La pm Maria Cristina Rota a Palazzo Chigi per l'audizione di Conte (Foto Roberto Monaldo/LaPresse)
3 minuti per la letturaÈ piuttosto singolare che alla vigilia di un evento internazionale, si muova di pari passo, anche la magistratura. L’audizione per 3 ore del premier Giuseppe Conte, da parte dei magistrati di Bergamo, avvenuta nelle stanze di Palazzo Chigi assomiglia, non certo nella sostanza, ma come rito nella liturgia delle toghe, a quanto accadde nell’ormai lontano novembre 1994, a Silvio Berlusconi al quale venne recapitato, in piena stagione di Mani pulite, un invito a comparire, dalle mani del generale dei carabinieri, Nicolò Bozzo. E su quel titolo a 9 colonne in prima, sul Corriere della Sera, che annunciava il reato di concorso in corruzione, gli esegeti di Mani pulite e di Berlusconi ancora si esercitano con acrobazie verbali e semantiche. Non si è rimarginata quella ferita in cui molti osservatori vedono l’inizio della fine (di governo) per il Cavaliere, di fronte ai grandi del mondo riuniti a Napoli per il summit sulla criminalità organizzata (e non del G7, che, al contrario di quanto si crede, si tenne tre mesi prima).
È vero che l’Italia è vicina alla recessione e gli spettacoli sono assai rari sul palcoscenico politico, Ma la Pm di Bergamo, Maria Cristina Rota, allieva del Pm milanese, Armando Spataro, aveva tanta fretta per paura di perdere qualche testimonianza eccellente? C’è da dubitare che la dottoressa abbia trascurato la lettura dei giornali, pieni come sono di epitaffi e di preghiere elevate nelle buie serate bergamasche. Se l’avesse fatto, non sarebbe partita a razzo incolpando un evento internazionale come responsabile di una ferita che anche nel tempo, per la comunità lombarda, sarà difficile da ricomporre. Ascoltate come persone informate dei fatti, Conte, Lamorgese e Speranza mentre il pm Rota non ha confermato la responsabilità del governo sulla Zona Rossa.
Sarà importante questa vetrina a Villa Pamphilj che, da oggi, riunisce gli Stati generali, con i vertici dell’Europa, ma senza la presenza dei partiti di opposizione italiana che dopo averla bocciata, come passerella, hanno preferito allontanarsi da Roma. Durerà una settimana, giorno più, giorno meno. E si parlerà soprattutto del piano che il premier Conte ha in testa per ripartire. Che sarà presentato alle parti sociali e alle imprese. Intanto si sta mettendo a punto il decreto Rilancio, dove per far fronte alle richieste, si pensa a un “Superbonus allargato”, esteso cioè il più possibile a seconde case, alberghi, fino al 2022. Questa sembra l’unica certezza perché sul decreto stanno piovendo emendamenti a ripetizione. Finora sono complessivamente 8mila ma per martedì, data della discussione in Aula, dovranno essere ridotti a 1200.
Invece sugli incentivi alle auto si marcia divisi e a sorpresa si apre il fronte dell’Irap. Leu è contraria a un taglio generalizzato. La proposta, che non trova d’accordo Italia Viva è di legare lo stop alla rata di giugno dell’imposta, a un calo di almeno un terzo del fatturato e di girare le risorse risparmiate al ristoro a fondo perduto per le Pmi. Le richieste però sono sui temi più vari. Dai fondi per le scuole paritarie a quelli per il bonus bicicletta, alla riduzione dell’Iva sui prodotti per l’infanzia fino al rafforzamento del tax credit per le vacanze.
E sulla rottamazione delle auto ci sono varie posizioni. In molti vorrebbero che una parte di questi fondi andassero a un bonus per chi compra un’auto euro 6. Pd, Italia Viva e Leu sono uniti e compatti per introdurre un bonus fino a 4mila euro per chi rottama un’auto vecchia di almeno 10 anni e la sostituisce con un’altra vettura a più basse emissioni. Inoltre c’è un muro innalzato dai 5Stelle che siedono in Parlamento, contrarissimi a qualsiasi tipo di incentivo che non riguardi le auto ecologiche, ibride ed elettriche. Più possibilista la pattuglia di governo del movimento, a partire dal ministro Patuanelli. Il quale afferma che la filiera va sostenuta e lasciando la soluzione al dibattito parlamentare. Esiste infine una fetta di parlamentari che prevede di incentivare la vendita di un prodotto rimasto “a piazzale”. Pertanto per uscire da questo dibattito potrebbe essere in alcuni emendamenti bipartisan presentati da Lega, Fdi e Fi, ma anche da Italia Viva e qualche deputato 5stelle: puntano ad ampliare l’attuale ecobonus per ibride ed elettriche, modulando lo sconto in base alle emissioni.
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