Nicola Zingaretti in conferenza stampa dopo il voto (AP Photo/Andrew Medichini)
4 minuti per la letturaLa “Fortezza Bastiani”, da qualcuno evocata, come il fortino inespugnabile, che allontanava i nemici del Pd, non si è sgretolata sotto i colpi dei “Tartari”. Dovranno aspettare qualche tempo. Il Partito democratico vince di qualche punto, altrettanto fa il Movimento 5Stelle (le prime proiezioni al referendum costituzionale, attesta i Sì al 69,6% ed il No al 30,4%). Il centrodestra mantiene Liguria, Marche e Veneto (Val d’Aosta) il centrosinistra Campania, Puglia e Toscana. L’affluenza è stata alta, 53,8%, come non succedeva negli ultimi 4 referendum. Ma coloro che puntavano a una crisi dell’alleanza di governo, dovranno aspettare ancora. Ora si potranno aprire nuovi scenari nel rapporto tra Pd e 5 Stelle: c’è già chi dice che finirà il braccio di ferro sul Mes.
La grande sorpresa è la Puglia (dove Emiliano viene dato al 47% ed il suo competitor, Raffaele Fitto al 39%) e la Toscana dove il candidato del partito Democratico e di Renzi, Giani (ha ottenuto il 48,4%). Paradossalmente sono questi i risultati che proiettano il Pd verso un universo riformatore, anche se il voto attribuito ai partiti di destra, sfiora livelli eccezionali. In Veneto, Zaia conquista addirittura il 74,2 (sempre proiezioni sono). Mentre De Luca, centrosinistra, già governatore della Campania, riottiene il bis (tra il 54% e il 58%). Sia Zaia che De Luca hanno probabilmente ricevuto un riconoscimento per essere stati in prima linea nella gestione del Covid.
Nei partiti della maggioranza, dove la soddisfazione è ad alti livelli, si guarda al domani. Nicola Zingaretti, pur con tono pacato, vuole togliersi un sassolino dalle scarpe. Ha un rammarico: “Se gli alleati ci avessero dato retta, avremmo vinto quasi ovunque”. Aggiungendo che il Pd si pone come forza del cambiamento e delle innovazioni delle istituzioni. Con il sì apre una stagione di riforme”. Di Maio forse liberato dai nemici interni (Di Battista) vuole vedere un inizio di cambiamento: «È una riforma che si aspettava da 30 anni, un punto chiave della politica 5Stelle. Da oggi partirà un percorso di rinnovamento e rinascita. Qualcuno sperava nel No per sconfiggere i 5 Stelle. C’è stato un tentativo di trasformare il referendum in un voto contro il governo».
Ma Di Maio non è riuscito ad essere soddisfatto, fino in fondo, per una condanna a 6 mesi inflitta alla compagna di partito, la sindaca di Torino. Chiara Appendino è stata condannata a 6 mesi per abuso d’ufficio e falso in atto pubblico. Si è autosospesa come prevede il codice etico dei 5Stelle. Porterà, comunque, a termine il mandato di sindaca. In pieno scrutinio un’altra notizia ha fatto sobbalzare. Riguarda le conseguenze del voto di ieri. La prima sarà di cambiare la legge elettorale con il Germanicum. È all’esame della Camera un testo che prevede, al momento, il ritorno al sistema proporzionale. L’altra è stata diffusa da Edoardo Rixi, deputato ligure: «L’attuale Parlamento non potrà votare il presidente della Repubblica. Perché la riforma prevede che ci siano 600 parlamentari, non gli attuali 945, un collegio di voti diverso». Ma quando scatta la riduzione? «Se non ci saranno elezioni anticipate, il taglio dei parlamentari sarà applicato a partire dal 2023. Nel frattempo il Parlamento dovrebbe approvare una nuova legge elettorale sulla base della nuova geografia dei collegi».
Ma nei commenti e nelle reazioni dei vertici di via Bellerio si nota amarezza per come è andata. Nessuno se lo sarebbe aspettato. Il Nord ha tenuto, ma non il Sud. Un dirigente confessa: «È una grossa battuta d’arresto nel progetto che Salvini aveva in testa: quello della nazionalizzazione del Carroccio». Ma c’è un altro aspetto, a cui si finge di non fare riferimento: riguarda le inchieste giudiziarie contro Salvini. Sono pesanti le accuse. Che possono trasformarsi in macigni.
La cosa più clamorosa, nel Veneto dove Zaia ha preso più del 70%, è che la sua lista supera addirittura quella della Lega che prende meno del 16%. Non basta dire «sono tutti voti leghisti». C’è più di un esame di coscienza da fare. E difatti il processo è già cominciato. Simona Bonafé, segretaria del Pd Toscano esulta: «Abbiamo fermato Salvini. I toscani non hanno creduto alla propaganda di Salvini ed ai falsi toni moderati di Susanna Ceccardi. È stato premiato il modello toscano conosciuto in tutto il mondo che ha saputo reggere, meglio degli altri, la crisi sanitaria».
Ma ecco la geografia del voto. La Puglia è tornata, dunque, nelle mani del centrosinistra: altrettanto la Toscana con Giani al 48%. In Campania, De Luca oltre il 60%. In Veneto, trionfa Zaia che, con le sue liste, addirittura supera la lista della Lega. In Valle d’Aosta, Lega prima con il 20-24%. Nelle Marche prevale Acquaroli (centrodestra) con una forchetta del 47-51%. Mentre Maurizio Mangialardi è con il 34-38%. In Puglia, Emiliano al 47%.
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