Draghi e Putin al telefono
5 minuti per la letturaPRIMA la smetti di sparare e sganciare bombe. E poi ne parliamo. È pressapoco questo il tenore della posizione di Mario Draghi emerso dalla telefonata di ieri pomeriggio con il presidente russo.
“Presidente Putin, la chiamo per parlare di pace”: l’esordio di Draghi al telefono lo racconta un tweet sul profilo ufficiale di Palazzo Chigi. Ma perché il dialogo sia serio è indispensabile la de-escalation, precisa il comunicato di Palazzo Chigi. La richiesta di un ‘cessate il fuoco’, indispensabile per proteggere i civili e sostenere lo sforzo negoziale, non è nuova da parte del governo italiano.
Al termine del vertice europeo di Bruxelles, Draghi era stato chiaro: “La pace la stiamo cercando, io la sto cercando veramente. Gli altri leader europei, come francesi e tedeschi, hanno avuto colloqui con Putin e li avrò anch’io”. Ma, aveva rimarcato il presidente del consiglio, “il modo migliore per dimostrare di volere la pace è cessare le ostilità e sedersi al tavolo. Altrimenti vuol dire che si spera di guadagnare terreno. A un certo punto sicuramente verrà un tavolo di pace. Ma speriamo che arrivi prima della distruzione totale dell’Ucraina”.
Identica posizione è emersa dopo i colloqui svolti nei giorni scorsi tra Joe Biden e il cosiddetto G4 europeo (Francia, Germania, Regno Unito e Italia). I due paesi anglosassoni sono i più scettici sulle reali intenzioni di Putin di mettere fine alle ostilità. Il segretario di Stato americano Antony Blinken segnala la distanza tra “le parole” di Putin e “quello che fa”. E il presidente Joe Biden ricorda agli alleati che l’investimento del leader russo sulla guerra è stato enorme: appare assai improbabile che ora accetti di chiudere la vicenda con una sostanziale resa, sia pure camuffata da trionfo da rivendere all’opinione pubblica russa.
Il premier britannico Boris Johnson segue la stessa linea dura. Macron e Scholz, viceversa, vorrebbero concedere qualche chance in più al tiranno russo. Il presidente francese telefona al Cremlino ogni giorno. Il cancelliere tedesco sarebbe già pronto a ridurre le sanzioni. Pur nel suo stile sobrio, Mario Draghi sembra il leader dell’Ue più vicino alle posizioni di Usa e Uk. Bene i negoziati in Turchia, ma in mancanza di atti concreti di de-escalation da parte della Russia, la posizione italiana resta la stessa. “Putin non vuole la pace, il piano di Putin sembra essere un altro. Io mi auguro che al più presto si arrivi a uno spiraglio e noi faremo di tutto affinché Ucraina e Russia arrivino a parlarsi, purché sia preservata la dignità dell’Ucraina”, aveva detto il presidente del consiglio al vertice di Versailles del 10-11 marzo scorso.
L’altro tema di discussione della telefonata tra Roma e Mosca è il gas. “Il Presidente Putin ha descritto il sistema dei pagamenti del gas russo in rubli”, si legge nelle note ufficiali del Cremlino e di Palazzo Chigi. La questione agita da alcuni giorni le cancellerie europee. Proprio ieri, Germania e Austria hanno compiuto i primi passi formali verso il razionamento del gas. L’Europa si prepara insomma a una potenziale interruzione delle forniture dalla Russia a causa della disputa sui pagamenti. Robert Habeck, ministro dell’Economia tedesco, ha attivato ieri mattina una “fase di allerta” sull’emergenza gas per far fronte alle possibili gravi carenze energetiche. Lunedì scorso i paesi del G7 hanno respinto all’unanimità la richiesta di pagamento in rubli del presidente Vladimir Putin. Il giorno dopo, rispondendo al guanto di sfida, i funzionari russi hanno precisato che Mosca non avrebbe “fornito gas gratuitamente” all’Europa. Ecco perché i tedeschi temono che la Russia possa arrivare a tagliare le forniture. In Germania si teme che il blocco eventuale del gas possa creare un pesante rischio di recessione e un aumento dei tassi di inflazione vicino alla doppia cifra.
Secondo gli economisti tedeschi il tasso di inflazione della Germania potrebbe già raggiungere tra il 6 e il 9% anche senza interruzioni nelle forniture di gas russe. E se c’è una cosa che i tedeschi temono più di ogni altra è proprio l’esplosione dei prezzi. La motivazione è storica: tra il 1919 ed il 1923, durante la Repubblica di Weimar, l’inflazione raggiunse il 662,6% scatenando una crisi economica e sociale che nel giro di alcuni anni condusse al potere il partito nazionalsocialista. La stessa paura agita la cancelleria austriaca: Mosca fornisce l’80% del fabbisogno interno di gas dell’Austria. Neanche l’Italia sta messa benissimo, visto che dipende dalla Russia per il 40% del suo fabbisogno. Ma da Palazzo Chigi non arrivano ancora segnali di nervosismo così forti.
La telefonata di ieri con Putin appare interlocutoria: ne sapremo di più nei prossimi giorni. Resta il fatto che il rapporto tra Roma e Mosca è profondamente cambiato. Qualche giorno prima del Natale dell’anno scorso, mentre progettava di invadere l’Ucraina ammassando 100mila militari alla frontiera, Putin aveva detto due cose. Primo: che l’Europa centrale doveva tornare alla situazione militare del 1997 (traduzione: ritiro della Nato dai paesi ex sovietici). Secondo: che l’Italia avrebbe potuto svolgere “un ruolo nella normalizzazione delle relazioni tra Russia e Unione europea e tra Russia e Nato. Con Draghi abbiamo più volte parlato al telefono. Siamo in contatto in un’atmosfera cordiale e costruttiva”. Peccato che, due mesi dopo, invece di coinvolgere davvero l’Italia per aprire dei negoziati, la Russia abbia invaso l’Ucraina. E così, l’aggressione di Putin rimodella drasticamente la politica interna italiana.
A dire il vero, fin dal suo insediamento a Palazzo Chigi nel febbraio 2021, Mario Draghi ha fatto piazza pulita della deriva filorussa dei governi che lo avevano preceduto, riportando l’Italia a pieno titolo nel sistema di alleanze euro-atlantico. Da qual momento, la Russia è tornata ad essere un interlocutore importante, ma non più un partner privilegiato. Fino al dicembre scorso Vladimir Putin aveva sottovalutato questo ritrovato standing dell’Italia. Ma – ormai lo sappiamo – dall’anno scorso a oggi il presidente russo di cose ne ha sottovalutate parecchie. Tra queste, anche la capacità dell’Italia di condannare e ribattere l’aggressione armata di un dittatore. Per Roma, la priorità va alla salvezza e alla sicurezza dell’Ucraina.
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