Palazzo Campanella sede del Consiglio Regionale
4 minuti per la letturaQualcuno l’ha definita una tempesta imprevista la morte improvvisa di Jole Santelli, presidente della giunta regionale della Calabria. Il suo decesso apre, infatti, un quadro politico tutto da decifrare.
La cosa sicura è che i calabresi dopo nemmeno un anno dal voto saranno richiamati alle urne per il rinnovo del consiglio regionale. Lo stabilisce lo Statuto della Regione all’art. 33 (comma 6) in base al quale “Si procede parimenti a nuove elezioni del Consiglio e del Presidente della Giunta in caso di rimozione, impedimento permanente, morte, incompatibilità sopravvenuta e dimissioni volontarie del Presidente”. I tempi del voto sono anch’essi disciplinati dallo statuto regionale e in particolare dall’art. 60 del regolamento attuativo in base al quale entro dieci giorni il presidente del consiglio dovrà convocare la seduta per la presa d’atto della morte del presidente ed entro un limite massimo di 90 giorni si dovranno indire le elezioni. Con ogni probabilità quindi in Calabria si voterà fra febbraio e marzo.
Da qui al voto la Regione sarà guidata dal vicepresidente che in Calabria è il leghista Nino Spirlì che in questi mesi si è fatto conoscere più per le sue provocazioni contro il linguaggio politically correct che per la sua azione amministrativa. Fece scandalo, infatti, il vicepresidente quando nel corso della manifestazione della Lega di Catania a sostegno di Matteo Salvini rivendicò il diritto di dire «negro» e «frocio» e condannare, lui che ha scritto un’autobiografia dal titolo “Diario di una vecchia checca”, la «lobby frocia». Insomma il destino sembra essersi divertito a sostituirsi alla politica e Salvini si trova per cause assolutamente imprevedibili a guidare per la prima volta, sia pure per pochi mesi, una regione del Sud. Lo farà attraverso la figura eretica di Spirlì: omosessuale e cattolico fervente dichiarato.
Difficile che Salvini lo farà ancora dopo le imminenti elezioni regionali. Le recentissime amministrative hanno infatti mostrato tutti i limiti del progetto di trasformare il Carroccio in un movimento politico nazionale con percentuali minime un po’ dappertutto e la brutta batosta di Reggio Calabria dove il candidato imposto direttamente dal Salvini ha perso malamente contro Giuseppe Falcomatà.
Se la Lega è fuori gioco sulla scelta del presidente non è che il resto della coalizione se la passi meglio. La verità è che nel centrodestra manca classe dirigente e leadership. Il primo fattore è emerso con evidenza alle amministrative dove il centrodestra è riuscito a vincere solo a San Giovanni in Fiore e Taurianova, perdendo invece nelle tre città capoluogo chiamate al voto. Il secondo fattore rischia di emergere da qui a breve perché è evidente che la vera leadership era esercitata, col sorriso ma col pugno di ferro, dalla stessa Jole Santelli che non ha lasciato eredi. I boatos di corridoio dicono però che il centrodestra potrebbe proporre un’altra donna alla guida della Regione.
Si tratta della deputata Wanda Ferro già candidata contro Mario Oliverio sei anni fa in una situazione disperata con la coalizione allo sbando per le disavventure giudiziarie dell’allora Governatore Giuseppe Scopelliti. L’ipotesi non è peregrina perché la Ferro è stata ottimo amministratore per dieci anni alla Provincia di Catanzaro, ha una solida reputazione riconosciuta anche dagli avversari politici ed infine perché Fratelli d’Italia è l’unico partito del centrodestra che dopo le regionali ha confermato la sua crescita anche alle amministrative.
Naturalmente è prestissimo per qualsiasi ipotesi visto che la tempesta ha sparigliato le carte all’improvviso e i partiti devono trovare la quadra degli accordi in brevissimo tempo.
Se il centrodestra è in affanno, il Pd, se possibile, è in una situazione ancora peggiore con il candidato, l’imprenditore Pippo Callipo, che si è dimesso; il partito commissariato a livello regionale e in quasi tutte le federazioni provinciali e una lotta senza quartiere fra i capi correnti. Una rissa infinita che non si avrà il tempo di ricomporre visto che la data del congresso regionale che dovrebbe cristallizzare i rapporti di forza interni non è stata nemmeno ipotizzata. In particolare il Pd deve capire cosa vogliono fare da grandi i 5 Stelle, anche loro alle prese con una crisi d’identità politica.
Alle scorse elezioni del 26 gennaio i grillini calabresi hanno rifiutato sdegnosamente ogni accordo con i democrat, nonostante il tentativo di Zingaretti di attrarli con un candidato vicinissimo al loro mondo come appunto Pippo Callipo. Hanno optato per un candidato autonomo e non sono riusciti nemmeno a superare l’altissima soglia di sbarramento (8%) della legge regionale calabrese. In molti dirigenti c’è il timore che si possa ripetere un’operazione del genere e cioè che il partito romano scelga di puntare su una figura della società civile per allargare il campo progressista. Il punto – dice un dirigente calabrese – è quello di non allargarlo al punto da non intravedere più i confini.
I giochi, quindi, sono tutti da fare e le circostanze impongono di farli abbastanza in fretta. Ma per questi discorsi ci sarà tempo. Oggi persino per la politica è il giorno del dolore e del ricordo.
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