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Luca Zaia e Matteo Salvini

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Ci sono parole e parole. Il dubbio che il governatore del Veneto, Luca Zaia, voglia lanciare un salvagente al suo vice, Gianluca Forcolin, è venuto ieri sul far del mezzogiorno quando ha risposto ai giornalisti. Quale sarà il futuro dei tre leghisti che hanno chiesto il bonus Covid-19 da 600 euro?

«Prima di decidere voglio parlare con ognuno di loro. Io una decisione ce l’ho già in testa, ma li conosco, sono veneti, prima voglio sentirli» ha detto all’esterno della sede della Protezione Civile a Marghera. Parole più possibiliste, caute, dopo gli anatemi degli ultimi due giorni che hanno assicurato la non ricandidatura alle prossime elezioni regionali dei tre leghisti.

Martedì sera il commissario veneto della Lega, l’ex ministro Lorenzo Fontana, aveva assicurato: «Hanno fatto una sciocchezza, sono fuori. La linea è quella di escludere dalle liste chi ha fatto domanda per il bonus Inps. Questa linea è stata confermata da una telefonata con il segretario Matteo Salvini. La decisione definitiva sarà presa dopo una consultazione col direttorio della Liga Veneta».

I DISTINGUO

Quindi anche Fontana, che è plenipotenziario di Salvini, aveva demandato a una decisione dell’organismo di governo del partito in Veneto, composto, oltre che da Fontana e Zaia, anche dall’ex ministro Erika Stefani, dall’assessore regionale Roberto Marcato e dal capogruppo regionale Nicola Finco, oltre a Massimo Bitonci, che ha la delega alla gestione amministrativa della campagna elettorale. Ma Zaia da tre giorni sta ripetendo che vuole conoscere i nomi di chi ha chiesto il bonus, pur godendo di lauti stipendi da consigliere regionale. Invece, ora che i nomi sono usciti, le parole di Zaia sono sembrate meno decise. È probabile che alla fine i tre non siano ricandidati, ma se si vuole restare alle dichiarazioni ufficiali non si possono non sottolineare alcuni passaggi.

«Intanto dico che devono uscire tutti i nomi, non solo questi» ha dichiarato il governatore. Ormai è in campagna elettorale e i tre consiglieri regionali uscenti pescati con le mani nella marmellata rischiano di creargli qualche grattacapo, anche se la sua rielezione non è messa in dubbio. Zaia vuole evitare che nel tritacarne politico-mediatico finiscano solo i leghisti, spera che anche altri partiti abbiano registrato scivoloni analoghi.

Però aggiunge: «Ci sono casi e casi. Ad esempio nel caso del mio vice, Gianluca Forcolin (è vicepresidente della giunta regionale del Veneto, ndr) è stato lo studio associato ad avviare direttamente la pratica che poi è stata bloccata». Forcolin ha dichiarato che quando è venuto a conoscenza della richiesta inoltrata all’Inps dagli altri soci dello studio di commercialista (che gli chiedevano qualche documento aggiuntivo a sostegno della pratica) lui aveva dato disposizioni di non coltivare la pratica. E ora Forcolin ribadisce: «Conto nelle prossime ore di incontrare il presidente Zaia e condivido l’azione da lui intrapresa per primo a livello nazionale con l’obiettivo di fare chiarezza rispetto alla “vicenda bonus”. Carte alla mano, ho bloccato l’invio di ulteriore documentazione all’Inps dopo aver saputo che dal mio studio erano state inoltrate richieste di bonus a favore di tutti i soci». Proverà a convincerlo di non punirlo troppo severamente.

SEGNALE DI RISPETTO

Zaia potrà permettersi di non farlo? Quali ricadute avrebbe la sua campagna elettorale? Che conflitti si innescherebbero con il segretario Matteo Salvini? Quest’ultimo proprio ieri ha dichiarato: «Ho già dato indicazioni che i parlamentari della Lega coinvolti nella vicenda dei bonus Iva siano sospesi e non possano essere ricandidabili. Se qualcuno sbaglia in casa mia io sono inflessibile. Mi auguro che anche gli altri partiti politici siano egualmente fermi per dare un segnale di rispetto».

Si riferiva ai parlamentari, non ai consiglieri regionali del Veneto, ma la linea non può essere a velocità variabili. Inevitabile leggervi le rughe della rivalità emergente tra il segretario nazionale e il governatore veneto.

Forcolin è un “colonnello” nella Lega veneta di Zaia, militante da sempre, ex parlamentare, un fedelissimo. Perciò le parole di Zaia si possono leggere nella chiave di una possibile indulgenza nei suoi confronti. Non a caso ha distinto la sua posizione da quella degli altri due, il trevigiano Riccardo Barbisan, per tre mandati in consiglio comunale, dove è capogruppo della Lega, e il veronese Alessandro Montagnoli, già deputato, commercialista e consulente finanziario.

Barbisan ha mostrato i bonifici con cui avrebbe riversato la somma ricevuta dall’Inps al Fondo Covid, Montagnoli ha detto di aver chiesto il bonus per devolverlo ad attività benefiche, ammettendo però l’errore e rilanciando i sospetti di complotti nazionali per distrarre l’attenzione dalle critiche alla gestione governativa dell’emergenza.

Zaia, ieri impegnato in dibattito pubblico a Cortina, ha concluso: «Voglio parlare con tutti e tre prima di prendere una decisione. Il problema non è l’illegalità di una richiesta, che non c’è, ma di opportunità. Ricordo che sono stato io, per primo, a porre la questione a livello nazionale, perché penso sia fondamentale la chiarezza; bisogna avere sempre la schiena diritta».

CINQUE STELLE SCETTICI

Chi non si fa convincere da queste dichiarazioni, in attesa di come andrà a finire, sono i consiglieri regionali uscenti dei Cinquestelle in Veneto.

«Il gesto di Zaia di escludere dalle liste per le regionali i suoi tre fedelissimi che avevano intascato o cercato di intascare i 600 euro, non chiude questa vicenda squallida. È il minimo sindacale di quel che va fatto per rispetto dei cittadini».

Poi si chiedono: «Ci sono altri furbetti, magari nelle altre liste che lo sostengono? Ha intenzione di buttar fuori dalle liste anche loro, o no? Lo chiediamo noi, ma dovrebbe chiederlo apertamente il governatore, dando un ultimatum a chi ora stesse pensando di nascondersi dietro al polverone. Ma Zaia si guarda bene dal farlo: questa non è trasparenza, è limitarsi a disinnescare questa vicenda orribile».

Ecco la richiesta provocatoria di Erika Baldin, Jacopo Berti, Manuel Brusco e Simone Scarabel: «Si dovrebbe obbligare tutti i candidati a esibire, oltre a tutte le altre certificazioni richieste per legge, una dichiarazione giurata di non aver avuto accesso a bonus e aiuti, senza averne avuto necessità».


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