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Il murale di TVBOY "Le Tre Grazie" che sintetizza le frecce avvelenate di Renzi alla coalizione di governo

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Passata è la tempesta? Così si inneggiava l’altro ieri sera dopo l’approvazione alla Camera e al Senato dello scostamento di bilancio e della Nadef. Conte stesso si era lasciato andare all’entusiasmo. Non crediamo si trattasse semplicemente del raggiungimento dei quorum previsti senza bisogno di robusti sostegni esterni, quanto della constatazione che l’opposizione aveva optato per un registro tutto sommato moderato. Decisamente lo aveva fatto Forza Italia, in modo più ambiguo, ma tuttavia abbastanza chiaro la Lega, dove Salvini sembra si stia convincendo che se vuol diventare premier in futuro deve optare per atteggiamenti che possano sfondare al centro.

Solo Meloni si era esibita nei panni della pasionaria di destra, ma fa parte della sua strategia di sottrarre consensi a Salvini, niente di più. Ieri però è scoppiata una grana, apparentemente minore e strana. Alla Camera si doveva procedere alla seconda lettura della riforma costituzionale che conferisce il diritto di voto a partire dai 18 e non più dai 25 anni. Una norma assolutamente banale, su cui avevano concordato praticamente tutti, come ha puntualmente ricostruito l’on. Ceccanti pubblicando le dichiarazioni di voto delle opposizioni durante la prima lettura. Del resto oggi nessuno crede più che a 25 anni si sia particolarmente più maturi che a 18.

Ebbene si è messa di traverso Italia Viva che ha preteso il rinvio dell’esame della riforma (parola sin eccessiva in questo caso) facendo venire meno la maggioranza di governo, non rimpiazzabile dai voti di un’opposizione che sul tema sembra aver cambiato opinione. La gente non può che vederci una farsa politica, messa in scena mentre il paese è preso alla gola dai problemi della pandemia. I giochi politici però suggeriscono una lettura diversa (che peraltro non è che azzeri l’impressione di trovarsi di fronte all’ennesima sceneggiata).

Italia Viva giustifica la sua presa di posizione con la richiesta che non si facciano riforme costituzionali spot, ma che si affronti il tema nel suo complesso, come peraltro il PD ha provato a fare proponendo una riforma articolata, di cui però dal giorno dopo la sua presentazione non si parla più. La richiesta appare strumentale, perché non c’è incompatibilità fra l’approvare quell’adeguamento dell’elettorato attivo per il Senato (un normale “aggiornamento” normativo più che una riforma) e il procedere ad una riforma costituzionale più articolata, che però quasi nessuno vuole e dunque è come chiedere la luna. Perciò le ragioni alla base della mossa di Renzi sono altre.

Sospettiamo che il senatore di Rignano voglia mettere sul tavolo il tema del potere di veto all’interno della coalizione di governo. Proviamo a dirlo papale, papale: se ai Cinque Stelle si consente un ridicolo potere di veto contro il MES giusto perché quello è un loro pallino, allora non deve valere lo stesso per il pallino di Renzi per la riforma costituzionale organica? Siamo davanti a piccole scaramucce sullo sfondo di problemi assai complicati, ma altrettanto ad una mancanza di guida vera all’interno della coalizione di governo. Dovendosi ormai andare al confronto sulla legge di bilancio, il panorama non è tranquillizzante. Secondo quanto ci pare grosso modo di capire, la prospettiva è di avere un bilancio per il 2021 sostenuto per una grossa componente dal deficit, e per una parte meno consistente dagli anticipi sul Next Generation UE che ci si aspetta di riceve intorno a metà anno o poco dopo. Già questa composizione postulerebbe non solo una maggioranza coesa, ma un clima di solidarietà nazionale e si tratta di due componenti su cui è legittimo esprimere dubbi (a parte qualche incertezza sull’andamento dei piani a Bruxelles).

Non parliamo poi della gestione della nuova fase dell’epidemia che ci mette davanti al problema di costruire un consenso forte nell’opinione pubblica e anche una capacità di intervento equilibratore dello stato sulle sofferenze del sistema socio-economico. Anche il più sprovveduto degli osservatori politici sa che abbiamo risorse molto limitate per affrontare queste sfide. L’opinione pubblica è disorientata dal proliferare di pareri contrastanti e poco credibili: per citare l’ultimo, la tesi della ministra De Micheli che non ci si contagerebbe sui mezzi di trasporto affollati come d’uso nelle ore di punta, questo dopo aver sentito in estate teorie fantasiose sul quarto d’ora come limite di percorrenza sicura. Le proposte di intervento a sostegno dei settori in sofferenza sono anche queste campo per interventi a vanvera: da chi punta sugli sgravi per far assumere giovani, il che comporterà per forza un incentivo ai licenziamenti di personale che costa di più, senza dire che non si tocca la fascia, non indifferente, dei disoccupati che giovani non sono più, a chi continua con gli inutili bonus tipo quello per le vacanze (che sembra aver dato risultati più che modesti).

In questa situazione piuttosto confusa la politica finisce per disperdersi nelle schermaglie per far sfoggio di muscoli, visto che non riesce ad incidere sulle vere scadenze che abbiamo davanti, a cominciare da quei piani di impiego dei sospirati fondi del Recovery che per il momento sembrano essere totalmente nelle mani delle burocrazie ministeriali e regionali. Non si può perdonare tutto per il fatto che le varie forze politiche (e loro articolazioni interne) nell’impossibilità di fare battaglie serie devono pur sfogarsi nello scambiarsi sgambetti e colpi di spillo. C’è un paese là fuori che sta perdendo fiducia negli strumenti con cui una democrazia deve affrontare il destino futuro.


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