4 minuti per la lettura
Il rapporto fra politica e nuove generazioni è da sempre un argomento di interesse. Ma non tanto per la necessità fisiologica, in un determinato momento, di un ricambio generazionale nella classe dirigente, quanto per comprendere al meglio quali tendenze riguardino i più giovani. E, nondimeno, se da parte loro sia mantenuto o meno un certo interesse su politica e cosa pubblica.
Un fattore potenzialmente decisivo, anche perché da tempo si parla di un tessuto istituzionale che tende ad affidarsi più a figure navigate che a veri e propri leader emergenti. Se il parametro per valutare la connessione tra giovani e politica fossero le ultime tornate elettorali, il quadro sarebbe decisamente preoccupante. Al di là dell’astensione quasi record alle urne regionali aperte per Lombardia e Lazio, nonostante la rilevanza fosse evidente per l’importanza strategia dei territori in questione per gli equilibri nazionali, un certo trend di disinteresse era stato riscontrato anche alle elezioni politiche che hanno portato Giorgia Meloni a Palazzo Chigi.
A settembre, la fascia 18-34 anni era stata quella del non voto: addirittura il 42,7% degli aventi diritto aveva preferito non presentarsi. E, in tal senso, assume un’importanza relativa il fatto che la maggioranza dei votanti avesse optato per il Movimento 5 stelle, paladino del Reddito di Cittadinanza (e prediletto fra gli elettori del Sud, nonostante lo scarto minimo).
Alle recenti tornate elettorali laziali e lombarde, le cose non sono andate meglio. Secondo i dati di Opinio e YouTrend, l’astensione è stata sì generale ma con un marcato accento sugli under 35, ossia coloro che rientrano nelle ultime propaggini della cosiddetta generazione Millennial e i primi votanti di quella Z. Secondo il Consorzio Opinio, il trend di disinteresse giovanile al voto è abbastanza consuetudinario, perlomeno nell’ottica di una partecipazione meno marcata alla chiamata alle urne piuttosto che ai temi. Perché, in effetti, la discrepanza percepita tra i cavalli di battaglia delle nuove generazioni e l’attenzione della classe politica sembra essere il vero punto di rottura.
Negli ultimi anni, i giovani in età scolastica e universitaria hanno alzato sensibilmente il loro livello di partecipazione ai grandi temi di interesse sociale. In primis la battaglia per il clima, che ha visto proprio nei ragazzi della Generazione Z i propri portavoce. E, allo stesso modo, l’approccio a tali tematiche è anche ciò che distingue le ultime due fasce generazionali ad aver avuto accesso al voto. La linea di demarcazione tra coloro nati tra la fine degli anni Ottanta e la metà dei Novanta e chi, invece, fa parte a tutti gli effetti della popolazione figlia del Nuovo Millennio, è piuttosto marcata anche nel modo di relazionarsi alle problematiche sociali.
La spinta della tecnologia ha indubbiamente semplificato sia l’approccio che l’interazione con temi quali l’emergenza ambientale o la crisi migratoria. In generale, ciò che distingue le due generazioni, è proprio la diversa visione della società. Da un sentimento di delusione, anche politica, che contraddistingue i Millennials, protagonisti sia attivi che passivi del passaggio di consegne tra la positività di fine secolo e il senso di insoddisfazione e incompletezza (per paradosso) della società globalizzata, a una propositività talvolta anche eccessivamente entusiastica della Generazione Z, nata e cresciuta nel pieno dello sviluppo tecnologico e assuefatta da un’interazione prettamente digitale, anche nei confronti della classe politica.
Il problema è che, per un motivo o per un altro, entrambe guardano al comparto istituzionale con un sentimento di diffidenza. Se per i Millennial il problema è nella disillusione e nella delusione rispetto alle promesse di fioritura che la fine del XX secolo aveva consegnato ai giovani di allora, per la Generazione Z è nella visione stessa della politica, considerata alla stregua di una componente sociale quasi avversa più che un mezzo da utilizzare per un cambiamento che non sia unicamente “di pancia” ma a livello istituzionale. Un tipo di approccio che, tuttavia, non manca di una certa positività (chissà quanto illusoria, anche questa) data soprattutto dalle immense potenzialità dei mezzi di interazione (non solo di comunicazione) di massa che, per la generazione precedente, era assai più limitata. In questo senso, la GenZ vede con più interesse anche i progetti europei destinati ai più giovani. Del resto, la massificazione della comunicazione politica ha finito per incontrare sì l’interesse dei nati del Nuovo Millennio ma ponendosi su un piano di prossimità che ha, in qualche modo, contribuito a scavare il solco fra l’istituzione e il cittadino del domani. La contestazione social, in qualche modo, viene percepita come più efficace del consenso (o del dissenso) manifestato tramite il voto. La cui attesa, coincidente con il diciottesimo anno, è indubbiamente meno marcata del passato. Altro tratto distintivo tra generazioni vicine, sì, ma anche lontane fra loro.
La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA