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Luca Zaia, dominatore delle elezioni regionali in Veneto, rilancia la secessione. Non usa questa parola, ma quella più malleabile e governativa di “federalismo” e di devoluzione di competenze dallo Stato alla periferia. Ma è tassativo durante la conferenza stampa che si tiene il giorno dopo il trionfo, al K3 di Villorba, alle porte di Treviso, sede storica della Lega della Marca.

“La vera ragione del successo è il voto del popolo per il popolo, dei veneti per il Veneto. Ci hanno votato anche cittadini di altri partiti, perché sono andati a votare per l’autonomia”. Torna il grande tema dell’incompiuta istituzionale che da tre anni tormenta i sonni del governatore, perchè un referendum l’ha approvata a stragrande maggioranza nell’ottobre 2017, ma finora non è arrivata in porto. Neanche quando Zaia poteva contare su un governo amico, con Matteo Salvini ministro dell’Interno ed Erika Stefani ministro per gli affari regionali e le autonomie. Tutto si è arenato e il Veneto si è trovato a trattare nuovamente, dall’autunno 2019, con il secondo governo Conte, segnatamente con il ministro Francesco Boccia. E quindi Zaia è ripartito da capo. “Non stiamo commettendo una illegalità, la Costituzione ci dà pieno titolo nel chiedere 23 materie da amministrare. – ha detto – Roma l’ha vissuta come una sottrazione di potere, sbagliando”.

Fin qui non ha detto niente di nuovo, ma il plebiscito ottenuto con il 76,8 per cento dei voti (record assoluto nella storia delle Regionali) lo induce ad alzare il tiro. “Adesso non possono più non tenere in conto questo grande voto dei veneti. Mi ha telefonato il ministro Francesco Boccia e gli ho chiesto: ‘Mi hai chiamato per firmare?’. In realtà voleva complimentarsi. Dobbiamo costruire un Paese federalista, perchè da Roma non si può governare tutto il territorio. Per questo noi non molliamo, abbiamo in serbo progetti istituzionali che metteranno in difficoltà Roma. Ma adesso, dopo questo voto, non si può più tornare indietro. E’ la Costituzione che prevede l’autonomia dal Nord al Sud. La partita dell’autonomia riguarda trasversalmente tutto il parlamento, anche se ci sono parlamentari del Sud che non la vogliono. Dire di no al Veneto, dopo questo voto, significa non voler ascoltarci”.

Forse però deve guardarsi in casa, dove Matteo Salvini, il segretario, è sembrato finora guardare più allo scenario nazionale che all’autonomia del Veneto. Come risponde Zaia? “Nella Lega non ci sono due anime diverse, casomai sensibilità diverse”. Nega, quindi, che Salvini non pensi all’autonomia del Veneto. Eppure il disegno federalista tratteggiato da Zaia non sembra coincidere con la linea sovranista del Capitano. Un ulteriore motivo di frizione, dopo che la schiacciante vittoria della lista Zaia Presidente ha triplicato (44,6 per cento contro 16,9 per cento) i voti rispetto a quelli della lista Salvini Lega? Zaia fa il diplomatico, come accade da sempre, non vuole attizzare tensioni. Se ci sono se la vedranno in casa. Infatti, risponde: “La rivalità con Salvini? Ormai è un tormentone… No, non ho alcuna velleità nazionale, il mio compito è amministrare il Veneto, Non penso nemmeno alla presidenza della Conferenza Stato-Regioni. Perchè devo dedicare il mio tempo al Veneto, sono più utile qui. La votazione delle regionali riguarda la mia amministrazione, il tema politico si affronta con le elezioni politiche”.

Zaia aggiunge un elogio al segretario: “Non dimentichiamo che la Lega è stata portata dal 3 per cento al 30 per cento da Salvini”. Insomma, se mai ci sarà, lo scontro è rimandato. Salvini deve leccarsi le ferite di un voto non proprio positivo in Toscana, Puglia e Campania. Zaa deve nominare la nuova giunta del Veneto e lo farà da una posizione di dominio assoluto. La sola lista “Zaia Presidente” ha ottenuto 24 seggi, mentre agli altri alleati ne vanno 17: 9 a Salvini-Lega, uno a Lista Veneto Autonomo, 5 a Fratelli d’Italia e due a Forza Italia. Potrebbe governare soltanto con i suoi uomini, perfino senza quelli di Salvini. “Ma siamo tutti leghisti” dice, per stemperare le illazioni. Di sicuro avrà un’opposizione modesta. La coalizione di Arturo Lorenzoni avrà 9 seggi, oltre a quello del candidato arrivato secondo (con il 15,7 per cento, : 6 al Pd, uno ciascuno a “Il Veneto che vogliamo” ed “Europa Verde”. Il Movimento Cinquestelle, che contava su 5 consiglieri, non entrerà nemmeno a Palazzo Ferro Fini.


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