Il ministro Carlo Nordio
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«Tutti i governi falliscono sulla giustizia», profetizza un parlamentare esperto all’indomani della relazione programmatica alle Camere del ministro Carlo Nordio. Il Transatlantico è semideserto, come ogni venerdì. Eppure i pochi presenti sono perplessi su come il Guardasigilli abbia maneggiato lo strumento delle intercettazioni.
«Così si va a schiantare… Ma come si fa a usare queste parole nella settimana dell’arresto di Matteo Messina Denaro…» è il refrain. Ecco, i fatti. Nordio si è espresso così davanti a deputati e senatori: «Se non interverremo sugli abusi delle intercettazioni cadremo in una democrazia dimezzata».
INTERCETTAZIONI, IL CAMPO MINATO
E non importa se un attimo dopo l’ex magistrato abbia provato a raddrizzare il tiro, lasciando intendere che «non ha mai inteso toccare minimamente le intercettazioni che riguardano terrorismo, mafia e quei reati che sono satelliti nei confronti di questi fenomeni perniciosi». Subito dopo non l’ha mandata a dire ai suoi ex colleghi magistrati: «L’Italia non è fatta solo di pubblici ministeri antimafia. Il Parlamento non può essere supino o acquiescente alle affermazioni dei pm».
Maneggiare con cura la giustizia è sempre stato complicato. Lo è dagli anni d’oro del berlusconismo, da quando il Cavaliere inseriva norme ad personam, utili a salvare i processi che lo vedevano coinvolto. E lo è stato anche negli anni della Terza Repubblica, ovvero quelli dell’ascesa del M5S.
Basta prendere come riferimento l’ultima legislatura. L’exploit dei 5Stelle nel 2018 porta alla nascita del governo Conte-1, sostenuto da un’alleanza “anomala” tra i grillini e la Lega di Salvini. Un’intesa che esplode nel luglio 2019 sulla riforma della prescrizione. Incompatibili le posizioni del ministro Bonafede e della leghista Giulia Bongiorno.
Fatto sta che anche l’alleanza giallorossa fra Pd e 5Stelle, nel febbraio 2020, rischia di saltare sempre sulla giustizia. Oggetto della contesa, ancora una volta la prescrizione. Tutto non precipita perché di lì a qualche giorno arriverà il Covid e la questione verrà anestetizzata. Succede più o meno la stessa cosa con il governo di Mario Draghi, travolto dalle divisioni sulla riforma Cartabia. Non a caso diversi grillini si astengono perché la riforma stravolge il vecchio impianto Bonafede. È l’inizio della fine dell’esecutivo presieduto dall’ex governatore della Bce.
ATTACCHI E DIFESA
Corsi e ricorsi, insomma. Ora Nordio ci prova e vuole iniziare dalla riforma delle intercettazioni. Plaude Forza Italia, va da sé. Strizzano l’occhio Renzi e Calenda. Ma si irrigidisce la leghista Bongiorno, che ai tempi dell’ultimo governo Berlusconi si scontrò aspramente con il Cavaliere proprio sulle intercettazioni: «Guai a cancellare le intercettazioni. L’apporto fornito nella cattura di Matteo Messina Denaro, per esempio, è indiscutibile». E ancora: «Ci occuperemo della sua efficienza in via prioritaria, ma bisogna ragionare con equilibrio e lucidità anche sulle intercettazioni».
L’uscita di Nordio fa irritare le truppe di Giorgia Meloni. Il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, ministro ombra della Giustizia che fa il controcanto a Nordio, la mette così: «Non depriveremo mai i magistrati del maggiore strumento di ricerca della prova nel contrasto alla criminalità e alle mafie».
Per di più Nordio riesce nell’impresa di compattare Cinquestelle e Pd. Durissimi, va da sé, i pentastellati, che non accettano l’approccio del ministro sulle intercettazioni. Sostiene Stefano Patuanelli: «Non si può mettere un filtro rispetto al tipo di reato, quando si inizia un’indagine si può arrivare a scoprire cose importanti anche partendo da reati cosiddetti minori, arrivando poi a scoprire che dietro c’è ben altro».
CONTE E IL PD SCATENATI
Rincara la dose Giuseppe Conte: «Gli addetti ai lavori, chi combatte la mafia da una vita, ci spiegano che le infiltrazioni mafiose sono pervasive. Diventa così assolutamente fondamentale utilizzare tutti gli strumenti, comprese le intercettazioni. Signor ministro, lei è in una posizione in cui non può cambiare idea ogni giorno. Siamo d’accordo sulle intercettazioni per tutti i reati o no?».
Infine, conclude: «La sua dichiarazione sui mafiosi che non parlano al telefono è improvvida, soprattutto per chi siede a quel ministero, il punto più basso della sua improvvida crociata contro le intercettazioni».
Si infuria anche il Partito democratico. E lo fa con Debora Serracchiani: «Nordio 1, Nordio 2 e Nordio 3. Il primo dice che i mafiosi non parlano al telefono, ma alla prova dei fatti Matteo Messina Denaro è stato arrestato con due telefoni in tasca. Il secondo dice che i mafiosi non parlano al telefono dei loro reati, eppure Matteo Messina Denaro è stato arrestato proprio per quanto emerso dalle intercettazioni. Il terzo Nordio oggi alla Camera dice che poiché i mafiosi parlano al telefono anche dei loro reati, ma più frequentemente di altri reati, sostiene che le intercettazioni si faranno anche per quei reati satellite a quelli di natura mafiosa. Attendiamo di capire dal Nordio 4 cosa intende dire. Un po’ preoccupati, per la verità». Ragion per cui occorre maneggiare con cura la giustizia, altrimenti si rischia di restare seriamente scottati.
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