle persone da una parte all’altra del Paese. 

Già una prima volta si è avuto un approccio sbagliato, quello di considerare Bergamo o il Lodigiano come realtà simili al paesino dell’interno o l’isola meno collegata. La prima volta il lockdown , assolutamente generalizzato, è stato un errore che ha penalizzato territori che potevano essere salvati, visto che avevano un numero di casi molto contenuti . E salvare alcuni territori dal blocco significava evitare perdite nell’economia in termini di crescita del Pil ma anche avere meno costi per i ristori.
Ma anche chiudere o aprire, in modo elastico, in base a dei parametri noti, significa spingere le Regioni ad intervenire con molti tamponi, per isolare i positivi asintomatici, che sono il vero problema della diffusione della epidemia.

Perché se le Regioni faranno tamponi generalizzati, come è stato fatto in Cina, Corea, Taiwan, Singapore e Giappone cercheranno gli untori inconsapevoli, che stano spargendo il virus nella società costringendoci poi ad un blocco generalizzato. Ma in realtà stiamo imparando tutti come contrastare questa epidemia, compreso il Governo nazionale ed i Presidenti regionali. E ovviamente gli errori che si commettono comportano un prezzo. 

Il secondo aspetto riguarda il fatto che la crisi non colpisce nello stesso modo in tutti posti, al Sud per esempio, per quanto attiene la scuola colpisce di più. Perché si chiude intanto prima, come si è visto, perché i sistemi più deboli, dove le infrastrutture sono meno evolute, In termini di edifici scolastici, per esempio, ma anche di servizi, come scuola bus o mense scolastiche, hanno come via di fuga quella che avevano i nostri antenati del seicento: il blocco di tutte le attività. Colpisce di più perché la cosiddetta didattica a distanza, DAD, non é possibile se lo studente non ha i mezzi hardware che servono e se non vi é una connessione adeguata , cose che mancano al Sud . 

Colpisce anche di più dal punto di vista economico, perché è più probabile che una famiglia dove lavora una sola persona rimanga senza un emolumento. Altrove magari a fianco al padre che lavora al bar c’è la moglie che lavora invece al Comune. E se il primo va in cassa integrazione con il salario decurtato, la moglie continua a ricevere lo stipendio pieno. Così come avere un monte pensioni più elevato nei territori, perché coloro che invecchiano sono usciti dal mondo del lavoro e quindi hanno una pensione dignitosa e non quella minima, aiuta a sopravvivere nei momenti di maggiore difficoltà conseguenti alle chiusure generalizzate.

Ma poi è evidente che le realtà più povere hanno anche minore accumulazione da utilizzare quando arriva l’inverno, e non per essere state cicale ma per essere formiche che non hanno potuto mettere da parte nulla. Un paese duale è un paese più fragile.

Forse sarebbe bene che ci convincessimo tutti di questa evidenza e che gli interventi fossero differenziati.


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