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Averla spuntata sulla fiscalità di vantaggio per le imprese del Sud rischia di trasformarsi in una vittoria di Pirro. Nel Pd c’è infatti chi è pronto a dare battaglia e a impugnare la bandiera del Nord per attaccare la segreteria Zingaretti. Uno scontro tutto interno con il sospetto che la geopolitica c’entri poco. Che sia solo un espediente per meglio posizionarsi in vista del futuro congresso programmatico, quando e se ci sarà.

L’ex segretario, nonché ex ministro all’Agricoltura Maurizio Martina è uscito allo scoperto. Dietro c’è un plotone che soffia sul fuoco, pronto ad attaccare alla prima occasione propizia. La tesi è che a pagare il prezzo più alto in questi mesi di forzato lockdown siano state le regioni produttive del Paese. E che dunque il maggior sostegno debba andare in quella direzione. Ovvero nella solita. La stessa di sempre. Ignorando tutto il resto. La mancata attuazione del federalismo fiscale 2009, a partire dalla definizione dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni ancora al di là da venire.

Non lo dice Martina, non lo dice il sindaco di Milano Beppe Sala e il pensiero non sfiora minimamente il sindaco di Bergamo Giorgio Gori. Tre paladini del modello di sviluppo pre-Covid. Un coro a più voci che tende a mettere sullo stesso piano il Settentrione colpito dal virus e il Meridione desertificato dall’altro virus invisibile. L’idea-base è che la decontribuzione prevista dal decreto Agosto non servirà a rilanciare il Mezzogiorno. Il retropensiero – detto in soldoni – è il solito refrain: inutile dare risorse al Sud, soldi sprecati.

PARTITO UNO E TRINO

Che i Dem siano percorsi dalla base al vertice da una tensione territoriale è sin troppo evidente. Che la classe dirigente del Sud sia stata a lungo silente, vittima di una sorta di complesso di inferiorità è l’altro dato inoppugnabile. Da qualche tempo però qualcosa è cambiato.

Il partito del Nazareno da un mese a questa parte s’è dato una organizzazione diversa. Un responsabile organizzativo per il Nord, uno per il Centro e uno per il Sud. Ognuno dei tre in pieno stile Cencelli risponde a componenti diverse. Ufficialmente per una questione tecnica e amministrativa. L’apparato difatti non c’è più. E ‘in cassa integrazione. I dipendenti lavorano da casa, difficile tenere i contatti.

Lo sa bene Carlo Bettio, viceresponsabile nazionale dell’organizzazione che ha La delega al Nord. Spiega: «Se sono mal di pancia legittimi ben vengano. Poco importa se arrivano da territori considerati da sempre più “ricchi”. Diverso è il discorso se si tratta di argomenti sollevati per una questione di posizionamento politico».

Bettio viene dalla gavetta. Espressione del territorio, come si dice ora. Ex assessore di un piccolo Comune del Padovano. La politica come impegno, come passione, non come primo lavoro. Vissuta giocando fuori casa, contrastando passo passo i militanti del Carroccio, ma anche chi, nell’ambito del suo stesso partito, al referendum “finto” di Zaia per votare l’”indipendenza” diede come indicazione di voto il “sì critico”.

Quel Pd, insomma, che dinanzi al dilagare della Lega cadde nella tentazione di rincorrerla proponendosi come fac-simile. «Questo non è certo il momento delle polemiche – riprende Bettio, zingarettiano della prima ora – il mio compito è un altro. La crisi non è solo quella dei mille capannoni vuoti. È anche quella delle piccole imprese che a furia di dire “piccolo è bello” non hanno fatto sistema. Dobbiamo discutere, certo. Non di Nord e Sud ma di come si gestisce la ricerca, lo sviluppo, la green economy. Qui da noi la gente ha capito che i temi sono stati traditi, la Lega perde colpi e la nostra campagna per le iscrizioni sta andando bene, anche se ancora non abbiamo i dati definitivi».

«Stanno per arrivare molte risorse – continua il delegato dem – e dobbiamo gestirle ovunque con attenzione. Certi discorsi non valgono più. Da anni denunciamo la presenza della criminalità organizzata anche al Nord. Penso espressamente al Veneto: una presenza non occasionale ma sistematica che fa riflettere».

ATTACCO ISPIRATO

Le zone interne svantaggiate. La quota di Sud che c’è dentro ogni Nord. La lotta contro le disuguaglianze, a prescindere dalla specifica area geografica. Sono queste le riflessioni largamente condivise di cui si discute da sempre nel partito di Zingaretti.

Le istanze che Francesco Boccia, ministro per gli Affari regionali e Beppe Provenzano, ministro per la Coesione territoriale, portano avanti sin dal loro insediamento. All’inizio in splendida solitudine, poi, via via, raccogliendo consensi.

Anche per questo le parole di Martina sono suonate “strane”. Parole pensate, ispirate, non da sen fuggite. Già. Ma da chi? Confindustria? Dall’anima nordista del partito che continua ad accusare la direzione di essere meridionalista, di ignorare la questione settentrionale e il governo di essere troppo al di sotto della linea del Po? «Non mi sembra, noi veneti, ad esempio, abbiamo tre sottosegretari, Andrea Martella, che ha la delega all’’editoria, Achille Variati, già sindaco di Vicenza e presidente delle Province Pierpaolo Baretta, all’Economia, tutti in ruoli chiave, se vogliamo metterla su questo piano».

CIRINNÀ: IN PASSATO SI PARLAVA EMILIANO

«Semmai c’è stato un Pd nordista io non me sono accorta – scherza Monica Cirinnà, senatrice romana con radici in Sicilia – Sicuramente c’è stata una sostanziale divisione di ruoli per rappresentare anche le aree interne e le piccole comunità montane. Non nego però che in passato certi delegati regionali con un forte accento emiliano abbiamo esercitato più potere. Mi sembra però che con la segreteria Zingaretti non ci siano più divisioni territoriali. Nicola ha partecipato ai congressi provinciali che ci sono stati di recente in Sicilia. Lì arriveranno nove miliardi di euro, cifre mai viste prima. Il vero tema è questo. Usiamoli bene».


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