La ministra dei Trasporti Paola De Micheli
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Ce la farà o non ce la farà, Paoletta nostra l’arciduchessa De Micheli di Piacenza, Parma e Guastalla? Passerà indenne il Ferragosto sulla sua cadrega, o cathedra, o scranno o poltrona di ministra, oppure, fra balli canti e festeggiamenti, la butteranno giù dalla Rupe Tarpea dei ministri che sanno solo creare casini? Difficile dirlo, anzi prevedibile.
LE SUE SCARPINE
Fossimo noi? Se fossimo noi nelle sue scarpine, o anche scarpone sennò sa di vezzeggiativo antifemminista, taglieremmo la corda. Prima che la vengano a prendere col picchetto armato, il prete con l’acquasantiera e i fratoni della Giubilazione che agitano l’incenso. Perché le diamo il consiglio di darsela a gambe finché lo può fare ancora con eleganza? Perché il cerchio, che è piuttosto un cappio, intorno a lei e al suo collo so stringe. Il primo ministro è furibondo e ha alzato la voce a lungo parlando di lei e dello scherzo da prete che gli ha fatto dando alle stampe la famosa lettera riservata con cui lei gli chiedeva di darsi una mossa sul caso Autostrade Benetton, che la sta trascinando nel suo crollo personale.
TOPO GIGIO
Il suo partito, che se non sbagliamo dovrebbe essere il Pd (gran casino identitario, scusate, non è colpa nostra, oggi non riesci a distinguere Topo Gigio da Luigi Di Maio) le dà il bacio della morte attraverso l’irritata difesa della mente lucida del PD Lorenzo Guerini, ministro della Difesa e ventriloquo del povero Zinga che ormai fa il giro delle osterie con la chitarra e il piattino. Guerini ha almeno due teste sulle spalle perché il caso piddino è peggio del cubo di Kubrik, nessuno si ricorda più come si fa a rimetterlo come era prima. Guerini ha difeso la nostra Paola Maria Addolorata Duchessina, più o meno dicendo lasciatela stare, non vedete che è piccola, se avete coraggio scendete in cortile da me che vi faccio vedere io. In politichese ha detto che bisogna piantarla con questa spupazzata pentastellare che divide i buoni dai cattivi, i puri dai peccatori e che insomma Paola De Micheli ha tutto il sostegno del Nazareno: un modo molto scaltro per avvertirla che la messa è finita, è sera ed è l’ora di sloggiare. Scambiamoci un segno di pace, per te è finita, amen. Paola De Micheli ha un difetto e glielo abbiamo ricordato – pazzi come siamo di lei – con sincera simpatia. Il difetto è che passa troppo tempo a pararsi le terga e troppo poco a fare le cose che i tempi convulsi richiedono.
L’AVEVA DETTO
La sua unica preoccupazione è poter dire: ve l’avevo detto, ve l’avevo scritto (a Conte), l’avevo previsto, avevo già avviato i controlli, avevo già imbottigliato l’autostrada per farne conserva di automobilisti, avevo già messo le mani avanti, avevo già sentito i miei legali, mica sono scema, non mi faccio incastrare da questa gabbia di matti. Che le vuoi dire? Nulla. Obiezioni? Zero. Ha ragione lei. Per pararsi, si è parata dalle lombari fino all’attaccatura del ginocchio.
Ma l’affare è stato un affaraccio, intendiamo la vicenda Benetton conclusa in un modo astutissimo. Un modo in cui, a chiacchiere sono tutti contenti, ma alla fine qualcuno dovrà restare col cerino acceso e sarà la ministra delle infrastrutture infradito. Perché? Ma perché ha cercato di salvarsi il fondo schiena prima mandando la lettera a Conte e poi dandola alle stampe, provocando un’ondata di marea nel governo. E perché l’ha fatto? Per pararsi. Paraculismo, in linguaggio tecnico. E ha dato prova di anteporre le sue rispettabilissime terga al fronte comune, mandando in bestia il governatore ligure Toti che ha minacciato denunce e l’alleato pentastellare che, per quanto subdolo, non è cretino. I Benetton gridano all’esproprio, ma intanto a nessuno è sfuggito il magico gioco della borsa abbassata a mazzate e poi fatta scattare a molla all’insù, con un discreto acchiappo. I Benetton estromessi, ma non del tutto.
Tutto, semmai, è reversibile, Salvo la De Micheli che è irreversibile perché si è ancorata a una soluzione che ha lasciato tutti di malumore, ma fedeli alla consegna di gridare insieme “Banzai!” abbiamo vinto. E Lei non l’ha capito, ha giocato di spariglio, ha gettato il bastone fra le ruote di Conte per eccesso di zelo retroattivo ed è finita nell’angolo. Ha lavorato per far tornare il pubblico al posto del privato, a staccare i ticket dei caselli autostradali ed è felice come una Pasqua. Ma l’intero pasticcio delle autostrade e della mezza cacciata dei Benetton ha messo a nudo la corrosione del rapporto fra PD e M5S che non ha più crema per mitigare le abrasioni. Tutti sanno che si stanno giocando partite di livello altissimo e che questo governo, bene che vada, dovrà subire un rimpasto, ovvero qualche sostituzione e indovinate chi rischia di più in questo momento. La maggioranza ha deciso di nascondersi dietro il tinnire dei calici per un brindisi senza ragione. Tutti gridano evviva e finché dura il frastuono e l’ebbrezza, Paola si salva. Ma poi cadrà la polvere e i duri entreranno in campo. E non sarà un bel momento per chi ha giocato solo d’astuzia.
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