Sergio Mattarella, Guido Crosetto, Giorgia Meloni, Ignazio La Russa, Roberto Fontana, Silvana Sciarra durante al Vittoriano
3 minuti per la letturaLE MOLTE iniziative pubbliche destinate a celebrare la Festa della liberazione mostrano, oltre alla tradizionale e dovuta presenza dei rappresentanti delle istituzioni, una diffusa partecipazione popolare senza distinzione di appartenenze politiche, che sottolinea come sia comune l’adesione ai valori di libertà e democrazia che la ricorrenza intende richiamare. Festa nazionale e di popolo, dunque, della Nazione che tutti comprende, unificando in quei valori la pluralità delle opinioni e delle appartenenze, e non rappresentandone solamente una parte. Questo non significa dimenticare lo spessore tragico di eventi che hanno segnato lo storia del Paese: il dramma della guerra e l’occupazione tedesca dal 1943 al 1945, affiancata dal regime collaborazionista della Repubblica di Salò, la lotta partigiana e la proclamazione della insurrezione da parte del Comitato di liberazione nazionale.
Da quelle vicende, che hanno avuto anche cruenti risvolti fratricidi, e non solamente contrapposizioni ideali o politiche, è derivata, unitamente all’azione delle forze alleate, la “liberazione”, che è stata liberazione del territorio nazionale dalla occupazione e liberazione dal regime autoritario che aveva portato alle macerie della guerra. Tuttavia non dimenticare non significa perpetuare i conflitti, quanto piuttosto purificare la memoria e volgere lo sguardo al futuro, come è stato nell’impegno per la ricostruzione dalle macerie fisiche e delle istituzioni. La liberazione è stata la premessa per il processo democratico che ha portato alla costituzione repubblicana. Un decreto legge luogotenenziale del 25 giugno 1944 stabilì che “dopo la liberazione del territorio nazionale, le forme istituzionali saranno scelte dal popolo italiano, che a tal fine eleggerà, a suffragio universale diretto e segreto , un’Assemblea costituente per determinare la nuova costituzione dello Stato”.
L’anno successivo un analogo decreto affidò a un referendum popolare la scelta sulla forma istituzionale, monarchica o repubblicana, dello Stato. Il nesso tra liberazione e costruzione della repubblica è reso evidente dalla unificata istituzione delle due feste nazionali, del 25 aprile e del 2 giugno. La costituzione rende evidente la contrapposizione al precedente regime, come si desume dalla sua impostazione ancor prima che nelle disposizioni che escludono un ritorno alla monarchia e vietano la ricostituzione del partito fascista. Democrazia e pluralismo delle formazioni politiche e sociali, diritti di libertà individuali e collettivi, eguaglianza dei cittadini senza distinzione, solidarietà e diritti sociali, riconoscimento delle autonomie territoriali e sociali, sono tutti elementi che divaricano e contrappongono l’ordinamento delineato dalla costituzione da quello del precedente regime.
Su questi valori, nel tempo, l’adesione è divenuta generale, e al vincolo costituzionale si è aggiunto quello della promozione e partecipazione all’Unione Europea, basata sulle tradizioni costituzionali comuni degli stati democratici occidentali e sulla garanzia dei diritti fondamentali. La Festa della liberazione riassume tutto questo e lo rappresenta come elemento che caratterizza il percorso nazionale e qualifica l’unità della comunità che si riconosce nei valori costituzionali. Non esclude affatto pluralità di opinioni e contrapposizioni politiche, sino ad ammettere anche diversità di giudizi sulle vicende del passato, ma trova ragioni di convergenza nella adesione alla costituzione e nella considerazione dei destini comuni del Paese. Dunque una festa che unisce e non esclude.
Tutto ciò fa apparire fuori quadro un dibattito politico che dalla rivendicazione della memoria faccia derivare la titolarità per ammettere o escludere chi oggi si riconosca nei valori costituzionali. L’andamento delle celebrazioni, le parole con le quali la Presidente Giorgia Meloni ha reso pubblicamente omaggio, nel giorno della festa, alla partigiana Paola Del Din, stemperano, e si auspica dissolvano, il clima polemico, animato anche da inappropriate dichiarazioni di altri, che non sono mancate.
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